L’eccellenza dell’artigianato, una forte tempra morale e un grande sentire cristiano hanno segnato, in vita, Francesco Marinelli, erede di quella lunga schiera di operai che si era formata alla Scuola serale di disegno, a Bitonto, ricca della sua lunga tradizione di formazione professionale e fortemente incisiva nel credere alla creatività del disegno applicato al campo dei mestieri.
Di spiccate capacità creative e di grande sensibilità per il bello estetico, Marinelli ancora imberbe scelse di frequentare la bottega di Giovanni Teseo, uno stagnino non itinerante che soleva riparare i vari oggetti d’uso domestico come pentole, caldaie e altri utensili in rame, ma anche creare strumenti utili per la casa come grondaie, pluviali, bracieri. In questo suo apprendistato imparò a maneggiare le ciotole contenenti lo stagno fuso, la “bordatrice” che serviva per creare il nervo alla lamiera che da elastica diventava rigida e poi la “pressopiega”, con cui eseguiva lavorazioni di piegatura delle lamiere. Fu, così, in grado di attivarsi nella realizzazione dei più svariati oggetti d’uso domestico: dagli scaldini alle brocche, dalle ampolline ai giocattoli. Poi, pian piano, cominciò ad apprendere il mestiere del fabbro, riuscendo come pochi a temperare il ferro, un’arte vera e propria, imparando ad impostare la temperatura giusta della forgia e dell’acqua e a moderare i tempi di cottura e raffreddamento, fondamentali per migliorare le caratteristiche di durezza del metallo.
Non si sottrasse, neppure, all’acquisizione della tecnica con cui lavorare il legno: tant’è che negli anni della seconda guerra mondiale si predispose a fabbricare macchine per filare, un grammofono a valigia e ferri da stiro, persino pastori per i presepi e un triciclo in legno per la piccola Anna, sua sorella, senza mai venir meno all’impegno scolastico che portò innanzi sino al Terzo Avviamento per poi passare a frequentare la scuola di Belle Arti, sì da acquisire una formazione di base e una buona conoscenza dei metodi, delle tecniche e degli stili, oltre ad una profonda sapienza manuale. Quando nel primo dopoguerra il suo maestro Teseo fu rinchiuso in prigione, vittima di circostanze non del tutto chiare, appena diciottenne – Francesco era nato nell’ottobre del 1929 – si sobbarcò il peso dei vari impegni di lavoro di quella bottega, poi definitivamente chiusa allorquando il Teseo, uscito di prigione, si trasferì a Milano.
Dopo un’altra breve esperienza lavorativa, decise di aprire in proprio una officina meccanica, dapprima girovaga in più parti del paese, poi definitivamente stabile in via Abbaticchio, sop’a u mùsəkə, come si diceva un tempo. La sua sapiente maestria non disgiunta dal suo dinamismo instancabile e dal suo innato senso di onestà lo segnalarono all’attenzione e all’ammirazione di molti. Nella sua officina, luogo di lavoro incessante, si imparava non solo l’arte di forgiare il ferro, ma anche l’arte di formare il carattere e lo spirito creativo di non pochi giovani che la frequentavano. Vennero così i grandi e i piccoli lavori a Bari e in vari centri della provincia, soprattutto a Bitonto, tra ferri da stiro e scale in ferro, portoni e ringhiere con le spirali, letti in ferro battuto e cancelli, sino agli appendiabiti e alle inferriate, talvolta costituite da semplici sbarre incrociate e saldate, talaltra arricchite da curve e applicazioni non prive di eleganza e leggiadria.
Alla progressiva ed incessante richiesta del ferro lavorato seguì la necessità di migliorarsi. E così da semplice fabbro, grazie alla acquisita esperienza, Francesco Marinelli finì per diventare un esteta del ferro, un artista della tornitura, un fantasista del disegno, un espertissimo creatore di opere in ferro battuto, grazie ad un processo di graduale arricchimento che si rivelò determinante per la realizzazione di lavori sofisticati per vari ambienti pubblici e privati, dagli arredamenti di vario genere agli organi illuminanti, dai brevetti di porte blindate ai cancelli fissi o scorrevoli.
Tutta una prestigiosa attività che gli meritò una medaglia d’oro nel 1984 dal Messaggero Economico Italiano e, due anni dopo, il Cavalierato dell’Ordine di Malta. Il suo instancabile impegno lavorativo non lo tenne lontano dal partecipare alla vita del Centro Ricerche di Bitonto e alle attività benefiche del locale gruppo ACAI, dall’essere oltremodo operativo nell’organizzazione delle feste patronali per Maria Santissima Immacolata, in onore della quale l’otto dicembre 1986 volle realizzare una corona in rame tempestata di pietre dure da porre sul capo dell’immagine della Vergine su Porta Baresana, una corona rimossa l’anno scorso per la corrosione prodottasi nel fluire del tempo ed oggi conservata nella biblioteca comunale come testimonianza di fede e di atto devozionale. Anche i progetti del Legno Santo per la processione del Venerdì Santo, disegnati dall’arch. Antonio Scivittaro, erano poi realizzati dall’officina Marinelli ed artisticamente addobbati con le varie composizioni floreali da Franco Lucarelli.
Una figura schietta e mite quella di Francesco Marinelli, una luminosa personalità sempre mossa da affabilità umana e abilità creativa: fare memoria di lui nel trentesimo anniversario della sua scomparsa è atto doveroso.
Nelle foto in alto e in basso, alcuni artistici oggetti d’arredo realizzati da Francesco Marinelli