L’anno di Matera, capitale europea della cultura, è al suo giro di boa. Sei mesi di eventi e numerose occasioni di riflessione. La storia di Matera, quella antica e quella recente, offre davvero tanti spunti. Curiosità, dinamiche ancora poco note al grande pubblico, aspetti invece noti agli specialisti. Com’è naturale che sia.
La storia è di tutti perché vissuta e concretizzata dagli uomini. Ma la storia come conoscenza, anche all’occorrenza critica, del proprio passato resta tema di nicchia. A Matera, ad esempio, è venerato Giovanni, santo nativo della città dei sassi, abate medievale famoso al suo tempo. Ma in Basilicata la sua fama è forse offuscata da quella di Sant’Eustachio, secolare patrono di Matera. Dunque, oggi il santo non è popolarissimo.
Ma chi fu Giovanni? Si tratta di una figura agiografica dai classici caratteri medievali, propri della spiritualità di quel periodo. Monaco, asceta, gran camminatore, nasce nel periodo compreso tra il 1070 e l’80, proprio a Matera, terra fino al XVII secolo inserita nella grande Terra d’Otranto. Così, il monachesimo incarnato dal materano assume i tratti di un itinerario in continua ricerca, preferendo Giovanni abitare luoghi sperduti e di ritiro, puntando su una vita di orazioni, silenzi, pace.

Giovanni ci spinge alla conoscenza di una storia che non può essere solo religiosa o clericale, ma che abbraccia inevitabilmente l’indagine su stili di vita, atteggiamenti, usi e costumi, mentalità, culture, psicologie. Per diverso tempo ritenuto appartenente, secondo un’erronea tradizione, alla nobile famiglia materana dei De Scalcionibus, ha lasciato poche testimonianze in merito al suo ambito familiare e sociale.
Quel che è certo è che, ancora ragazzo, si allontana già dalla sua famiglia. Sarà ospitato in un monastero di rito greco a Taranto, in una delle isole del suo bel mare, forse quello di San Pietro de Insula o dei Santi Pietro e Andrea. Giovanni segue una ferrea condotta di fede.
Lascia Taranto, forse per contrasti coi monaci, e raggiunge, in due anni di vita di totale solitudine e dura penitenza, località ignote di Calabria e Sicilia. Alcuni vuoti, come si vede, esistono e persistono attorno ai dati biografici, specie giovanili. Sicuro è, almeno in questa fase, lo stato afflittivo e rigido che il monaco attribuisce alla sua dimensione di vita.
Trascorsi i due anni, è collocabile con certezza a Ginosa, ancora nel tarantino, zona che in realtà guarda già all’ambito lucano. Qui, tra l’altro, si erano da qualche tempo trasferiti i suoi genitori, da cui il futuro santo però non si farà salutare e riconoscere. In terra ionica Giovanni raggiunge i tratti più, per così dire, “estremi” della sua personalità religiosa, segnata da totali privazioni, provvedendo a ridurre al minimo il cibo e le bevande.

Sarà solo alla fine di questo periodo, presumibilmente nel primo decennio del XII secolo, che avrà inizio la sua grande e lunga attività di predicazione. Quale la fonte storica agiografica più accreditata per desumere queste notizie? Quasi esclusivamente, una Vita scritta da un anonimo monaco qualche decennio dopo la sua morte, avvenuta nel 1139.
Premesso che altre notizie su Giovanni sono rilevabili da cronache e agiografie inerenti la grande figura di san Guglielmo da Vercelli (1085-1142), fondatore in Irpinia delle abbazie di Montevergine a Mercogliano e del Goleto a Sant’Angelo dei Lombardi (e che tanto potrebbe aggiungersi sul rapporto tra i due monaci), affrontiamo l’aspetto legato al ruolo di Giovanni come fondatore di un ordine.
In realtà, parliamo di un ramo del più grande ordine benedettino, quello dei Pulsanesi, la cui nascita fu completamente opera sua. La prima idea stabile attorno alla fondazione di un nuovo ordine è acquisita da Giovanni quando, di ritorno da lunghi itinerari eremitici da Ginosa fino a Capua, incontra proprio Guglielmo, sul monte Laceno, tra Bagnoli Irpino e Nusco.
Il gruppo si dirige poi per zone ancora più disabitate, sondando aree lucane tra Accettura e Tricarico. Ancora una volta, Giovanni non sarà soddisfatto: qui aiuterà però Guglielmo e i suoi a stabilirsi in loco. Giovanni sceglie allora aree più vive civilmente: addirittura la città di Bari vedrà attivo il monaco, almeno attorno al 1128, con non poche disavventure per lui da parte dell’invidioso clero locale, sentitosi toccato dalle invettive di Giovanni contro ogni vita licenziosa. Ne nacque un processo: il monaco fu assolto, fuggendo però lo stesso da Bari.
In questo preciso momento, appare nella vita di Giovanni un luogo che poi sarà estremamente importante per lui e per l’ordine dei Pulsanesi: Monte Sant’Angelo, nel Gargano, terra frequentata da pellegrini (ieri ed oggi) per la presenza della famosa grotta micaelica. Anche qui Giovanni si prodiga in predicazioni e miracoli, con ancora qualche dissapore con gli ecclesiastici locali dopo la pubblica denuncia di un esponente clericale dalla dubbia condotta.

Giovanni va allora via da Monte Sant’Angelo, ma per un solo anno. Il ritorno sarà decisivo per l’individuazione del sito come casa dell’ordine. Il luogo sarà, appunto, Pulsano, in agro proprio di Monte Sant’Angelo, piccola depressione affacciata sul golfo di Manfredonia, caratterizzata da innumerevoli grotte rupestri, ideali per pratiche di eremitaggio.
Una scelta originata, dice il racconto tradizionale, anche da apparizioni della Vergine e san Michele a Giovanni. Il territorio era quello della diocesi di Siponto (importante località dell’attuale territorio di Manfredonia) e diversi furono i contatti coi vescovi, così come con lo stesso pontefice, per lo più per l’assunzione di privilegi concessi al monastero. Manca la testimonianza precisa di una “regola” o di consuetudini dettate da Giovanni: se ne cita l’esistenza, ma non abbiamo prove.
Le comunità erano anche femminili. Dipesero da Pulsano diverse di queste, quella di Santa Cecilia a Foggia la più importante. Fu proprio spostandosi tra le comunità pulsanesi che Giovanni trovò morte, il 20 giugno 1139, presso San Giacomo a Foggia, sulla strada verso Siponto, dove per molto tempo rimase collocato il corpo, idealmente così posto anche sulla via verso il santuario di San Michele. Le spoglie di Giovanni raggiunsero invece Pulsano nel 1177, forse in coincidenza con il passaggio nel Gargano di papa Alessandro III. Bisognerà attendere il 1830 perché le spoglie del grande santo tornassero nella sua zona d’origine, Matera.
Giovanni riposa ancora oggi nella cattedrale della capitale europea della cultura, terra da dove spesso, o quasi sempre, era tuttavia stato lontano.