Dal centro storico al quartierino, una Nuova Era per Rosemarie

Tra ricerca della qualità e promozione dei giovani talenti, rinasce nei nuovi spazi la galleria della Sansonetti, riferimento sicuro per l'arte a Bari e oltre

Eccellente e raffinata artista barese, gallerista lungimirante da trentacinque anni, Rosemarie Sansonetti ha inaugurato, da qualche tempo, la nuova sede del suo Museo Nuova Era – Galleria d’arte contemporanea (clicca qui) nella strada San Giorgio Martire 9 a Bari. Attività da sempre indipendente e innovativa, tra le più vivaci e prolifiche della città.

Delicata come poche ma anche audace pioniera, Rosemarie promuove l’arte intesa come espressione indiscussa del sé, naturale espansione del proprio codice etico-estetico sollecitato da silenzi, attese, intuizioni accorte. Scevra da retoriche nostalgie, Sansonetti esprime, anche in questa scelta, una ferma armonia tra pragmatismo e levità poetica, eco di un inesauribile valore artistico, visione trascendente e creatività induttiva, metafora del suo stesso progetto evolutivo.

La Nuovaera è il titolo della collettiva con cui è stata inaugurata la nuova sede. Uno spazio che segna una delocalizzazione significativa, dal centro storico al “quartierino”, una zona della città dallo spiccato temperamento artistico. Osmotica alchimia tra architettura industriale e storia culturale del luogo espositivo, per uno spazio quantomai promettente, aperto al passaggio e alla dinamica interconnessione tra scenari ancora inesplorati e investigazione rassicurante. Una nuova sfida fortemente sostenuta da una sensibilità tutta al femminile nel gestire risorse spesso risicate, in un settore in cui esperienza pregressa, sintonia d’intenti e ambizione gentile hanno segnato la via. Abbiamo chiesto a Rosemarie le motivazioni alla base di una scelta così ardita.

Da cosa è scaturita l’dea di trasferire la galleria dal cuore della città ad una zona in via di riqualificazione, sia pure connotata da una marcata disposizione artistica?

Le motivazioni sono molteplici e di varia natura. Intanto, ritenevo conclusa l’esperienza legata all’attività ormai ventennale nel centro storico, dove pioneristicamente la galleria si era voluta connettere con un tessuto sociale e urbanistico ricco, all’epoca, di tutta una serie di peculiarità, in realtà perse e diluite nel tempo, espressione di un’inclinazione composita e articolata.

Non certo un esperimento semplice nè facile, considerato il particolare contesto…

Sì è vero. L’ambiente era, come si potrebbe dire, “spinoso” e piuttosto complesso. Poi con il Piano Urban si è dato il via alla nuova vita del centro storico, divenuto progressivamente il fulcro della città, dal punto di vista turistico. Ciò che, in realtà, ha comportato la perdita delle peculiarità proprie di quel luogo. Insieme a questa motivazione, ci sono poi i limiti insiti alle caratteristiche architettoniche della vecchia sede, che ha vincolato per anni gli allestimenti e gli indirizzi. Per non dire dei problemi legati alla logistica organizzativa… La ricerca di un nuovo spazio che offrisse altre caratteristiche, a vocazione più internazionale e contemporanea, si era fatta per me urgente. La scelta era, dunque, ricaduta su aree industriali e periferiche. L’incontro e la felice congiunzione tra conformità degli ambienti e interesse strategico della collocazione urbanistica si è felicemente sposato con l’acquisizione dell’attuale spazio espositivo, che per sua natura coniuga tutte le mie nuove esigenze. L’ipotesi di sviluppo strategico della città oltre la ferrovia e sull’asse dell’estramurale, riconnettendo tutta una serie di realtà che vanno dall’Accademia di belle arti, in via di allestimento presso l’ex Caserma Rossani, il Conservatorio, il Teatro Kismet e la nuova viabilità, pone in posizione cruciale la nuova galleria rispetto al grande e interessante sviluppo urbano. Inoltre, le caratteristiche della nuova sede permettono progetti più articolati, stimolanti, complessi e di più grande respiro.

Rosemarie, tu da sempre promuovi la qualità senza mai cedere ai compromessi. Come dialoga questa tua personale narrazione dell’arte contemporanea con il pragmatismo imprenditoriale?

Il profitto non è mai stato il fine ultimo della mia attività. Ho sempre seguito quelle che erano le mie naturali inclinazioni, prediligendo la ricerca di affinità e qualità delle relazioni e dei rapporti umani, che negli anni, spontaneamente, si sono sono arricchiti e consolidati. Altro principio guida è stato la considerazione sul valore della ricerca individuale dei singoli artisti, che doveva affermarsi non solo e al di là dei miei gusti personali, ma per il suo intrinseco pregio e merito. Questo orientamento mi ha permesso di fondare collaborazioni con altri spazi affini in Italia e in Europa, caratterizzati spesso dall’essere anch’essi guidati da artisti. Questo legame tra arte e vita, arte e lavoro è per me assolutamente imprescindibile. Mi ha guidato come valore fondante in tutta la mia attività.

Si può dire che la tua ricerca, insieme alla qualità, sia orientata da un’esigenza di carattere sociale?

Ho sempre portato avanti il progetto di uno spazio che fosse radicato nel tessuto sociale e artistico della città. Che guardasse ad una partecipazione sociale e culturale dal valore inclusivo. con particolare attenzione ai giovani talenti e alle ricerche del territorio, declinate nei vari linguaggi – musica, performance, fotografia, letteratura – in una visione multidisciplinare dell’arte. Ma con l’aspirazione di porsi al di là di uno sguardo localistico, prediligendo un respiro sovrannazionale. Un lavoro in progress che possa annodare le trame di futuri sviluppi. Le economie funzionali a questo sistema gestionale, grazie ad un meccanismo legato alla collaborazione e allo scambio paritetico, mi hanno consentito di compiere scelte in assoluta libertà e autonomia. Ciò che in realtà mi rende particolarmente felice e soddisfatta.