Le “api” dell’alveare marziano studiano al Politecnico di Bari

La tesi di laurea del team "Archimars" è il primo progetto di un modulo autosufficiente, ispirato al nido degli insetti e destinato a scienziati terrestri

Viaggiare e abbandonare la monotonia della vita quotidiana visitando posti nuovi, e spesso sconosciuti, manca un po’ a tutti: tra i tanti sacrifici a cui siamo chiamati da un anno a questa parte, l’emergenza sanitaria ci ha privati anche della bellezza del viaggio e della scoperta. Al momento, infatti, l’unica possibilità per tentare di apprendere qualcosa in più su lingue, tradizioni e culture differenti dalle nostre è sfogliare le pagine web su pc e smartphone. Non che prima non ci fosse questa possibilità – sia chiaro – ma oggi la tecnologia è davvero l’unico mezzo a nostra disposizione per poter immaginare di abbandonare, momentaneamente, la realtà di tutti giorni e tuffarsi nell’avventura.

La Terra e sullo sfondo Marte

Se poi la Terra non ci basta più, ecco pronta la soluzione: “affacciarsi” su altri pianeti. Marte, per esempio, che da alcuni anni a questa parte risulta molto più “vicino” alla nostra realtà rispetto al passato, benché – ovviamente – la distanza che ci separa dal pianeta rosso resti comunque lunga. Ciò che, tuttavia, ci consente di definire Marte più prossimo ai terrestri sono le numerose scoperte scientifiche che, negli ultimi anni, hanno permesso agli umani di apprendere tante informazioni in più sulla sua genesi e sulle sue caratteristiche. Basti far riferimento alla missione “Mars 2020”, che poco più di un mese fa ha visto approdare Perseverance, robot ideato e relizzato dalla Nasa, sulla sua superficie con l’obiettivo di cercare qualsiasi traccia che possa comprovare una possibile presenza di vita sul pianeta. Per di più, oggi, sperare di raggiungere l’obiettivo di un primo insediamento umano su Marte non è più fantascienza, bensì un’ipotesi sempre più realistica.

Un gruppo di sei studenti del Politecnico di Bari ha recentemente effettuato uno studio approfondito sul tema, che ha portato alla stesura di un’innovativa tesi di laurea in architettura. L’idea di base dei neodottori deriva dall’utilizzo delle risorse e dei materiali (regolite) presenti su Marte. Ciò, infatti, rappresenta lo strumento fondamentale per la progettazione e costruzione di strutture permanenti e semipermanenti sul pianeta rosso, ma anche sulla Luna. Il team di studenti, denominato Archimars (vedi il video), ha proposto, nel proprio lavoro, un progetto fattibile, permanente e autosufficiente per un avamposto ibrido di classe 2 (strutture al di fuori della superficie) e classe 3 (integrato con elementi gonfiabili e solidi prefabbricati, sia per elementi pressurizzati che per infrastrutture).

Mezzi impegnati nella costruzione della base marziana

Nel dettaglio, il loro studio si sofferma sul concetto di integrazione di strutture prefabbricate e abilitate con il fine di creare una vera e propria infrastruttura scalabile che sia in grado di supportare la vita umana in superficie. Per di più, l’esercizio accademico ipotizza addirittura una data ponderata per vedere l’opera in fase di allestimento: il 2066. Questo anno non è scelto a caso: difatti, i sei neodottori hanno tenuto conto del fatto che la prima missione spaziale dell’uomo su Marte è prefigurabile attorno al 2030.

Per ridurre i costi di missione, e il carico di lancio dalla Terra, diversi rover automatizzati prepareranno l’area del sito prima dell’arrivo dell’equipaggio. Successivamente, dopo la fase di esplorazione del sito scelto, i robot di superficie automatizzati procederanno con la raccolta del materiale, la lavorazione e la costruzione delle principali infrastrutture, comprese le piste e le strade. Il villaggio, ipotizzato dai sei studenti, è denominato Hive Mars (alveare marziano) e il suo nome deriva dalla conformazione geologica del sottosuolo ‘’a nido d’ape’’ del luogo prescelto, Hellas Planitia, oltre che dal principio di aggregazione dei moduli abitativi, che riprendono la figura geometrica esagonale tipica di un alveare, e dal principio fondativo del design dei rovers automatizzati che si ispira proprio agli insetti terrestri, in particolar modo alle api.

I moduli ideati per la stazione su Marte

Il primo nucleo dell’habitat è composto da tre cupole autoportanti e interconnesse, costruite con regolite marziana mediante produzione additiva, e dotate di un nucleo gonfiabile e pressurizzato che ospita i Sistemi di controllo ambientale e di supporto vitale (ECLSS) preintegrati e l’infrastruttura interna. Uno skylight tronco-piramidale, posto sulla sommità del nucleo prefabbricato, invece, garantisce la giusta quantità di luce naturale, proteggendo l’habitat interno dalle radiazioni e dagli impatti dei micro-meteoriti.

L’interessante e dettagliato studio è stato condotto da quattro giovani pugliesi, iscritti al Politecnico di Bari (Alessandro Angione di Molfetta, Federica Buono di Valenzano, Ivana Fuscello e Isabella Paradiso di Andria) e da due studentesse bosniache (Mirha Vlahovljak e Hana Zečević) provenienti dall’Università di Sarajevo e che hanno scelto di proseguire e concludere il proprio percorso accademico all’ateneo barese, dopo aver effettuato un’esperienza didattica di due anni nel capoluogo grazie al progetto Erasmus. Relatore Giuseppe Fallacara, professore associato presso il Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria Civile e dell’Architettura, coadiuvato dall’architetto Vittorio Netti, specializzato in ingegneria spaziale.

Panoramica dall’alto dei moduli autosufficienti, oggetto della tesi di laurea del team Archimars

La tesi di laurea dei sei neolaureati diverrà presto un libro e rappresenterà sicuramente un piccolo, ma importante, contributo per lo sviluppo del dibattito sulla Space architecture nel nostro Paese. Grazie al lavoro di quattro giovani conterranei, e di due colleghe bosniache, la distanza che separa la Puglia da Marte oggi si è “ridotta”. E chissà, magari, un giorno non molto lontano il progetto del team Archimars potrebbe diventare realtà, così da permettere a una piccola rappresentanza di terrestri di insediarsi stabilmente sul pianeta rosso e avviare un processo di colonizzazione rivoluzionario nella storia dell’umanità.

Nella foto in alto, il team Archimars: da sin. Isabella Paradiso, Mirha Vlahovljak, Alessandro Angione, Giuseppe Fallacara, Federica Buono, Ivana Fuscello, Hana Zečević