Contemplazione e metafora, logos e passione. I lavori di Nicola Petta, in mostra al museo archeologico di Bitonto fino al 30 giugno, preludono un’epifania: l’opportunità di appagare quella straordinaria complessità che si trova semplicemente indagando la natura ed esplorando la vita.
Ogni sfumatura è calibrata, ogni piccola porzione favorisce l’innesto di un pensiero filosofico superiore, sopraffino, rivolto a chi osa interrogare interrogandosi, a chi svela la meraviglia oltre la patina dell’ovvio, a chi accompagna il sorriso all’amaro stupore della scoperta.
Opere come piccoli scrigni caleidoscopico in cui ogni dettaglio è calibrato, necessariamente proporzionato, essenziale nella ripresa iconografica classica che trascende l’emblema e mantiene vivo il dubbio contemporaneo.
Ogni lavoro, pur nella ripresa tradizionale di una tecnica complessa e fascinosa proprio nei suoi limiti – l’affresco- combina progetto e trascendenza dello stesso, riflessione senza tempo, oltre il tempo, e manifesto contemporaneo della tensione costante.
L’arte di Nicola Petta implode di profonda ambizione, manifestando tutta la fragilità dell’uomo, l’immensità del cosmo, la contraddizione del pensiero. Nulla è assoluto e tutto è rivedibile, la pittura dà semplicemente colore alla mente che osserva, reinterpreta, progetta e si arrende all’incanto.
Le composizioni dell’artista celano una confessione dell’inesplorato, la meraviglia dell’ignoto, il dramma di una volontà fragile ma pervicace. Anche la scelta del supporto naturale, con le sue connaturate fratture, trasmette quell’instabile equilibrio tra volontà e consapevolezza, ambizione e costanza, con la scelta di una essenzialità segnica e grafica che racchiude tutto il fascino di una piacevolezza sublime e universale.