Dopo il successo dello scorso 15 marzo, la marcia per il clima, global climate strike, torna a dilagare in tutta Europa e nel mondo. Ogni venerdì, migliaia di giovani, per la stragrande maggioranza studenti, si incontrano per manifestare insieme alla giovane Greta Thunberg, paladina della rivoluzione globale in difesa dell’ambiente. A soli sedici anni, Greta ha osato sfidare i leader mondiali, responsabili, con le loro attività, del riscaldamento globale che sta prosciugando le risorse della terra e danneggiando l’ecosistema. “Il caos creato, ancora una volta viene messo sotto il tappeto. Ora, spetta alla nostra generazione sistemare tutto”, era stato l’atto d’accusa rivolto dalla giovanissima attivista svedese, affetta da sindrome di Asperger, alla conferenza dell’Onu sul clima (COP24) svoltasi in Polonia.
Candidata al Nobel per la pace, nelle ultime settimane Greta è tornata a far sentire la sua voce: “la nostra civiltà viene sacrificata per il privilegio di un numero molto piccolo di persone che continuano ad aumentare la loro enorme ricchezza”. Eppure, nonostante gli effetti del cambiamento climatico, che vanno dallo scioglimento delle calotte artiche all’innalzamento dei livelli degli oceani, dalla diffusione di carestie, malattie tropicali e migrazioni umane epocali, passando per l’intensificarsi di fenomeni come desertificazioni e inondazioni, siano palesemente sotto gli occhi di tutti, Donal Trump, che non ha mai nascosto di tenere in bassissima considerazione l’opinione della scienza, ha parlato del cambiamento climatico e del riscaldamento globale liquidandoli come una bufala orchestrata dai cinesi.
Nel gennaio scorso, durante un’ondata di freddo che ha colpito il suo paese, in un Midwest dove il vento soffiava a meno 60° Fahrenheit, il presidente Usa ha twittato che il riscaldamento globale non è altro che una grande invenzione: “Dov’è andato a finire il Global Warming? Per favore torna presto, abbiamo bisogno di te”. Dove sarebbe, cioè, questo riscaldamento globale se le temperature sono così basse? intendeva dire. È evidente – la storia ce lo insegna – che dietro l’esplicita volontà di negare l’evidenza scientifica dei fatti si celano grandi interessi economici, volti a strumentalizzare finanche le condizioni metereologiche per fare propaganda politica.
Tuttavia, abbassare la guardia sarebbe un grave errore, dato che la stragrande maggioranza dei climatologi concorda nel ritenere che stiamo vivendo una “fase terminale” in cui, se non assumeremo subito decisioni drastiche, andremo incontro a trasformazioni catastrofiche dell’ambiente oltre che a rischi gravissimi per l’esistenza stessa del genere umano. Il tempo stringe, bisogna ridurre dell’80% le emissioni di gas nocivi entro il 2030. Un progetto ambizioso ma necessario se vogliamo salvare il pianeta.
Passiamo subito ad ascoltare la voce di alcuni giovani manifestanti che hanno preso parte al secondo global climate strick a Bari, venerdì 24 maggio. Ascoltandoli, è impossibile non accorgersi che l’energia incontenibile e la fede “laica” che animano la loro battaglia hanno un che di straordinariamente “nuovo”: la loro rivoluzione, contrariamente a quelle del secolo da poco trascorso, è postideologica, moderata, graduale proprio in quanto democratica, senza alcun “spargimento di sangue”. Questa generazione “in rivolta” agisce nel rispetto delle regole, sente gravare sulle sue spalle il peso della responsabilità per la propria vita e quella del pianeta che abitano.
Partito da piazza Diaz, il corteo è approdato in piazza Umberto, davanti all’ateneo dove, al termine del percorso, sono stati avviati due tavoli di discussione in cui i manifestanti si sono confrontati sulle tematiche, tra loro sinergiche, dell’urbanistica e della mobilità sostenibile e, insieme, riguardo la gestione del verde pubblico e privato.
“Quasi ogni venerdì partecipo agli scioperi del fridays for future, sollecitata anche dalle notizie che leggo sui giornali o ascolto in tv, oltre a condividere i post sui social; grazie alla pagina instagram del presidio cittadino del fridays sono venuta a conoscenza della manifestazione del 24 maggio. Purtroppo, non sempre i docenti sono propensi a trattare queste tematiche in classe o in assemblee di istituto, laddove, invece, servirebbe una più sistematica campagna di sensibilizzazione, affinché si prenda coscienza del problema e lo si guardi bene in faccia, anziché negarlo per portare acqua al proprio mulino”, afferma Elena, studentessa dell’ateneo barese.
“Già prima della manifestazione dello scorso marzo, è emersa tutta la genuinità della lotta di Greta. Penso che difficilmente in Italia una ragazzina così giovane e carismatica avrebbe potuto, come un fulmine a ciel sereno, squarciare le nostre certezze sul clima diventando in poco tempo, per milioni di giovani, il simbolo della lotta per un pianeta più equo e dignitoso. Non dobbiamo lasciarla sola in questa battaglia, solo se tradurremo la sua azione su scala più ampia realizzeremo un cambiamento radicale. Basterebbe partire da piccoli gesti, quali ridurre l’uso della plastica e sostituirla con borracce”, prosegue Luigia, studentessa del liceo di Scienze umane di Molfetta.
Quando gli esperti parlano di ecologia – non appena ci fermiamo un attimo a riflettere – la percezione comune è che questi ultimi ci stiano solo scaricando addosso un sacco di dati che rimandano a una grande quantità di fatti. Tuttavia, le analisi scientifiche, seppur fondate e oggettive, non sono evidenti di per sé come i codici a barre e, pertanto, i dati ambientali, poiché riguardano fenomeni così complessi, richiedono un’adeguata interpretazione. La consapevolezza ecologica – piaccia o no – sta scuotendo ogni certezza granitica nell’idea antropocentrica che ci sia un’unica scala, quella umana, che comanda su tutte. Ci troviamo nel bel mezzo di eventi traumatici come il riscaldamento globale e l’estinzione di massa. Ma cosa, esattamente, dovremmo fare?
“La nostra generazione sta finalmente capendo che avere una consapevolezza ecologica significa pensare e agire sia eticamente che politicamente su una miriade di scale. Una di queste è proprio la politica, per troppo tempo fedele esecutrice delle direttive degli economisti anziché dei cittadini. Ci sono modi migliori di abitare il pianeta rispetto a quelli che attualmente abbiamo e, forse, non sappiamo nemmeno di viverli già adesso. Per troppo tempo siamo rimasti schiavi di comportamenti ripetitivi, abituali, senza nemmeno accorgercene. È un po’ come se ci accorgessimo di stare davanti al lavandino a lavarci compulsivamente le mani più e più volte, senza avere la minima idea di come siamo finiti lì”, suggerisce Antonella, studentessa del Socrate di Bari.
“È evidente che la soluzione sta nel ridurre le emissioni di anidride carbonica presente nell’atmosfera, ma ci sono anche altri modi per uscire da questa impasse. Per esempio, nelle scuole sarebbe opportuno illustrare che il capitalismo neoliberista è talmente oppressivo e pervasivo da rendere necessaria una grande rivoluzione globale, per smantellare le strutture industriali che inquinano la biosfera con le loro emissioni di CO2, penso alle multinazionali”, propone Giovanni Zaccaria, studente del liceo classico Socrate di Bari.
“Vedere anche oggi tante famiglie e attivisti di vario orientamento, anche religioso, scendere in piazza va esattamente nella direzione opposta rispetto a chi, semplicisticamente, accusa il movimento di Greta di essere inefficace sul piano degli effetti quand’anche massimo su quello della visibilità, cioè di essere una mera arma di distrazione di massa che giova agli interessi dei gruppi di potere economico. Tutt’altro, Greta agisce con le migliori intenzioni in difesa del clima e della Terra, nostra casa comune”, precisa Micaela, anch’essa studentessa del Socrate.
Con buona pace dei negazionisti (e del quotidiano Libero, fra tutti, in testa nell’affermare che ci stanno mettendo in guardia contro qualcosa che non esiste), Sergio Mattarella si è pubblicamente schierato dalla parte dei giovani manifestanti, esortando le istituzioni e la politica a fare altrettanto, seguendo le orme dei leader al di là delle Alpi: “Siamo sull’orlo di una crisi climatica globale, per scongiurare la quale occorrono misure concordate a livello globale. È questo il senso della sollecitazione dell’autunno scorso pubblicamente sottoscritta da alcuni capi di stato europei”, ha dichiarato il presidente della Repubblica in conferenza stampa al Quirinale.
“Sono rimasta meravigliata che nelle università ci siano state poche occasioni di confronto su queste tematiche, poche tavole rotonde e solo qualche conferenza, sarebbe stato necessario un maggiore dispendio di energie, umane e materiali, affinché il corteo fosse molto più partecipato. Solo da un dialogo sinergico tra giovani e politici possono venir fuori concrete proposte di riforme. Sebbene le autorità politiche, da sole, non siano sufficienti a gestire il cambiamento, data la presenza in campo di forti portatori d’interesse (stakeholders), urge avviare la transizione verso un’economia circolare che consenta di connettere macchine ed oggetti, seguendoli nell’intero ciclo di vita”, chiarisce Francesca, studentessa di Biotecnologie.
Benché il nostro paese abbia già un consumo nazionale di materiali tra i più bassi rispetto agli altri Paesi europei e si intravvedano segnali di aumento della raccolta di rifiuti utili per processi di riciclo, ciò di cui l’Italia ha bisogno è un radicale cambio di paradigma nei processi produttivi operando su tutte le fasi, dal disegno dei prodotti al loro uso e riuso. “Al netto di ciò, dovremmo ridurre il consumo di carne da allevamento intensivo, servirci il meno possibile di prodotti usa e getta, ridimensionare i rischi dell’obsolescenza programmata dei nostri dispositivi ecologici, migliorare e incentivare la raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti sono sufficienti per rendere più sostenibile e dignitoso il nostro ecosistema”, continua una studentessa liceale.
“Da settembre scorso, assieme ai miei compagni di classe, abbiamo allestito dei laboratori ecosostenibili, portando in ogni classe bidoni della raccolta differenziata. A prescindere dalle modalità con cui Greta sta mettendocela tutta per contrastare il cambiamento climatico, il nostro appello intende promuovere un gigantesco rivolgimento sociale, poi, una volta conquistato il giusto modo di rapportarci l’uno all’altro nel rispetto reciproco, potremo finalmente dedicarci all’impresa di tagliare le emissioni prodotte anche da noi, oltre che dalle multinazionali. Tra meno di un decennio nulla di ciascuno di noi in quanto individuo conterà, ma quello che avremo fatto avrà enormi conseguenze. È questo il motivo per cui un intervento volto a fermare il riscaldamento globale deve essere collettivo”, conclude Giorgia, studentessa del liceo scientifico Scacchi cittadino, tre le organizzatrici della manifestazione.
Nonostante i numeri dei manifestanti siano risultati inferiori rispetto al 15 marzo (le stime si aggirano sul migliaio di partecipanti), gli studenti promettono di continuare a dar battaglia ogni venerdì assumendosi, come Greta, la responsabilità di una contestazione che sarà sempre più radicale nei giorni, nelle settimane e nei mesi a venire.
Per contrastare l’attuale sistema economico-produttivo dovremo, anzitutto, contestare quella forma di umanità predatoria, estrattiva, egoistica e micragnosa che non sa guardare in grande. In ciò l’esempio straordinario di Greta va supportato e propagato in ogni angolo del pianeta. Prima che sia troppo tardi!