Nell’attuale congiuntura storica, la politica – è triste dirlo ma necessario – non se la passa così bene. Venute meno le grandi tensioni ideali, sociali e utopiche che, a vario titolo, avevano animato la stagione dal secondo dopoguerra al crollo del muro di Berlino (1989), con annessa ingloriosa morte delle ideologie del secolo scorso – comunismo, liberalismo, cattolicesimo – la politica appare oggi sempre più incapace di esprimersi in una dimensione corale. Sembra altresì essersi affievolito il desiderio anche solo di provare a pensare la politica come luogo della decisione rispetto ai meccanismi anomali e autoreferenziali dell’economia, imperanti su tutto il giro d’orizzonte.
Come riattivare, dunque, l’educazione alla politica nel senso letterale di vita “in” e “per” la polis? Su quali basi ripartire per spronare le nuove generazioni alla necessità di realizzare quotidianamente il bene comune? Sono questi alcuni temi che spingono ad avviare una seria riflessione. Per non restare indifferenti allo scorrere del moto storico.
Una riflessione che “Città dell’Uomo”, scuola di formazione politica, promuove con impegno e che ripropone all’attenzione di soci e di quanti ne seguono gli incontri, cercando di eslporare strade e forme sempre nuove. Fondata a Bitonto nel 2008 per iniziativa di alcuni docenti, tra cui Filippo Rucci, Giovanni Procacci, Cecilia Petta, Laura Vitale e Lucia Achille, accomunati dall’impegno civico e dalla forte passione per la politica, l’istituzione ha festeggiato i suoi primi dieci anni.
L’anniversario è stato l’occasione per un bilancio pubblico dell’attività svolta e per una verifica delle ragioni ideali alla base della propria azione, a cominciare dalla riscoperta del pensiero di alcuni maestri, in primis il bitontino Giovanni Modugno, il cui insegnamento ha ispirato la nascita stessa di “Città dell’Uomo”. Noto pedagogista e docente, Modugno fu vicino al Partito socialista e, nei primi anni Venti, strinse con Gaetano Salvemini un sodalizio che durò tutta la vita. Durante il fascismo, denunciati con coraggio gli orrori della dittatura mussoliniana, rifiutò persino la nomina di provveditore agli studi e continuò a perseverare nella sua opera di pedagogista.
Il suo attento sguardo alla carta costituzionale fu profetico, se si pensa che già nei primi anni Cinquanta, un altro grande politico e padre costituente, il giurista Piero Calamandrei, vedeva insinuarsi, nell’animo degli italiani, un duplice sentimento di intorpidimento politico unito a un progressivo svilimento dello spirito patriottico che aveva animato la lotta di Resistenza contro i nazifascisti. Più volte lo statista fiorentino, nei suoi scritti, prese a interrogarsi sull’importanza che la costituzione riveste per la vita del cittadino, al quale sono assegnati diritti e dei doveri da adempiere.
Tuttavia quello che, un tempo, sembrava essere un sentire comune pare oggi cedere il posto allo scetticismo. La costituzione è figlia del passato, una mera espressione di tecnica del diritto, del tutto lontana dalla realtà quotidiana. Questo lo slogan che, da più parti, sentiamo ripetere, a latitudini varie dai mezzi di informazione. Chi proferisce queste parole dimentica che quel documento, frutto del compromesso fra le idee del comunismo e i valori del cattolicesimo, in nome dei quali era stata abbattuta la dittatura fascista, fu scritto con la lungimiranza di chi aveva sofferto la tragedia della guerra.
Del medesimo avviso sono gli organizzatori della scuola di formazione politica. “L’attualità del testo costituzionale è un tema largamente dibattuto, anche se troppo spesso si è inclini a considerare l’aggettivo inattuale, riferito alla Costituzione, come sinonimo di superato”, ha affermato il presidente Filippo Rucci. “Laddove pensiamo si debba ricominciare a discutere di inattualità nel senso di una non ancora effettiva attuazione dei principi costituzionali”, ha chiarito. Diversamente da altri ordinamenti giuridici, la costituzione italiana non è un regolamento statico che tratta gli individui come meri “osservanti” passivi, bensì è stata plasmata allo scopo di suscitare nuove energie e creare coscienze attive, soprattutto nei giovani.
Il messaggio pedagogico di Modugno invita ad accomiatarsi dal rigido prescrittivismo dottrinale e costituisce, semmai, uno sprone anzitutto per le nuove generazioni a partecipare attivamente alla vita cittadina, ma anche per gli educatori, affinché, “non si astengano dal fare una savia opera di bonifica civile, destando nell’animo degli alunni il proposito di fare miglior uso della libertà politica”. La libertà di manifestare il proprio pensiero e la libertà di coscienza, diritti riconosciuti nel nostro ordinamento costituzionale, costituiscono, per l’appunto, il perno attorno al quale ha ruotato la decennale attività di “Città dell’Uomo”.
La scuola, “apartitica” ma non certo “apolitica”, intende educare i giovani all’impegno sociale e politico sulla base dei valori fondanti della costituzione. In tempi sempre più aridi e intorpiditi dalla noncuranza e dal disinteresse per le sorti comuni, l’attività formativa di “Città dell’Uomo” s’impone come necessità ineludibile per orientare i giovani nella comprensione della multiforme realtà del mondo contemporaneo, rendendoli protagonisti di un cambiamento concreto, nel segno degli stessi principi costituzionali.
La peculiarità del programma di incontri presentato da Città dell’Uomo per il biennio 2018/19 è che gli studenti, provenienti da vari licei cittadini, grazie all’ausilio dei propri docenti, potranno interloquire direttamente con personalità chiave del mondo politico e intellettuale del panorama nazionale, esprimendo il loro parere sulle tematiche che saranno oggetto del percorso: dalla crisi della democrazia alle nuove forme di partecipazione all’informazione, dall’analisi della carta costituzionale ad alcune figure storche di assoluto rilievo per la storia bitontina, come Vincenzo Rogadeo.
Quale bussola migliore per orientarsi nella tempesta delle grandi e sempre più rapide trasformazioni che stanno investendo la nostra contemporaneità, che non la conoscenza approfondita e meditata della carta costituzionale? Solo pensando quest’ultima come una mappa di valori condivisi, capaci di forgiare l’identità culturale e civile di un popolo, la politica potrà riconquistare un ruolo nella formazione della coscienza nazionale.