Quella voglia mai sopita per le canzoni su vinile oggi è un film

"Vinilici. Perché il vinile ama la musica", il primo documentario dedicato all'antico ma mai superato supporto per le note, fa tappa al cinema Galleria di Bari

Negli ultimi tempi li ritroviamo, sempre più spesso, come parte integrante dell’arredamento, tra il vintage e l’innovativo. Parliamo dei vecchi dischi in vinile, che capita di scorgere sui tavoli di un lounge bar, utilizzati come originali sottopiatti. In altri casi troviamo pareti e pavimenti tappezzati da storici 33 giri o dalle loro indimenticabili copertine. A testimonianza dell’indiscusso valore artistico che ha da sempre circondato questo storico supporto musicale, sopravvissuto allo scorrere del tempo e all’affermarsi delle nuove tecnologie. Ne sono convinti Nicola Iuppariello e Vincenzo Russo, autori del primo film dedicato al mondo del disco in vinile, uscito di recente nelle sale cinematografiche.

Nell’esclusivo calendario di proiezioni in tutta Italia, anche una tappa al Multicinema Galleria di Bari. In occasione del “Vinyl Day”, il documentario di Iuppariello e Russo, “Vinilici. Perché il vinile ama la musica”, è stato mostrato ai numerosi collezionisti dei mitici 33 giri e agli appassionati di musica.

Con un’attenta regia dallo stampo visibilmente narrativo, firmata da Fulvio Iannucci, il film, attraverso le testimonianze di musicisti, autori, collezionisti, audiofili, venditori, sociologi e appassionati, ripercorre la storia di un’icona: il disco. Ad introdurre una platea di ‘nostalgici’ spettatori in questo affascinante mondo, un talk che ha preceduto la proiezione regalando al pubblico simpatici aneddoti raccontati da tre esperti. Carlo Chicco, dj, conduttore radiofonico e giornalista, Cesare Veronico, coordinatore di Puglia Sounds, Giovanni Verini Supplizi, proprietario del negozio di dischi Wanted Records, nonché autore del libro “Bassa fedeltà”, hanno condotto i presenti fra i loro ricordi legati al vinile.

Ad esempio, il primo disco, ricevuto in regalo a 9 anni, nel ’78 da Carlo Chicco era l’esordio dei Police e da quel momento ascoltare un vinile è divenuto per lui un “momento riflessivo”. Dopo aver poggiato il disco sul piatto, si avvicinava la puntina, la musica iniziava a girare e si ascoltava il primo e poi il secondo lato. Un vero e proprio rituale che partiva addirittura dall’arrivo del disco ordinato. “Era incelofanato -racconta Veronico- e il segreto per aprirlo era strisciare la copertina sui jeans in modo da rompere leggermente quella pellicola”.

E da quel momento si veniva rapiti dall’odore del vinile, un odore inconfondibile per i veri collezionisti. Perché attorno a quel disco nero cha al suo interno contiene tracce musicali c’era un mondo fatto anche di odori, rumori, colori, immagini e testi, che lo rendeva simile a un libro. Lo sottolineano in “Vinilici” Elio e le Storie Tese per i quali “il vinile andava anche letto e non solo ascoltato”. In effetti, le copertine dei 33 giri erano vere e proprie opere d’arte affidate, spesso, a nomi quali Andy Wharol, autore della celebre banana ritratta sull’album dei Velvet Underground. Hanno prodotto copertine di grande valore anche collaborazioni come quella fra Damien Hirst e The Hours o tra Salvador Dalì e Jackie Gleason. E se il fronte del disco presentava fotografie, ritratti o disegni rimasti nell’immaginario collettivo, come quello del disco “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles, il retro della copertina era da leggere tutto d’un fiato. Informazioni e dettagli su testi, autori, musicisti, disegnatori da cui si veniva catturati.

Sarebbe difficile, dunque, non essere d’accordo con Carlo Verdone quando, intervistato all’interno del docufilm, dichiara che “il vinile resterà sempre un oggetto pieno di poesia”. Come dargli torto! Persino le nuove generazioni se ne stanno rendendo conto.

Carlo Verdone con la sua grande collezione di dschi in vinile

A settantanni esatti dalla nascita del mitico supporto, la pellicola girata da Iannucci indaga sul ritrovato interesse per la musica incisa sui dischi di vinile, acquistati oggi da una nuova schiera di appassionati di ogni età. Sono molti i giovani dj che preparano con cura la cosiddetta ‘borsa’, scegliendo dalla propria collezione i dischi che faranno girare in quella serata e che andranno a comporre la loro selezione musicale.

Un altro rituale che lega al vinile anche le nuove generazioni, rendendolo sempre più un oggetto contemporaneo. Su questo ritorno ad un passato che appare tutt’altro che anacronistico nell’attuale panorama musicale, si sofferma il documentario partendo da Napoli, originaria capitale del disco in Italia. Gli spettatori si ritrovano all’interno della Phonotype Record, tra le prime case discografiche al mondo ad avere un autonomo stabilimento per la fabbricazione di dischi. Ricco di emozioni l’incontro, a quarant’anni di distanza, tra Fernando Esposito, ultimo erede della storica famiglia proprietaria della Phonotype, e Bruno Venturini, icona della canzone napoletana nel mondo.

Tanti i volti noti che hanno dato un contributo a questo originale lavoro cinematografico oltre quelli già citati. Renzo Arbore, Claudio Coccoluto, Mogol, Red Ronnie e tanti altri raccontano, davanti a una telecamera, la magia che si crea quando quella puntina del giradischi sfiora il vinile. Una magia che non è svanita e dalla quale si viene avvolti entrando in un negozio di dischi, come quello che la giovanissima Simona Burini ha ereditato da suo nonno. Un luogo unico, macchina del tempo per riscoprire un passato intramontabile “viaggiando” tra scaffali pieni di vinili, perché, alla fine, far girare dischi è un po’ come girare il mondo, un mondo racchiuso in trentatrè giri ma fatto di mille sfumature.