Quanto è bello il silenzio di una condivisione emozionale sul palco di un piccolo teatro un giorno d’autunno? Quanto coinvolgono le note di un pianoforte acustico che accompagnano la voce che fuoriesce dall’anima senza filtri, magari un po’ stonata dalle emozioni, che grida le ingiustizie o sussurra i sogni anziché le paure?
Non ci sono parole in grado di descrivere l’atmosfera che si crea durante il Cantautori Bitontosuite, premio dedicato alla canzone d’autore che quest’anno celebra la sua undicesima edizione. Un appuntamento diverso dal solito, unico, dopo la lunga pausa causata dalla pandemia e la difficile ripartenza, ma sempre coinvolgente nonostante la veste ridotta all’essenziale. Perché l’importante è esserci, dare un segnale, dimostrare che c’è ancora tanta esistenza e resistenza artistica che pullula, freme sotto il gran rumoreggiare dei media e il consumo continuo e indifferente dei prodotti commerciali, le modulazioni artificiali del canto come un aspetto necessario dei tempi, una scelta in linea coi nuovi linguaggi, per quanto incomprensibile.

Ancora una volta il premio è stato utile a gettare la maschera degli schermi, affinché chi scrive canzoni possa presentarsi così com’è, con le proprie fragilità sorrette dalla forza interiore delle idee, dal fluire incessante dell’estro creativo. E i cantautori non temono certo di mettersi a nudo nel tentativo di gettare un ponte salvifico tra loro e il pubblico ancora desideroso di sentimenti veri e parole pesate.
L’edizione 2023 di Cantautori Bitontosuite, dunque, si è proposta come nuovo punto di partenza per un cammino solo sospeso, giammai abbandonato. Come sempre nell’esclusivo spazio del Teatro Traetta, con la direzione artistica curata da Savino Valerio, l’evento, affidato allo storico presentatore Pierluigi Auricchio, è stato caratterizzato da classe e misura, incentrato quasi esclusivamente sulle opere musicali inedite selezionate tra quelle giunte da ogni parte del paese. Una sola data, senza selezioni dal vivo e una premiazione diretta a fine spettacolo. Un singolo passo gettato per non cadere in un ingiusto dimenticatoio, mantenendosi sempre in equilibrio sul filo della sobrietà e offrendo un’opportunità di ascolto agli artisti che hanno ancora sogni e ispirazione, fiato e speranze.
Merito del Comune di Bitonto e del sindaco Francesco Ricci, intervenuto a ribadire il proprio convinto appoggio alle varie forme di cultura, inserite nella Rete dei festival anche per gli anni a venire. Così come non si può non citare il sostegno di Radio 00, Graflab, Corvo Torvo, La libreria del teatro e Power sound, sempre puntuali nel partecipare e sostenere iniziative di questo genere.
Sul palco, oltre agli strumenti musicali, le opere pittoriche di Cecilia Mangini, come foglie di un albero che vive nell’humus della bellezza, ritagliata in un luogo sospeso nel tempo che viviamo, bombardato da messaggi e cronache di violenza, follia e distruzione.

A presiedere la giuria tecnica Carmine Migliore, chitarrista noto per aver accompagnato importanti nomi della musica italiana. L’eclettico musicista campano è stato, inoltre, componente dei Collage e dei Romans, ha pubblicato un album da solista e un interessante saggio musical-filosofico sulla musica jazz. Al suo fianco, l’esperto Mauro Gasparre, veterano del premio, e Aldo Scaringella, direttore artistico del concorso La nota d’oro di Corato, consolidato trampolino per giovani emergenti. Una seconda giuria, come da tradizione, quella composta dai giornalisti: oltre il sottoscritto, per Primo piano, Mario Sicolo direttore del Da Bitonto e Viviana Minervini di Teleregione, sempre preziosi e presenti a questi appuntamenti. Il premio della critica è assegnato per tramandare la memoria di Giuseppe Traetta, il talentuoso musicista bitontino scomparso in giovane età, e mira a trovare sottolineare le performance di un artista che, trascendendo gli aspetti meramente tecnici dell’esecuzione dei brani, sveli valori innati e talvolta celati durante l’esibizione. Così quest’anno il riconoscimento è andato al diciottenne Simone Bonaccorso di Catania, forse ancora alla ricerca di una propria identità ma già portatore di un’anima artistica sfaccettata e promettente.
La vincitrice assoluta, con votazione unanime dei giurati tecnici, è stata invece Nancy Pepe di Altamura. La sua personale versione del brano Mediterraneo dell’indimenticato Mango avrebbe meritato più di un premio speciale, qualora contemplato. Tuttavia, anche gli altri quattro finalisti sono risultati a loro modo degni di segnalazione per il solo fatto di essere stati selezionati per la serata conclusiva: Lucy Pedone con le sue parole in difesa delle donne vittime di violenza, Anna Nanni, autrice ironica ed essenziale di testi mai banali, Serafico per le sue storie graffianti come la sua voce, e Giacomo Viscomi che ha ritmato accordi di pregnanti ballate.

A completare la serata, gli ospiti Milena Torrielli in arte Namile, accompagnata da Savino Valerio al pianoforte, e Sasà Calabrese, vincitore assoluto della precedente edizione del festival. L’artista originario di Castrovillari, oggi impegnato in numerosi progetti musicali e teatrali in giro per l’Italia, ha arricchito l’atmosfera finale della kermesse portando sul palco, oltre al suo brano, anche vere pietre miliari di autori italiani. E il suo canto in Nessuna voglia di fare il soldato di Ivano Fossati e Felicità di Dalla ha certamente regalato momenti di pura poesia e coronato l’incanto di un evento a cui auguriamo vita lunga per regalare ancora una dimensione “protetta” ai racconti musicati del nostro giovane cantautorato.
Nella foto in alto, la vincitrice del festival Nancy Pepe con, a destra, Savino Valerio e, a sinistra, Carmine Migliore