La lezione di Gratteri dalla panchina antimafia di Bitonto

L'iniziativa per ricordare a Bitonto le vittime innocenti della criminalità offre l'occasione al procuratore capo di Napoli per richiamare lo stato alle sue responsabilità

Occorre stringerci sempre più e fare rete per dimostrare che la nostra comunità non si lascia intimidire. Né oggi né mai.” È quanto ha scritto su facebook il sindaco di Bitonto, Francesco Paolo Ricci, per ripristinare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e ribadire l’importanza del civismo espresso dalla comunità locale, dopo che la panchina antimafia, inaugurata in piazza Caduti del Terrorismo da Nicola Gratteri, procutarore capo del tribunale di Napoli, è stata divelta.

Prontamente ricollacata al suo posto, la panchina è memento delle vittime innocenti di mafia e simbolo di legalità. Vuole ricordare, in particolare, Anna Rosa Tarantino, vittima innocente dello scontro a fuoco tra clan rivali il 30 dicembre 2017, come hanno spiegato lo stesso Ricci e Massimo Rutigliano, presidente della sezione cittadina dell’Avis che ha organizzato la cerimonia per l’installazione della panchina insieme all’amministrazione comunale.

Nicola Gratteri risponde alle domande di Viviana Minervini

L’evento è l’occasione per una lunga e intensa riflessione da parte di Gratteri sulla lotta alla criminilità organizzata. Riflessione propiziata dalla presentazione del suo nuovo libro, Il Grifone, scritto a quattro mani con Antonio Nicaso, illustrato rsipondendo alle domande della giornalista Viviana Minervini.

Il saggio si apre su un fronte per certi versi ancora “inedito”: la capacità delle mafie – specialmente la ‘ndrangheta – di utilizzare per i propri fini illeciti la tecnologia digitale. E con l’accesso alle nuove tecnologie anche le “famiglie mafiose di serie B” oggi sono in grado di eludere i controlli delle forze dell’ordine e moltiplicare i profitti. Gratteri chiarisce il concetto fornendo un esempio concreto: il recente sequestro dei proventi di una banca online creata dalla camorra a Napoli, utilizzata per riciclare miliardi di dollari, con seimila clienti in Lombardia e nel Lazio e con sedi anche in Lituania e Lettonia. Il riciclaggio ammontava a più di tre miliardi e mezzo di euro, di cui solo due sono stati sequestrati. Una “macchina da guerra” messa in piedi grazie a tecnologie che la nostra polizia giudiziaria nemmeno si sogna. “Una sfida al cuore del sistema giudiziario che le forze dell’ordine hanno difficoltà a contrastare perchè l’Italia non dispone delle tecnologie necessarie per battere i nuovi metodi utilizzati dalle mafie”, ha chiarito Gratteri. Una situazione che invoca un urgente potenziamento delle risorse a disposizione dello stato, poiché, ormai, “siamo spettatori”, sostiene il procuratore, sia della mafia sia delle sue nuove unioni col dark web, piattaforme che altri paesi, Germania, Olanda e Belgio, “con ben altri mezzi a disposizione sono in grado di rintracciare e bucare”, precisa.

Il procuratore capo amplia la riflessione, evidenziando un altro problema che attanaglia le forze dell’ordine: la cronica carenza di personale e di competenze specifiche. “Per incanto, avendo la bacchetta magica, immaginate che questo governo abbia i soldi per fare i concorsi e riempire in pochi anni la pianta organica”, propone Gratteri, riferendosi a polizia, carabinieri e guardia di finanza. “Non risolveremmo comunque il problema, perché abbiamo bisogno di ingegneri informatici. Anche se si riuscisse a colmare il divario numerico, rimarrebbe un ulteriore, grave ostacolo: la mancanza di professionisti necessari per contrastare l’avanzata della criminalità digitale, che lo stato che non è in grado di arruolare perchè non è disposto a retribuire adeguatamente”, spiega.

Gratteri con il presidente dell’Avis, Massimo Rutigliano

Ma “il problema non è solo comprare tecnologia per entrare nelle piattaforme della criminalità organizzata”, sentenzia il procuratore, “perché mancano i fondamentali. Qui ancora si sta discutendo delle intercettazioni, se servono o no.” Il riferimento è al ministro della giustizia Carlo Nordio che ha derubricato le intercettazioni giudiziarie ad un sistema poco utile e troppo costoso per lo stato. 

Eppure, lo stesso sequestro della banca online a Napoli, utilizzata per riciclare miliardi di dollari, è stato possibile proprio grazie a un’intercettazione telefonica, il cui costo è di soli tre euro. “Questo intervento ha permesso non solo di neutralizzare un’infrastruttura criminale, ma anche di recuperare risorse, dimostrando che, se utilizzate correttamente, le intercettazioni non sono solo utili ed estremamente efficaci ma anche convenienti. I fondi sequestrati, infatti, sono trasformati in risorse a disposizione del Fondo Unico della Giustizia”, prosegue Gratteri. 

E le critiche a Nordio non finiscono qui: “non solo sostiene la riforma Cartabia, ma vorrebbe ‘andar oltre’ sulla tutela della privacy delle persone intercettate, per evitare, come ha detto in parlamento, il rischio di ‘sputtanamento’ derivante dalla diffusione delle intercettazioni”. Una tesi che Gratteri respinge convintamente, sottolineando che i giornali non riportano informazioni che possano ledere la dignità delle persone coinvolte in qualche inchiesta giudiziaria.

I cittadini presenti all’incontro in piazza caduti del Terrorismo a Bitonto

Ma il procuratore capo non risparmia nemmeno quei cittadini che preferiscono girare la testa altrove: “la mafia esiste e prospera grazie al consenso popolare. Il silenzio è complice. Ognuno di noi deve prendere posizione”, insiste, riprendendo un argomento del suo libro. “Nonostante la sfida sia enorme, è opportuno trarre ispirazione dalla resilienza umana e dalla capacità di adattamento. La storia ci ha dimostrato che, quando la società si unisce per affrontare minacce comuni, si possono ottenere risultati straordinari”, sostiene. Gratteri crede fermamente che sia possibile costruire un futuro in cui le mafie ibride siano meno forti, ma avverte che questa possibilità, questa speranza, deve essere accompagnata dall’azione concreta: “Il futuro dipende da ciò che decidiamo di fare oggi.” 

Se le forze dell’ordine saranno dotate degli strumenti giusti e potranno operare senza ostacoli, potremo vivere in una società più “serena e libera”, conclude. Ma si tratta, vien fatto di chiedersi, di una possibilità davvero alla nostra portata? In realtà, gli addetti alla sicurezza pubblica in questo particolare momento storico sembrano impegnati più a fronteggiare le proteste popolari che a combattere fenomeni davvero gravi come, oltre ai traffici della mafia tecnologica, le violenze di genere che hanno assunto proporzioni inaudite nel nostro paese, con i femminicidi che si susseguono a ritmo vertiginoso.

La panchina antimafia in piazza Caduti del Terrorismo a Bitonto

Come rivela, tra l’altro, una recente ricerca dell’Ipsos Global Advisor, secondo cui metà degli italiani dubita della capacità delle forze dell’ordine di trattare tutti allo stesso modo e di arrestare con efficacia quanti delinquono. Perplessità destinate ad aumentare con la legge Nordio sull’abolizione dell’abuso di ufficio che ha abrogato la norma 323 del codice penale: l’articolo che punisce i pubblici ufficiali che, violando consapevolmente leggi e regolamenti, cagionano danni ad altri o procurano vantaggi a se stessi.

Nella foto in alto, il sindaco Ricci porta il saluto della città a Nicola Gratteri