Un giardino per ammirare, l’immensità per sognare. Cos’altro si potrebbe chiedere per essere felici? Le stagioni si susseguono, il tempo fugge via, il globo terrestre regala nuovi e inaspettati giorni inebriati di fiori e colori.

Marc Chagall è un sognatore romantico che si astrae dalla realtà circostante dando voce al linguaggio dell’inconscio e delle emozioni. Lo fa con la spontaneità di un bambino all’alba del suo primo idillio d’amore. E in nome della genuinità del suo sentire condensa la sua esistenza in un’esperienza di vita totalizzante, pervasa da una potente linfa onirica e poetica, che lo eleva dalla dimensione contingente consentendogli di fluttuare con la sua amata in uno spazio etereo, a metà tra terra e cielo…
Quel cielo che unisce i due amanti in un’immensità che non conosce confini, dove si librano dolcemente oggetti multiformi, animali, casette innevate dal tetto spiovente tipiche della sua Vitebsk, costellazioni luminose. Proprio lì, nella vastità del blu illuminata da bagliori soffusi, Marc e Bella si ritrovano abbracciati oltre la cortina della quotidianità. Cuore su cuore, mani nelle mani, visi incastonati negli anfratti dei corpi: un amalgama senza tempo né confini che aleggia su un paesaggio timidamente accennato. Dalla malinconica Parigi racchiusa negli splendori della cattedrale di Notre Dame e della Tour Eiffel, alla magia del circo, come il raffinato Le coq Violet, e all’incessante fluire della Senna, fino ai piccoli scorci della sua città natale attraverso i quali filtrano memorie del passato.

Per Chagall l’amore può essere vissuto solo se sognato. La sua natura multiforme lambisce nuovi orizzonti imboccando i sentieri inesplorati del repertorio favolistico e religioso, in cui la predilezione per l’aneddotica biblica veterotestamentaria schiude le porte all’avvento di Cristo, garante dell’unione sponsale e di un desiderio di maternità che spesso rimane recondito. Se i sogni danno vita al mondo, la musica ne plasma le forme imprimendo loro motilità. Ed è come se l’universo risentisse dei loro suoni creando un’eco che stordisce, disorienta e smarrisce la percezione del reale.
Sono queste le suggestioni che suscitano le cento opere del pittore bielorusso esposte al Castello di Conversano (per info e biglietti clicca qui). Dipinti, acquerelli, disegni, litografie e incisioni provenienti da collezioni private, autorizzate dalla Fondation Chagall, ripercorrono la parabola esistenziale dell’artista dagli esordi (1925) alla sua scomparsa (1985), grazie all’ausilio di preziosi supporti multimediali che agevolano la comprensione della vicenda umana del pittore e la sua contestualizzazione in un preciso periodo storico.

Marc Chagall vive su di sé il dramma dell’emarginazione dovuta all’imperversare della “giudeofobia”, una psicosi fondata non tanto sulla paura per la razza ebraica quanto sulla diversità culturale e di costume. Sono gli anni in cui il pittore dopo un breve apprendistato nella sua città d’origine, si trasferisce a San Pietroburgo per compiere gli studi d’arte e perfezionare la sua tecnica pittorica, ma è sottoposto a pesanti limitazioni dovute al suo status: gli ebrei, infatti, potevano vivere a San Pietroburgo solo con un permesso apposito e non era consentito loro circolare fuori orario.
Tornato nel luogo natio e conosciuta la donna che nobiliterà la sua esistenza, Bella Rosenfeld, si trasferisce a Parigi ma il soggiorno nella capitale non gli impedisce di partecipare attivamente alle vicende politiche della sua terra, fondando durante il periodo della Rivoluzione Russa un’accademia d’arte che incontrerà l’opposizione del governo. Da allora l’esistenza di Marc Chagall è un affastellarsi caotico di eventi che lo porteranno in pellegrinaggio dalla Francia alla Spagna, dal Portogallo agli Stati Uniti, per sfuggire agli orrori della seconda guerra mondiale.
Tracce di questi segmenti esistenziali si ritrovano nei capolavori presenti nella mostra che offrono al visitatore una panoramica completa sull’epopea del grande artista. Per fruire appieno del programma figurativo di Chagall, basterà superare la tendina bianca posta lungo il perimetro del vano d’accesso alla mostra, sulla quale come per incanto piovono fiori, stelle, luci, incorniciando svariate citazioni autoriali che riconducono all’atmosfera onirica e romantica evocata dalla sua pittura.
Attraverso la leggiadria dei suoi pennelli il sentimentalismo giunge ad estrema compiutezza, fornendo al visitatore una miriade di angoli prospettici dai quali osservare l’evoluzione dell’esperienza amorosa che, pur esplicandosi in contesti e gestualità ordinari, permette a chi la vive di alienarsi dal frastuono cittadino per ammantarsi di immortalità, ponendosi sotto la protezione di Dio. Il coinvolgimento estatico dei due amanti sfuma dall’azzurro al rosso, senza tralasciare alcune tonalità intermedie, quasi viaggiasse in sincronia con l’orologio delle emozioni, depurate da qualsiasi implicazione erotica ma pronte a tramutare il sogno d’amore in un capolavoro di vita vissuta.
Nella foto in alto, Bouquet de fleurs sur fonde rouge.