La lieta novella del buon pastore e del suo gregge fedele

La profondità spirituale e lo slancio solidale di don Oronzo Valerio nel libro di Franco Deramo, presentato a Sammichele di Bari dalle voci di alcuni illustri testimoni

C’è un’atmosfera d’intensa ma raccolta festosità sotto la volta, candida e ariosa, della chiesa madre, la cui facciata, tinta di giallo dai fari sulla piazza, si staglia con benevola austerità sul cielo di cobalto alle prime ombre della sera.

Un’aria di festa come per una delle tante “appassionate” cerimonie officiate, un tempo, da don Valerio nelle serate di fine estate, quando il vento comincia a mostrare gli artigli e la notte appare impaziente di rubare la scena al giorno. Come quando i coloni con le donne e i monelli al seguito, obbedendo al suono delle campane, si riunivano in chiesa all’imbrunire e attendevano trepidanti che il loro parroco principiasse la solenne liturgia per l‘onomastico della Vergine. Stretti lungo la navata in un grande e caloroso abbraccio collettivo, fatto di occhi semplici e luminosi, larghi sorrisi, strette di mano, rapidi ma ripetuti auguri alle numerose Marie.

La chiesa della Madonna del Carmine, sulla piazza principale di Sammichele di Bari

A riunire così tanta gente a Sammichele di Bari, in questa armoniosa dimora terrena della Madonna del Carmine, è Franco Deramo, infaticabile esploratore di foreste umane e spirituali, dalle quali “si ostina” a far emergere singolari storie di uomini, di sacerdoti che hanno lasciato un segno indelebile nelle comunità in cui hanno vissuto e operato. Segni qualche volta rimasti nascosti per troppo tempo sotto la cenere della storia, per quanto il fuoco di quella brace sia rimasto vivo e schietto, e qualche altra volta necessitanti di un soffio salvifico, utile a riscoprirne tutto il sorprendente significato contro ogni tentativo di soffocarne il valore e l’autenticità.

La storia – ma vorrei dire la favola, per l’incanto e persino la magia delle vicende di cui don Oronzo Valerio si è reso protagonista – che oggi Franco vuole raccontare appartiene alla prima categoria: è quella di un parroco (1925-2017) attivo a Sammichele dal 1952 al 1957, il cui impegno e la cui opera hanno tracciato un solco profondo, segnando un prima e un dopo nella vita di questa comunità. Una storia ancora fresca di stampa, raccolta dall’autore con eccezionale zelo documentario ma prima ancora con amore e infinito, sincero trasporto, nelle pagine del volume Don Valerio – Profezia e Servizio dell’Editrice Aga.

E per realizzare l’affresco più policromo di questa edificante missione di un pastore al servizio del proprio gregge, ha chiamato a raccolta le voci di alcuni brillanti esegeti dell’opera e della ricchezza spirituale di don Valerio: lo scrittore e critico del pensiero Vinicio Aquaro, la psicologa e psicoterapeuta Vanna Pontiggia, il padre cappuccino dell’ordine dei frati minori e docente alla facoltà di teologia pugliese, Pier Giorgio Taneburgo, e il presidente dell’Associazione Medici Cattolici Italiani, il prof. Filippo Maria Boscia.

Da sin., fra Pier Giorgio Taneburgo, Vanna Pontiggia, Filippo Maria Boscia, Vinicio Aquaro e Franco Deramo

E a suggellare la verità della loro testimonianza, ecco la presenza in chiesa di Lucia Loiudice, “figlia adottiva” di don Valerio, alla quale si deve la prima scintilla del lavoro realizzato da Deramo: la volontà di riportare alla memoria di quanti lo hanno conosciuto ma, soprattutto, di proporre all’attenzione dei giovani il carisma di un maestro così straordinario.

“Completo e complesso, pensato e realizzato con efficacia” le parole con cui Vinicio Aquaro introduce la sua riflessione sul libro di Deramo. Un testo, spiega, che mostra don Valerio nella sua dimensione più autentica e avvincente, quella di “umanissima” guida religiosa di una comunità nella quale, peraltro, il sacerdote s’identifica pienamente. Un parroco la cui straordinaria densità spirituale può essere riassunta – come nota Aquaro – nell’omelia di mons. Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera, per una nuova ordinazione sacerdotale, in cui il presule riprende un passo del diario di don Valerio, scritto nell’anniversario della propria ordinazione presbiterale. La pagina in cui il sacerdote si chiede cosa il Signore abbia visto di buono in lui per elargirgli tante grazie, ringraziandolo “di aver colmato la sua miseria con la sovrabbondanza della grazia divina”. Parole che testimoniano quanto il sacerdozio di don Valerio sia stato profetico: “nel senso di aver risposto pienamente alla chiamata di chi lo ha voluto in mezzo e con il popolo a lui affidato, camminando con esso, aiutandolo a liberarsi da schiavitù vecchie e nuove”, osserva Caiazzo e Aquaro conferma.

Quando don Valerio giunge dalla parrocchia di San Giuseppe di Bari a Sammichele, per volere dell’arcivescovo Marcello Mimmi, il piccolo centro sulle propaggini delle Murge a sud del capoluogo, è nel periodo più nero, con le famiglie in cui riecheggiano tutti i disastri e tutte le miserie causate dalla guerra. E il bagliore della rinascita, l’avvio di quel miracolo economico che al nord del paese comincia ad animare di nuovo slancio la vita sociale, in questo piccolo borgo agricolo è solo una fievole speranza.

Ecco, dunque, la dimensione storica che corre parallela a quella spirituale, come spiega Vanna Pontiggia: “Il libro di Deramo è un dono per l’enorme raccolta documentale che ci restituisce la realtà degli aspetti sociali, politici, pedagogici e psicologici oltre che pastorali del piccolo mondo in cui don Valerio ha seminato i semi del proprio zelo per il bene del suo gregge. Una spiritualità che rappresenta un modello, che lascia un’impronta”, osserva. E aggiunge: “La lunga e complessa ricerca sul campo svolta dall’autore mette in luce la bellezza di un servizio reso con efficacia oltre che con assoluta dedizione”.

Una missione non esente, tuttavia, da momenti di stanca. E’ la solitudine del sacerdote a cui Pontiggia fa cenno, il cui epilogo a volte è lo sconforto. “In realtà – spiega da esperta – solitudine e sconforto sono una singolare occasione per riflettere e risolvere sé stessi; per sviluppare un provvido dialogo interiore”. Nel suo diario, don Valerio reagisce, infatti, implorando: “la tristezza è l’assenza di Te, o Signore; di Te che sei la luce, l’amore, la gioia. Resta allora sempre in me o Signore; resta sempre accanto a me”.

Ciò che equivale all’esortazione dello stesso papa Francesco – come scrive Deramo – che incita a cancellare dalle pieghe della mente il piombo delle emozioni negative che prosciugano le forze, e a consegnarsi alla speranza, alla profezia, al verbo che incoraggia, rafforza, estingue il timore.

“Perciò don Valerio non va solo ricordato ma soprattutto emulato: perché la profezia, il dono della parola non è una virtù formale, ma riflette una coincidenza autentica tra ruolo e identità. La profezia è promessa di resurrezione che non si nutre di effimero, di clamore; che stimola il profondo senso dell’essere per generare messi abbondanti di valori veri e fecondi”, spiega Pontiggia.

La profezia di cui è intrisa la grande visione di chiesa del Concilio Vaticano II, di cui fu fedele e convinto interprete quello straordinario presule che risponde al nome di Enrico Nicodemo, arcivescovo di Bari dal 1952 al 1973, “convertito” dal concilio, come egli stesso amava affermare di sé.

Dei frutti copiosi del concilio, di quanta e nuova linfa abbia irrorato la missione spirituale di don Valerio, riflette fra Pier Giorgio Taneburgo. Richiamando il senso e il valore della Lumen gentium e della Gaudium et spes, forse le più significative costituzioni del Vaticano II, il frate conferma l’assoluta fondatezza del rapporto di reciproca mutualità tra i destini della chiesa e quelli del mondo; un principio che si riflette in modo esemplare nell’opera di don Valerio al servizio e insieme al suo gregge. La piena condivisione di un progetto che trova ispirazione, osserva Taneburgo, nell’amore per la preghiera, vero respiro dell’anima, “strumento di lotta”, ausilio alla missione sacerdotale, alla sua efficacia e alla sua purezza.

Esistono tante possibilità di invocazione, ma per don Valerio, pregare era il modo migliore per ripetere al Signore il suo sì incondizionato: “Io ti voglio dire il mio amore, o Gesù!”, scrive nel diario, concludendo il suo accorato appello per i poveri, i giovani, i sofferenti, gli anziani. “Io ti amo!” e, ancora, “Fammi Santo!“, supplica. Perchè è l’amore che porta alla santità.

Non è stato lungo il tempo di permanenza di don Valerio a Sammichele, come parrocus adiutor: solo quattro anni e sette mesi; sufficienti, tuttavia, a propiziare un intenso tempo di grazia e di crescita spirituale e, ancora, umana e sociale in ogni ambito della vita cittadina. E’ quanto rileva Filippo Boscia nel suo intervento: i frutti copiosi che quel lavoro ha prodotto continuano a riverberarsi nella comunità locale. Come testimonia la lunga e proficua attività svolta dall’Azione Cattolica, per oltre quarant’anni vivaio da cui attingere la più composita e qualificata espressione della classe politica cittadina e oltre.

Una rilevante e feconda eredità, di cui, come ricorda Boscia, fu il prof. Sabino Spinelli ad esaltare il valore nel suo saluto, a nome della gente di Sammichele, alla partenza di don Valerio per Grumo Appula l’8 luglio 1957: “Fin dal tuo primo arrivo in mezzo a noi tu ti accingesti con ardore giovanile ad istruire ed educare il popolo alla vita cristiana, adempiendo ai doveri religiosi con fecondo apostolato come un solerte operaio della gran Vigna. Sacerdote secondo il cuore di Dio, solerte operaio della Vigna, in questi pochi anni di fermata in questa parrocchia hai dimostrato di avere braccia robuste, cuore generoso di apostolo infaticabile, animo votato ad ogni sacrifizio, illibatezza di costumi e, soprattutto, fuoco ardente di carità evangelica”.

“Periodo di impegno rigenerativo” definisce Filippo Boscia quello condiviso personalmente con don Valerio a Sammichele. L’avvio di una lunga e intensa frequentazione, proseguita a Bari nella parrocchia di San Ferdinando, dove il sacerdote, giunto da Grumo Appula, rimarrà per vent’anni. Per essere, infine, trasferito a Cassano sino al termine della propria esperienza terrena.

La piazza principale di Sammichele di Bari

E la memoria, in questo frangente, non può non andare al genitore, il dott. Vito Boscia, grande collaboratore di don Valerio, specie sul versante socio-sanitario nel centro realizzato dalla Pontificia Opera di Assistenza e affidato al solerte don Franco Manco.

Boscia incentra la propria testimonianza sui quattro temi che rappresentano i pilastri dell’azione di don Valerio: tradizione, parola, rinascita e formazione. Pilastri che affondano tutti nella solida malta del Concilio Vaticano II. “Gli scritti e la parola di questo giovane sacerdote si collocano non solo sull’ambone e sull’altare, ma anche sulla frontiera civile di una chiesa parrocchiale che esce dal suo spazio per espandersi sul sagrato e sulla piazza antistante; luogo civile di ascolto, di dialogo, di vocalizzazioni dialettali, di cultura, dell’attesa di un ingaggio di lavoro ma anche di fiere e vivaci contrapposizioni politiche. Quella piazza che conteneva la cultura popolare, con forti richiami ecumenici, oggi non esiste più; è radicalmente mutata e vive anch’essa il sapore amaro della globalizzazione”, commenta.

E sulla dimensione storica, parallela a quella spirituale, indugia ancora il presidente dei medici cattolici: “Franco Deramo apre le porte di un teatro, solleva il sipario, consentendoci di entrare in una scena di inedita profondità. Consentendoci di rileggere eventi complessi, ricordi incancellabili di un’epoca bellissima, senza invidie e rancori; un tempo di didattica, formazione e testimonianza legato alla missione di un sacerdote in viaggio pastorale su aspri percorsi di passioni e tensioni civili, ma soprattutto di carità, speranza e vita cristiana.” Per concludere: “Questo libro è per Sammichele la restituzione di un ricordo! Ha il singolare significato di condividere tempo, competenze, cultura, beni materiali e immateriali; il meglio di ciascuno di noi”.

Il vortice delle emozioni generato da parole così ispirate, unito alle palpitanti memorie personali legate alla figura del sacerdote, suggerisce a Deramo la più coerente delle conclusioni. “Leggendo il diario di don Valerio – spiega – la tentazione di costruire il santino di questo umile ma straordinario sacerdote, non ha prevalso, per quanto forte, sulla necessità di ricostruirne la vicenda negli anni trascorsi a Sammichele. Vicenda che sì è stata spiriruale non meno, tuttavia, che umana, per la piena identificazione del sacerdote alla comunità a lui affidata. Nello spirito di quella concreta idealità cristiana che ha pervaso tutta la sua vita e il suo impegno pastorale”.

 

Per giubilarne la figura, prosegue l’autore del volume, si sarebbe corso il rischio di disumanizzarne la statura, di disancorarla dalle gioie non meno che dalle sofferenze causate dalla completa e consapevole immersione nella vita di un popolo e di un paese. E, tuttavia, ecco salda e prepotente la dimensione mistica: “la preghiera e le mortificazioni, la solitudine ‘piena di Dio’, la celebrazione della messa e dei sacramenti, la devozione alla Vergine e il servizio ai fratelli, sono la manifestazione di un cuore sacerdotale tutto donato al Signore, con umiltà e somma gratitudine per lo sguardo di misericordia e amore che don Valerio sente posarsi dall’alto sulla propria persona”.

Una serie incredibile di virtù che fa di don Valerio il testimone esemplare di una spiritualità profonda e intelligente, umile e coraggiosa. Un’inedita ampiezza interiore che deve essere restituita alla sua chiesa, al suo popolo, ai suoi fedeli. “Un esempio luminoso, un faro che deve orientare la riflessione e l’impegno dei credenti, contro le minacce costituite da esempi non edificanti all’interno stesso della chiesa. Il sacerdozio di don Valerio, come delineato dai suoi scritti, risplende in tutto il suo anelito alla santità. Una santità vissuta in maniera nascosta e per questo più gradita a Dio”, conclude Deramo.

La “festa” per don Valerio termina qui. Gli auguri sinceri all’autore del libro e l’elogio ai relatori, insieme ai saluti e alla promessa di rivederci ai tanti amici, occupano alcuni minuti sul sagrato della chiesa. Mi infilo in auto e riprendo la strada di casa. E mentre la notte ormai occupa tutta la scena e la luna, in queste prime giornate di fresco brilla più del solito all’orizzonte, è forte e piena la gioia di quest’illuminante lezione di amore e umanità nel nome di don Valerio.

Nella foto in alto, don Oronzo Valerio. Le foto sono di Mimmo Guglielmi