Benvenuti a Bodø, capitale europea della cultura!

Dalle polemiche sulla storia tradizionale agli eventi queer, dalla mostra su Knut Hamsun al ruolo strategico della città, un anno carico di novità

Le città scelte come capitali europee della cultura presentano quest’anno numerosi primati: se Bad Ischl, in Austria, è un piccolo comune in una zona rurale, Bodø, in Norvegia, è la prima città oltre il circolo polare artico a ottenere il prestigioso titolo. Una designazione che, come spesso avviene, trascina con sé contraddizioni e dibattiti sulla qualità delle attività e degli eventi messi in campo dal comitato promotore. Dibattiti che, considerando la “marginalità” di queste zone, vengono ovviamente amplificati, trasformandosi in un rovente terreno di gioco dove si scontrano ideologie, sentimenti, nazionalismi.

La città di Bodø, a settentrione della Norvegia

Prendiamo il caso di Bodø, centro con poco meno di 60mila abitanti al largo delle meravigliose Isole Lofoten: la cerimonia d’inaugurazione, svoltasi qualche settimana fa, è accusata di essere stata troppo “sami”, troppo incentrata sulla tradizione indigena di questi luoghi a scapito delle “altre” popolazioni, ovvero quella norvegese (norsk), maggioritaria, e quella kvensk (altra minoranza). Gli organizzatori sono stati definiti “escludenti”, paradossalmente da gente che ha sempre dileggiato l’uso del termine opposto (inclusivo). Le polemiche però non hanno fatto cambiare i piani: il museo comunale nei prossimi mesi sarà trasformato in un centro della cultura sami, nella piazza principale verrà allestito un mercato tradizionale indigeno e le sale cinematografiche presenteranno tutto l’anno film in tema.

I fuochi pirotecnici a Bodø salutano l’inizio dell’anno di capitale della cultura (foto di Marthe Molstre)

Linguisti e intellettuali, però, come ad esempio il finlandese Mikko K. Heikkilä, hanno colto l’occasione per mettere in dubbio l’ipotesi, sostenuta da molti archeologi e storici, che gli antenati del popolo sami abbiano effettivamente vissuto in quelle aree settentrionali della Norvegia prima di tutti gli altri. “La lingua sami ha avuto origine circa 2500 anni fa. E i sami vivevano considerevolmente più a sud e ad est della calotta settentrionale, a sud della Finlandia e in Carelia, nell’attuale Russia”, sostengono. Anche la stimata critica musicale e giornalista Anki Gerhardsen ha bocciato lo spettacolo di apertura di Bodø2024, accusandolo di una scadente qualità artistica, soffermandosi sullo show di Ella Marie Hætta Isaksen, attrice e attivista, “colpevole”, secondo Gerhardsen, di troppo manicheismo e di voler creare una frattura tra “noi” (i sami) e “loro” (tutti gli altri).

“Sapevo che la tempesta sarebbe arrivata”, ha dichiarato Maria Hernes Bær, coordinatrice sami di Bodø2024: un anno e mille eventi in tutto il Nordland, per un costo di 300 milioni di nok (circa 26 milioni di euro). Una joint venture tra imprese, stato, contea e comune, in un territorio la cui popolazione non sempre vede di buon occhio spese eccessive in campo culturale. Una delle voci più autorevoli a sostegno delle iniziative è stata quella del musicista Halvdan Sivertsen, una leggenda da queste parti, che è entrato a gamba tesa nel dibattito con parole molte nette: “L’arte dovrebbe coinvolgere e provocare, siamo tutti d’accordo, ma quando una performance lo fa, viene criticata per non apparire unificante, perchè crea disagio a noi poveri residenti di Bodø. Parlare dei diritti indigeni non vuol dire essere nostalgici, ma avere consapevolezza del futuro. Ne abbiamo bisogno tutti, ma alcuni evidentemente più di altri”. Una risposta, neanche troppo velata, alle critiche di Gerhardsen.

La cattedrale di Bodø

Altro terreno di dibattito e sperimentazione è quello degli eventi “queer”, che inizieranno la settimana prossima con una mostra di oltre novanta artisti, ospitata nella cripta della cattedrale (che meriterebbe un racconto separato e che ricorda, per strane coincidenze decorative e architettoniche, la chiesa di Senerchia, in provincia di Foggia). Alla presenza delle autorità ecclesiastiche sarà rappresentata la pièce Evangeliet etter Jesus – Himmelens dronning (Il Vangelo secondo Gesù – Regina del Cielo), in cui Gesù è una donna trans che estende l’applicazione del radicale messaggio cristiano d’amore a tutti coloro che sono stati storicamente esclusi sulla base del genere, dell’orientamento o dell’identità sessuale. È lecito aspettarsi, anche in questo caso, alcune polemiche, ma a queste latitudini la comunità religiosa è decisamente più emancipata di ciò che uno potrebbe credere.

Inoltre, data l’unicità di un evento del genere in queste terre, l’occasione era troppo ghiotta per non includere anche il Knut Hamsun Centre di Hamarøy, ubicato in un suggestivo edifico progettato da Steven Holl, nelle terre in cui il leggendario autore è cresciuto. Ovviamente, dato il contesto culturale, qualsiasi commemorazione di questo grande scrittore, premio Nobel per la letteratura nel 1920, non può prescindere dal sottolineare, con iniziative dedicate, le sue simpatie per il nazismo hitleriano coltivate in tarda età. A questa eredità “controversa” (questa la parola utilizzata nel titolo ufficiale), è dedicata una delle prime esposizioni/mostre su Hamsun. Un enorme “disclaimer” (attenzione: questo autore di cui parliamo è stato – anche – un sostenitore del nazismo) che si spera possa aprire la strada ad altre e più approfondite riflessioni sulla sua opera, dall’altissimo valore letterario.

La performance di Ella Marie Haetta Isaksen

Bodø è, infine, una città speciale anche perché fino al 2022 è stata una fondamentale base aerea della Nato e adesso, con il trascinarsi del conflitto in Ucraina, si candida a diventare sede di un comando avanzato delle attività americane nel Nord Europa, in stretta collaborazione con quello di Norfolk in Virginia. Un terzo centro strategico dopo quello di Napoli, per il sud-est, e Brunssum, in Olanda. Chiunque guardi una mappa del Grande Nord e del Mare di Barents troverà facile capire perché si pensa che molti dei caccia F-35 della flotta Nato dovrebbero avere residenza a Bodø nei prossimi anni. Questo, però, creerebbe non pochi problemi al progetto di cui si parla – anche in questo caso, con alcuni malumori – ormai da decenni, di costruire una “nuova Bodø”, una vera e propria seconda città, con sue infrastrutture e un suo aeroporto, oltre a quello già esistente. Progetto che difficilmente coesisterebbe con la ricostruzione di una grande base militare.

Per tutte queste ragioni, insomma, l’anno di questa capitale europea della cultura si appresta ad essere decisamente movimentato. Ma non è forse questo il senso di tali operazioni? Ben venga creare dibattito, confronto, discussione – anche accesa – su temi fondamentali come la rappresentazione delle minoranze, la relazione con il passato di una comunità, le prospettive future in luoghi in cui non è sempre facile progettare, immaginare a lungo termine. È in questi luoghi, a Bodø come a Bad Ischl, che forse ha più senso creare queste fantomatiche capitali europee, che spesso – in altri casi – sono finite per rivelarsi mediocri occasioni di speculazione culturale, in grado al massimo di riempire le tasche dei soliti noti. Perciò, evviva Bodø! O, se preferite, in lingua Sami: Bådåddjo!