Dall’8 marzo la “città della sfida”, Barletta, vede attivo un nuovo centro di aggregazione funzionale che abbraccia l’intera comunità: l’auditorium dell’ex chiesa della Sacra Famiglia in via Trento, alla periferia verso Canosa.
L’auditorium è stato un traguardo atteso a lungo, sofferto. Un progetto che ha inciampato nelle tagliole consuete della burocrazia, ma che alla fine ha offerto a due associazioni cittadine, l’onore e l’ònere di esserne comodatarie. Parliamo del’associazione musicale bandistica La Disfida di Barletta e dell’organizzazione di volontariato Ambulatorio popolare che cureranno gli spazi con l’obiettivo di far funzionare un cuore pulsante di aggregazione, unendo più fili, come si tesse una tela, coniugando, cultura, musica, teatro, cinema, attraverso innumerevoli progetti sociali, di cui ciascuna delle realtà associative si fa portavoce.

La periferia della città è il luogo del nostro micromondo da coccolare, da tutelare e impreziosire per salvaguardare la fetta della società che emerge e germoglia, ogni giorno, in terreni sempre diversificati e molteplici. Oggi, dunque, nel nome della diversità che convive, si aprono le porte al nuovo, al bello e all’utile. Dare spazio alla creatività e alla condivisione per toglierne alla vita svogliata che alcuni giovani distratti, adulti stanchi e nostalgici portano a spasso senza meta. Come ha confermato il primo cittadino, Cosimo Damiano Cannito, che ringraziando dell’operato organizzativo e gestionale i rappresentanti e presidenti delle associazioni comodatarie, Cosimo Stella della Bandistica e Cosimo Matteucci dell’Ambulatorio Popolare, ha dichiarato: “Ho la certezza che sapranno farlo diventare un luogo di incontro e di opportunità di crescita per tutta la comunità e, soprattutto, per i cittadini del quartiere Borgovilla”.
L’auditorium dunque è una perla da custodire e condividere; una “casa della comunità”, oseremmo dire del popolo di Barletta. Ma cosa è il popolo oggi? Quanto sono ancora solidi quei vincoli tra le persone, sui quali si è sempre fondato il sentimento popolare dell’appartenenza alla propria terra e alle proprie radici? Dov’è la solidarietà, la capacità di identificarsi con l’altro, di provare a mettersi nei panni dell’altro; quella speciale virtù sociale che ci permette di tessere la rete della responsabilità reciproca e dei rischi condivisi e condivisibili?
Questo è quanto si domandava P. Spiker nel 1991 quando, nel saggio Solidarity, preannunciava che nel rapporto “one to one”, da uno a uno, tra gli uomini, tutto è basato su un sentimento di appartenenza e identificazione tra individui capaci di agire per sostenersi, agganciando così un senso morale della solidarietà, del fare bene nel nome del bene, che può pullulare in un rapporto collettivo e mutualistico passando a one to many for many, da uno a molti per molti.
Ecco: un esempio del rapporto solidale collettivo e mutualistico che abbraccia i molti, che si ritrovano ad essere sempre molto più soli, è l’Ambulatorio Popolare di Barletta, che si costituisce nel 2018, inizialmente, come un collettivo autofinanziato, a gestione assembleare, modellato sulle migliori pratiche ed esperienze della società dell’800, adattato al contesto della comunità contemporanea. E, propriamente, come un’ associazione di assistenza sanitaria, che ha mostrato impegno e ha offerto servizio di cura e accoglienza ai cittadini più deboli, svantaggiati, emarginati. Comprese le persone di diversa nazionalità, le quali, a causa della propria condizione di indigenza e in mancanza del permesso di soggiorno, per continuare a stare sul territorio in maniera regolare non avrebbero potuto garantirsi una soluzione possibile per sanare la propria condizione.
La svolta arriva nel 2019 quando l’ambulatorio si costituisce come Odv (organizzazione di volontariato) ampliando le proprie funzioni, arricchendo la mission iniziale – che si evolve e si trasforma in un ventaglio di proposte di assistenza, multiforme, multidisciplinare e poliedrica – diventando la realtà associativa più grande e attiva della provincia, capace di operare, come spiega il presidente Cosimo Matteucci, non più su una sola sede bensì su tre, in totale. Sostenendosi mese per mese grazie alle donazioni economiche, elargite in forma di lascito, dei benefattori della città di Barletta, e grazie anche al contributo, anch’esso prezioso, che arriva anche da chi non ha molto ma mette quello che ha a servizio dell’ambulatorio, come forma di partecipazione all’attività collettività. Tutto ciò, continua Matteucci, nell’alveo di un lavoro attento e traspartente di gestione, attraverso cui rendere conto alla comunità di quanto l’ambulatorio riceve e di come lo impiega, di cui è prova la pubblicazione periodica dei bilanci associativi.
Come un campo lasciato a maggese che dà i suoi frutti più prosperi se coltivato ogni giorno, con pazienza, con perseveranza, con coscienza, costanza, immutata passione e amore per quello che si fa e per tutto il coraggio pieno che si mette in quello che si fa, l’ambulatorio rispecchia, attraverso i cento volontari che si mettono a servizio delle attività associative, proprio questo processo, che favorisce, come spiega Matteucci, una rete sana, fatta di fili quotidiani che vengono mossi ogni giorno, dal lunedì al sabato ormai, con un impegno costante che comincia al mattino e si conclude nel tardo pomeriggio. Perché, continua Matteucci, ogni attività che si promuove, ogni nuovo traguardo raggiunto fino ad oggi è la somma di piccoli passi mossi, uno dietro l’altro, senza sosta, tutti insieme.
Le braccia di ogni volontario sono braccia tanto grandi da scongiurare il rischio dell’esclusione sociale, tallone d’Achille della nostra società contemporanea. Non serve essere poveri, non serve essere indigenti per essere esclusi dalla società. A volte serve o basta solo essere diversi per subire il danno e la beffa dell’esclusione sociale, e dunque per subire un effetto boomerang che ci scaglia nella spirale verso il basso, facendo registrare un progressivo allontanamento dai legami sociali.
Come combattere, dunque, l’emarginazione se non con l’inclusione sociale? Attivando misure di sviluppo, misure di intervento pubblico o privato che mirano a sanare le conseguenze sul piano individuale, impedendo il progressivo allontanamento dai legami sociali? Ne volete un esempio? Il doposcuola popolare, l’università popolare, la biblioteca popolare e la piccola libreria di strada, lo sportello popolare del lavoro, l’unità di strada, la parrucchiera e l’estetista popolare, la raccolta di beni di prima necessità ed indumenti.
Questo è il carro della solidarietà che l’ambulatorio spinge ogni giorno, permettendo agli studenti delle famiglie disagiate, per esempio, un servizio di alfabetizzazione e di supporto alla formazione, avvalendosi di personale qualificato e professionale; a volte anche insegnanti che lontani dal tempo scolastico mettono a disposizione la loro professionalità gratuitamente. Un servizio rivolto a favorire un terreno fertile di confronto, condivisione culturale, instaurando relazioni e dialoghi secondo il parametro dell’uguaglianza sociale nel nome della diversità.
L’ambulatorio promuove uno spazio, una porzione di tempo dove anche gli anziani, le persone sole, le persone adulte sole e prive di distrazioni possono essere coinvolte in percorsi ludico-ricreativi e formativi, attraverso l’università popolare, frequentando corsi di italiano per gli stranieri e viceversa di lingua straniera per gli italiani, imparando a comunicare nella lingua dei segni o fruendo dell’alfabetizzazione digitale per tutti coloro che non sono digital natives.
E nell’era digitale, in cui tuttavia non bisogna scordare mai il profumo della carta mista a naftalina che può restituirti la pagina ingiallita di un vecchio libro, perché è sempre il tempo di dedicarsi del tempo immergendosi nella lettura e nella riflessione, la libreria, qui a Barletta, è anche di strada, un’iniziativa curata prettamente dai bambini della città che si occupano con impegno del book sharing, dell’interscambio, del prestito reciproco dei libri per incentivare la lettura nella collettività.
Perché giovani menti pensanti e riflessive sono seme che sboccia e crea menti sagge e servizievoli, come quelle di coloro che sacrificano la notte, anche negli inverni più insidiosi per dedicarsi all’Unità di Strada, progetto, in cui, volontari formati, raggiungono nei punti più disagiati della città, i senzatetto che si rifugiano come meglio possono in condizioni assolutamente sfavorevoli ad affrontare lunghi inverni, e che ricevono coperte e pasti caldi, messi a disposizione dalle attività commerciali, e della ristorazione che partecipano al progetto di contrasto allo spreco alimentare, offrendo loro anche un percorso di recupero sociale.
In un’epoca come quella attuale, in cui ci dovremmo sentire connessi e collegati nel mondo nel nome della comune appartenenza all’Europa, siamo davvero pronti ad identificare noi stessi come cittadini del mondo se prima non sappiamo riconoscerci nell’altro diverso da noi?
Il presidente Matteucci conclude che “bisogna essere prima di tutto delle brave persone in un’ottica universale. Brave persone per fare del bene, essere grati di riceverlo, moltiplicarlo, a nostra volta, attraverso buoni sentimenti, rispetto, educazione: sono questi i punti nevralgici su cui, oggi e per il futuro, si punterà per consolidare il lavoro virtuoso dell’ambulatorio; per sostenere il mutualismo, per ricevere, dare e moltiplicare, un processo che si pone come un faro nella difficile società contemporanea in cui viviamo”.
Le foto sono tratte dalla pagina fb dell’Ambulatorio popolare di Barletta