“C’era una volta” è l’espressione magica ed emblematica che, più di ogni altra, ci riporta ai racconti che hanno costellato la nostra infanzia. C’era una volta una principessa che perdeva la scarpetta, c’era una volta una bambina che si allontanò nel bosco, c’era una volta un principe imprigionato nelle fattezze di una bestia. Bastava rifugiarsi in quella formula magica per lasciar intendere che i sogni e la realtà potessero essere le due facce della stessa medaglia, e che ognuno di noi, a modo suo, fosse protagonista di una fiaba a lieto fine.
Crescendo abbiamo compreso, però, che la realtà non è così fiabesca e perfetta come ci viene raccontato da bambini, e che per realizzare davvero il nostro lieto fine, dobbiamo essere al tempo stesso protagonisti e antagonisti della nostra storia personale.
È un po’ quello che è stato messo in scena dalla compagnia Okiko The Drama Company, al Traetta di Bitonto, gremito di spettatori. Fiabafobia è il titolo dello spettacolo, che segna il debutto alla regia di Stefania Sannicandro, stretta collaboratrice di Piergiorgio Meola, fondatore della compagnia e direttore artistico. L’efficace sinergia tra i due rappresenta uno dei motivi di forza dello spettacolo, un misto di atmosfere rock e dark fantasy con una trama che fonde, in maniera trasversale, ciò che è bene e ciò che è male, mettendo in scena sentimenti e temi come l’amore, la rabbia, la guerra, i sogni, la luce, l’oscurità, le menzogne e gli incantesimi.
Lo spettacolo, la cui lunga e complessa gestazione risale ai primi del 2017, ha preso forma lentamente grazie al paziente e sapiente lavoro realizzato da Piergiorgio Meola. Protagonista dello spettacolo è l’eterno dualismo tra il bene e il male, declinato sapientemente grazie ad una opportuna scenografia e alle riuscite coreografie, che imprimono alla vicenda un tocco più moderno e rock.
L’ambientazione fiabesca dello spettacolo ha visto in scena, alla maniera di Alice nel paese delle meraviglie, due sorelle, le regine di due regni diversi e lontani tra loro. All’origine della storia c’è lo scontro, l’incomunicabilità che nasce sin dall’infanzia e che porta le due donne, Selena (interpretata da Rosa Masellis) e Grimilde (Alessia Ricciardi), a credere in valori diversi: da un lato il desiderio di un amore ascendente, dall’altro la sua negazione. In realtà, anche nei comportamenti più oscuri e meschini si cela un bisogno d’amore, sia pure annebbiato dall’egoismo, dalla solitudine e dall’apatia. Basterebbe poco, anche solo uno sguardo, per smontare quella corazza di negatività e di odio che ci portiamo addosso.
È proprio attorno al concetto di sguardo che s’incentra il discorso del principe Snow (Piergiorgio Meola), rappresentante del regno dei buoni. E qui entra in gioco la dimensione onirica: sognare un paio di occhi, uno sguardo; quello sguardo che manca al principe Snow, che ha tutto dalla vita, e che tuttavia si sente così incompleto.
In modo diverso, eppure complementare, nel regno oscuro della regina Grimilde, il principe Misha (Giuseppe Visaggi), cresciuto in un mondo stregato e caratterizzato dall’odio, coltiva in sé lo stesso desiderio del principe Snow. Un richiamo interiore, tanto forte e determinante da mettere in discussione ogni certezza dei propri regni; un richiamo così imperioso, quello del vero amore, che rende capaci i due principi di abbandonare i rispettivi regni e addentrarsi nella foresta proibita, per scoprire, finalmente, che in essa non c’è nulla di macabro o malefico.
Abbandonare le proprie certezze, avventurarsi in nuove realtà, rischiare per poter sentirsi vivi: è questa la forza che tutto può. La spinta vitale che rende possibile l’incontro tra i due principi, consentendo finalmente il ricongiungimento di due sguardi. Un richiamo all’amore vero, quello che va oltre ogni limite, in grado di sconfiggere ogni forza del male, e rendere possibile l’incontro tra due sorelle ormai smarrite nell’oblio dell’odio e dell’egoismo.
Fiabafobia porta con sé l’idea che è possibile far convivere realtà diverse dentro la stessa personalit; che il bene e il male possono riuscire a compensarsi se l’uno non prevale sull’altro. Le due regine, che simboleggiano queste due forze contrapposte, sono la dimostrazione che in ognuno di noi esiste un dissidio interiore, il cui esito può condurre al prevalere del bene o del male. Un concetto espresso bene dal titolo stesso dello spettacolo, Fiabafobia, che tradisce ogni aspettativa di chi ha sempre creduto nelle fiabe.
L’obiettivo dell’Okiko The Drama Company è mettere in scena il mondo fiabesco e perfetto che ci è stato proposto da bambini, insieme ad un nuovo elemento perturbante: la paura. Dell’ignoto, dell’avventura e spesso del prossimo. Una paura che rappresenta l’unico e vero ostacolo alla piena realizzazione di se stessi, al tanto agognato lieto fine.
Il contrasto tra forze avverse è stato ben illustrato da una scenografia minimale, utile per i monologhi, e dall’uso intelligente delle luci di scena. A questo si aggiunge la performance della compagnia: Stefania Sannicandro, Selena Rosa Masellis, Alessia Ricciardi, Valeria Summo, Terry La Tegola, Aldo Corrado, Emanuele Licinio, Michele D’Amore, Giuseppe Visaggi, Piergiorgio Meola, Carmen Toscano, Federica D’innella, Stefania Brindicci, Lorenzo Palmieri, Pierluigi Falotico, Magda Marrone, Nico D’Egidio, Andrea Mundo (Power Sound), Michele Masellis (riprese), Anna Veriello e Daniele Visaggi (fotografia), Ele Onighiri e Federica D’Innella (truccatrici) e Luca di Gioia (musiche).
Foto di Arianna Nanocchio.