La musica indipendente, più nota come “indie”, è la colonna vertebrale della produzione italiana. Con i canali principali riservati alle poche facce note (solo in parte dotate di un buon background perché fiondate sulla scena mediatica da strabordanti talent), la stragrande maggioranza delle idee di cantautori e musicisti è posizionata in questa nicchia discografica.
Si tratta di autori e compositori che compiono passi silenziosi ma pesati; artisti che si fanno apprezzare dalle orecchie allenate di schiere di appassionati. E in quegli spazi esclusivi si ritagliano ambiti di affiatamento.
Lo ha riconosciuto Paolo Benvegnù, cantante e chitarrista milanese, nel momento in cui ha ringraziato il pubblico del Corvo Torvo a Bitonto. Una sintonia quasi tangibile si è creata tra artista e pubblico, quello che si può definire “selezionato” e non, certo, per le dimensioni del contenitore musicale.
L’ex voce degli Scisma, band gardesana di alternative-rock, attiva alla fine del secolo scorso, è stato l’ultimo ospite del ricco cartellone organizzato dal noto ritrovo bitontino, chiudendo in bellezza una rassegna che ha toccato più generi musicali. Il cantautore milanese, col solo ausilio della chitarra acustica, è riuscito nell’intento di eseguire i suoi brani, scritti sulle corde del rock, in una situazione unplugged, attraverso la sua poderosa timbrica vocale.
D’altronde, Benvegnù è un artista di razza, uno di quelli da centinaia di concerti in Italia e all’estero, e vanta collaborazioni con Stefano Bollani, David Riondino, Manuel Agnelli degli Afterhours, Marina Rei, Petra Magoni. La sua firma è nelle canzoni interpretate da Mina, Irene Grandi, Giusy Ferreri. Alla sua carriera di songwriter si affianca la produzione artistica di gruppi emergenti, non solo italiani. È sufficiente sfogliare le pagine della sua biografia per capire che il talento musicale non è merce da vendere alla massa ma qualità che raggiunge chi dà peso alla lettura oltre che all’ascolto.
Più volte insignito di prestigiosi riconoscimenti per la sua produzione indipendente, Benvegnù ha un trascorso denso di musica dal vivo, ma anche di differenti sperimentazioni artistiche, che spiegano la poliedricità nascosta dietro la sua veste da rocker. “Io e il mio amore”, “Cerchi d’acqua”, “Quando passa lei”, “Interno notte”, sono solo alcuni dei titoli più noti tratti dai suoi album da solista “Piccoli fragilissimi film”, “Le labbra”, “Hermann”, “Earth Hotel”, “H3+”, pubblicati dal 2004 al 2017.
Nell’intimità del concerto acustico, Benvegnù ha espresso il senso dei suoi messaggi, dal più diretto al più celato, senza sconfinare, seguendo di pari passo, nello svolgimento dello spettacolo, gli accenti delle sue composizioni. Nei cromatismi vocali e nei fraseggi chitarristici, si è colto il gusto della canzone d’autore che ogni volta acquista un sapore tutto suo, al di là del genere prescelto per darle corpo. Per questo, la durezza dei testi si può sciogliere nell’armonizzazione di una melodia e quel tema ripetuto può lasciare, in lievi graffi, l’eco di riflessioni profonde.
Sicché, la sensazione che rimane impressa all’ascolto di Paolo Benvegnù è forse nell’inesplicabile forza che emettono i suoi brani, un’energia che allo stesso tempo attrae e distanzia. Perché l’atto creativo è nella continua contrapposizione di due poli, in ogni aspetto della vita. E magari è proprio questo il senso che l’autore vuole esprimere nel ritornello di una delle sue più note canzoni, “Il mare verticale”, ispirata all’omonimo libro di Giorgio Saviane: “lascio che le cose passino e si sfiorino senza toccarsi”.