Se è vero che l’elaborazione della storia del pensiero è nota agli esperti, è anche vero che esistono ricostruzioni e speculazioni che possono aprire mondi. Pensiero, già: anche quello spirituale, mistico persino. La storia di una particolare fetta del lungo cammino della filosofia, se si vuole anche della teologia (ed in realtà pure di tanti altri campi del sapere, anche pratico e materico), è al centro di un libro di quelli non facilissimi e probabilmente, diciamolo pure, non per tutti.
Un lavoro dall’approccio metodologicamente inappuntabile è, infatti, Metafisica del Centro e deriva delle civiltà. La gnosi nel mito e nella storia, opera densissima di riferimenti storici e culturali, a firma di Paolo Lopane (editrice Novalis), studioso e ricercatore con formazione di giurista ma da anni autore di interessanti libri su alcuni aspetti spinosi a livello storiografico (Templari, Catari), dedicati a frangenti capaci di catturare spesso l’attenzione anche popolare rispetto ad alcuni momenti della storia, specie medievale, ma che invece l’estensore del saggio preferisce ricondurre rigorosamente al senso della ricerca stessa.
Lopane ha anche scritto sul poeta armeno Hrand Nazariantz, legatissimo alla terra di Bari, dove visse (Conversano e Casamassima) e sugli ordini cavallereschi in Puglia. Pubblicazioni, insomma, in cui si studiano con attenzione elementi talvolta al centro di pubblicazioni e ricostruzioni avulse dalle effettive contestualizzazioni storiche. Quel che Lopane accuratamente evita, preferendo la discrezione della ricerca al rumore di un certo sensazionalismo non così rado anche presso certi scrittori di cose storiche, si pensi proprio al caso dei Templari.
La gnosi è invece al centro di quest’ultimo volume dello studioso barese. Argomento davvero ostico, proprio per questo carico di letteratura visionaria e non storica che esiste anche su questo tema. Una bibliografia che Lopane non ignora di certo, che ha letto e coltivato, ma che riesce assolutamente ad eludere e superare ai fini della comprensione neutra dei fatti e dei risvolti dei fatti stessi. Non si contano, invece, i riferimenti ad opere fondamentali della ricerca sulla filosofia e sulla letteratura gnostica, così come importanti sono le note e curatissimo l’apparato paratestuale. Si raggiunge, così, quella terzietà d’approccio che pur non nega la possibilità di una scelta precisa, una preferenza, esplicitata anche polemicamente, senza tuttavia rinunciare alla corposa serietà dell’impianto opzionato dall’autore.
La preferenza va decisamente alla cultura sapienziale gnostica stessa, vista come via alternativa a quella che il pensiero religioso strutturato (di qualsiasi orientamento) ha poi seguito ed inverato. Non è facile sintetizzare cosa la gnosi sia, quando realmente parta la sua genesi, quali epoche e branche del pensiero essa abbia concretamente abbracciato. Soprattutto, in quali misure essa possa indicare quella strada ‘alternativa’ di cui si diceva: specificatamente, adesso, rispetto alle linee ortodosse e tradizionali della teologia cristiana e cattolica. Proviamo a sintetizzare. Il punto è che la gnosi, di germinazione ellenica, al tempo delle origini del Cristianesimo, indica l’orientamento all’auspicato connubio tra la nascente fede (meglio sarebbe dire ‘religione’) e la filosofia platonica e neoplatonica. Una linea proseguita poi nei secoli, attraverso anche percorsi iniziatici ed esoterici.
Lo gnosticismo cristiano prettamente storico si diffonde dal II secolo, soprattutto ad Alessandria d’Egitto. La via della conoscenza, per gli gnostici, è personale, non afferisce a strutture ed è il culmine di un cammino finalizzato alla sapienza. Se Roma, Antiochia e Costantinopoli cominciavano a preparare l’humus dottrinale cristiano, Alessandria seguiva questa autonomia di pensiero. Le strade cominciavano a divergere su molti punti di quella che era ancora una teologia in formazione. Il mondo materiale era rifiutato dagli gnostici in quanto ritenuto creato da potenze malvagie: solo nel Dio del Nuovo Testamento c’era la perfezione e la salvezza, grazie alla venuta degli ‘eoni’ Cristo e Sophia (che altri non sarebbe che lo Spirito Santo). Fuor di espressioni tipiche del lessico gnostico, era questa, più o meno, anche la tesi di Marcione, eretico dei primissimi tempi cristiani.
Lopane segue con profondità tutto questo tracciato, attraverso capitoli che affrontano le molteplici tematiche intrinseche allo gnosticismo: il rapporto tra fede dell’io e religiosità dell’apparato, lo scottante ‘scandalo’ della resurrezione del corpo di Cristo, le deviazioni o le cattive interpretazioni del messaggio della gnosi. Pagine anche sulle variegate filiazioni di questo filone di pensiero attraverso i secoli, sulle dottrine ereticheggianti che spesso hanno attinto moltissimo dalle suggestioni gnostiche, senza tralasciare – con intenti fortemente critici ma lontani da un certo anticlericalismo ideologico e rancoroso – le persecuzioni dei cristiani cattolici contro le vie iniziatiche.
Molto dettagliato il resoconto dell’esperienza catara, su cui l’autore ha scritto già molto in passato. Lo stesso può ben dirsi per le analisi dei testi degli autori della patristica cristiana che più hanno contribuito all’attenzione critica contro gli gnostici, sic et simpliciter visti come apertamente eretici. Si tratta, come si vede, di storie assai complesse, cui poter anche guardare, magari a nostra volta, con ulteriori criticità. Ci si può, infatti, interrogare sulla validità delle tesi gnostiche – pur fascinose -, senza per questo voler a tutti i costi sposare quelle posizioni indubbiamente talvolta ottuse e liberticide che la storia certifica esser state adoperate contro le teorie della gnosi. Non dimentichiamo anche una qual certa vicinanza a queste tesi anche nell’ambito della storia ecclesiale, addirittura prestigiosa: si vedano i casi dei cardinali Reginald Pole e Giovanni Morone (XVI secolo), entrambi giunti quasi ad un passo dal papato, accusati, ancora recentemente da parte di autori cattolici, di atteggiamenti cripto-gnostici.
E del resto, tanti gli intrecci tra seduzione della gnosi e varie componenti del pensiero storico, orientale ed occidentale: tradizione della cabala, accessi dell’alchimia, la sequela della via ermetica, la stessa diretta magia. Università israeliane, americane, olandesi e francesi stanno da tempo studiando queste contaminazioni. Un crogiuolo di saperi che parte dall’età classica e, attraverso un certo medioevo (nel senso, più che altro, di una particolare idea ‘di’ medioevo), arriva all’età rinascimentale, fino ad oggi. Ma il ruolo (ri)generativo dell’età moderna è dirimente: l’uomo si riscopre, si assolutizza, sembra come innalzare il proprio sé, capendo di poter riuscire a raggiungere la conoscenza attraverso un’ascesi che ha sempre quel sé come irrinunciabile riferimento.
Ecco allora, nelle pagine di Lopane, il cabalismo stesso, prima ancora il catarismo e la letteratura cortese, il ruolo di filosofi come Cusano ma anche Pico della Mirandola e Marsilio Ficino, l’esoterismo, il nascente e poi imperante protestantesimo, il celebre Eickart, inevitabilmente Giordano Bruno, il pianeta vastissimo della teosofia (che arriva fino al ‘900, coinvolgendo il cosiddetto ‘nazismo magico’), l’Illuminismo e il conseguente Deismo, il simbolismo tra occultismo e politica, fino alla letteratura di Hrand Nazariantz (come scritto, al centro degli interessi di Lopane) e di tanti altri autori. Davvero uno studio, quello del docente barese, per cui, più che una recensione, servirebbe quasi un altro saggio. Un libro che ne contiene tanti, tantissimi. Letti e, probabilmente, ancora da leggere, posti al lettore come irrinunciabile ‘allegato’ per continuare a soddisfare non tanto e non solo una legittima curiosità culturale quanto la necessità di seguire un particolare filo di pensiero per coglierne compiutamente i passaggi.
È il pensiero della “pia philosophia” oppure, se si vuole, della cosiddetta “filosofia perenne”, sempre sotterraneo, quasi come un fiume carsico, eppur sempre vivo. Un ordito magari non sempre condivisibile –a seconda delle formazioni e delle scelte di ognuno- ma che Paolo Lopane ci riconsegna in maniera mirabile attraverso un saggio che, da oggi, se si vorrà approfondire questi aspetti, diventa, a nostro parere, irrinunciabile. Nelle conclusioni l’autore fa parlare Erich Fromm, filosofo novecentesco della Scuola di Francoforte. Citazione lunga ma opportuna: “La cultura tardo-medievale aveva come centro motore la visione della ‘Città di Dio’; la società moderna si è costituita perché la gente era mossa dalla visione dello sviluppo della ‘Città Terrena del Progresso’. Nel nostro secolo, tuttavia, questa visione è andata deteriorandosi, fino a ridursi a quella della Torre di Babele, che ormai comincia a crollare e rischia di travolgere tutti nella sua rovina. Se la Città di Dio e la Città Terrena costituiscono la tesi e l’antitesi, una nuova sintesi rappresenta l’unica alternativa al caos: la sintesi tra il nucleo spirituale del mondo tardo-medievale e lo sviluppo, avvenuto a partire dal Rinascimento, del pensiero razionale e della scienza. Questa sintesi costituisce la Città dell’Essere“.
Lopane fa notare come, forse, in pieno ambiente medievale e francescano, già Ruggero Bacone, il coltissimo doctor mirabilis, aveva visto in questa direzione. E allora la discussione, si capirà, è ampia, davvero non può finire qui.