Vienna applaude la sua musica ma Adriano vuole suonarla “a casa”

Giovane studioso e musicista bitontino, Morea regala una messe solenne alla chiesa di Rodaun e rivede per l'Accademia delle Scienze austriaca i testi latini della liturgia

Chissà se tre anni fa, quando da Bitonto si trasferì a Vienna per insegnare italiano agli studenti delle superiori e proseguire lo studio dell’organo, Adriano Morea confidasse nel fatto che la sua musica sarebbe un giorno risuonata nella città di Mozart, Beethoven, Strauss, Mahler, Schubert, Brahms e Haydn.

Nella capitale musicale per antonomasia, che tanto aveva apprezzato, secoli addietro, il genio di un suo illustre concittadino, Tommaso Traetta, che qui scrisse Ifigenia in Tauride, considerata una delle sue opere più belle.

Chissà se avrebbe mai immaginato poi, che rispondendo a un annuncio della Bergkirche di Rodaun, sobborgo di Vienna, in cerca proprio di un organista, si sarebbe ritrovato a suonare, per puro caso, nella stessa chiesa in cui con molta probabilità andava a pregare Hugo von Hofmannsthal, scrittore, poeta, drammaturgo e librettista (la collaborazione più importante fu quella con Strauss) cui aveva dedicato la tesi di laurea, vissuto appunto a Rodaun.

Rodaun Bergkirche
La Bergkirche di Rodaun

Eppure tra mirabolanti combinazioni del caso, personale intraprendenza e, ovviamente, impegno e talento, è proprio quello che è successo al nostro Adriano. Assieme a tanto altro.

Il 24 giugno, giorno di San Giovanni, nella Bergkirche – questa chiesetta barocca, costruita tra il 1739 e il 1744, dove un secolo prima si recava quasi certamente il poeta-librettista al centro del suo lavoro di tesi, uno che nelle sue Terzine sulla caducità scriveva che “siamo fatti della stessa materia di cui s’intessono i sogni” – Adriano si è sentito per la prima volta in vita sua un vero musicista.

Adriano Morea
Adriano Morea (al centro) con parte del coro che ha contribuito all’esecuzione della sua Rodauner Messe

Venticinque minuti di musica sacra, divisa in sette parti. Non aveva mai scritto così tanto, né tantomeno qualcuno aveva eseguito in pubblico una sua composizione così lunga e articolata. E a proposito di fatalità. La Rodauner Messe, questo il titolo dell’opera, che esplicita, rispettosamente, il debito e il legame con questo quartiere della periferia viennese, prende forma dalle canne dell’organo del primo Novecento, in un giorno speciale per la comunità di Rodaun, dato che San Giovanni Battista è il santo cui la Bergkirche è dedicata.

Organo Bergkirche Rodaun
L’organo all’interno della chiesa

Oltre ad essere la sua passione primaria, la musica aiuta dunque Adriano a inserirsi nella società viennese già di per sé spiccatamente aperta all’integrazione, oasi di multiculturalismo all’interno di una nazione che chiude le frontiere, più che spalancarle, e non brilla particolarmente per l’apertura allo straniero, soprattutto tra i cristiani praticanti.

Questo, stando, almeno, a una ricerca condotta da Pew Research su 15 Paesi europei tra l’aprile e l’agosto del 2017, che vede il 54% di chi va a messa almeno una volta al mese auspicare una riduzione del numero di immigrati nel proprio Paese.

Numeri che, è bene precisarlo, sebbene si riferiscono comunque ad un Paese in cui la destra xenofoba ha indiscutibilmente un grande potere, non riguardano tanto la capitale ma piuttosto le zone più periferiche e rurali e risentono perlopiù dell’avversione per i migranti musulmani. Adriano assicura di non aver mai subito alcun tipo di discriminazione. Del resto parla perfettamente il tedesco, con tanto di accento austriaco, e i viennesi hanno un debole – così ci racconta – per gli italiani.

Di certo Vienna gli ha offerto opportunità che in Italia avrebbe faticato a trovare. Come la possibilità di vedersi riconosciuto un compenso per l’esecuzione dei brani musicali che accompagnano le messe domenicali. Mentre nel Bel Paese ci si affida, infatti, nella stragrande maggioranza dei casi, a volontari non retribuiti (salvo in duomi e cattedrali delle città più grandi), in Austria è normale corrispondere una somma tra i venti e i venticinque euro circa per funzione. Adriano riesce così a procurarsi un sacrosanto guadagno facendo ciò che ama e ad arrotondare gli introiti delle lezioni private di latino, italiano e greco (in ordine decrescente di alunni che a lui si rivolgono), con cui si guadagna da vivere, mettendo a frutto il suo diploma in organo e la sua laurea in lettere classiche.

Proprio grazie alla sua approfondita conoscenza del latino, ultimamente ha ricevuto una proposta di collaborazione da parte della Österreichische Akademie der Wissenschaften, il corrispettivo austriaco della nostra Accademia dei Lincei. Il professor Robert Kludseder gli ha affidato, infatti, la revisione della bozza di un testo, un liber ordinarius, categoria di testi contenenti tutte le indicazioni utili ad una istituzione religiosa per espletare i propri servizi alla comunità. Questo include canti, letture e preghiere per le liturgie, ma anche istruzioni ben precise sulle modalità e i tempi di svolgimento di riti e cerimoniali.

Un incarico prestigioso, conclusosi a giugno, che è rientrato nell’ambito del progetto di ricerca denominato “Cantus Network”, finalizzato a ricostruire lo sviluppo della liturgia e delle sue forme musicali, di cui i libri ordinari sono appunto le principali fonti di trasmissione, nella provincia metropolitana di Salzburg, attraverso la digitalizzazione dei testi, resi così più disponibili, fruibili, durevoli, confrontabili e suscettibili di analisi, approfondimenti e rappresentazioni, le più disparate.

Nel frattempo continua a studiare musicologia all’università di Vienna (dovrebbe laurearsi tra febbraio e aprile) e direzione del coro e composizione di musica sacra al conservatorio diocesano di St Pölten, dove sta inoltre approfondendo lo studio dell’organo sotto la supervisione di Ludwig Lusser, uno dei migliori organisti austriaci.

Un musicista d’eccellenza, appartenente a una lunga tradizione che fa capo ad Anton Heiller, concertista d’organo stimatissimo, parte di una triade – assieme all’italiano Luigi Ferdinando Tagliavini e alla francese Maria Claire Alain – che contribuì enormemente, soprattutto grazie al ruolo dell’accademia di Haarlem, dove si ritrovarono tutti e tre ad insegnare, a formare i migliori esecutori europei del secondo dopoguerra.

Vienna, insomma, ha dato tanto ad Adriano. Tantissimo. E continua a farlo. Eppure, ci confida, se si liberasse un posto da organista a Bitonto, non esiterebbe a tornare.

Perché lasciare un luogo dove tutto funziona come dovrebbe, per tornare lì dove invece le cose fanno fatica ad assumere la loro luce migliore? Gli chiediamo. “Perché sono partito con l’idea di continuare a formarmi, ma con la precisa intenzione di tornare per mettere le mie competenze al servizio della mia città”, risponde convinto Adriano.

Un’utopia? Forse. Eppure, in una terra che presenta un saldo spaventosamente negativo tra cervelli che vanno e cervelli che vengono, la prima rivoluzione di cui abbiamo bisogno è proprio quella del ritorno a casa. Con la speranza che, nel frattempo, quella casa si attrezzi sempre più per scoraggiare i rischi di dispersione.

Nella foto in alto, Adriano Morea all’organo durante un concerto nella Chiesa dell’Annunziata a Bitonto