I vari accordi tra l’Università di Bari e alcune istituzioni di Israele sono stati al centro dell’incontro svoltosi recentemente tra gli studenti e il rettore, Stefano Bronzini. L’ateneo barese, come molti altri nel paese, ha all’attivo una serie di intese con l’industria bellica, la marina militare e le università israeliane.
Dopo l’attacco da parte di Hamas, il governo di Netanyahu sta portando avanti un tentativo di genocidio del popolo palestinese. Ad oggi le vittime palestinesi sono oltre 30.000, in maggioranza bambini e donne. La velocità con cui la popolazione della striscia di Gaza viene trucidata non ha precedenti: in cinque mesi di attacchi i civili massacrati sono il doppio di quelli in Ucraina. Per non dire di quanti muoiono per fame, a causa degli ostacoli posti da Israele agli aiuti umanitari.
L’università di Bari fa parte del comitato scientifico di Med-Or, la fondazione che fa capo a Leonardo spa, azienda attiva in ambito aerospazio, difesa e sicurezza. Inoltre, diversi dipartimenti hanno stretto una serie di accordi con le istituzioni israeliane. Accordi rintracciati dall’associazione giovanile comunista Cambiare Rotta e pubblicati in un dossier, dopo un lungo e meticoloso lavoro (leggi qui).
“Poco dopo l’inizio del genocidio palestinese – spiega Antonella De Renzo, studentessa di filosofia e attivista di Cambiare Rotta – ci siamo chiesti quale fosse la posizione politica della nostra università nei confronti di Israele. Attraverso un lavoro di ricerca sul sito ufficiale di Uniba abbiamo notato che l’ateneo, e i suoi diversi dipartimenti, hanno all’attivo diverse collaborazioni con l’industria bellica.”
“Prima della nostra contestazione del 19 dicembre scorso, rivolta al senato accademico – prosegue – gli accordi e le varie collaborazione dell’università erano più facilmente rintracciabili sul portale. Ma negli ultimi tre mesi è diventato più difficile individuarli. Riteniamo ci sia stata una vera e propria operazione di insabbiamento di quelle intese”.
Florena Zermo, altra attivista di Cambiare Rotta, chiarisce che, in realtà, non è difficile rintracciare i vari protocolli di accordo dell’università sui siti delle diverse fondazioni, come quello della Deas, azienda italiana di cyber – security. E, pertanto, prendere posizione nei confronti dell’ateneo barese.
“Ci è sembrato opportuno rendere consapevoli gli studenti della responsabilità morale del genocidio della nostra università, utilizzando la nostra voce sia attraverso i canali social sia con il nostro attivismo all’interno dell’istituzione accademica. Un’opera di sensibilizzazione per la quale abbiamo subìto denuncia io e altri cinque attivisti dell’associazione davanti al Politecnico di Bari. Eravamo lì per parlare della situazione in Palestina, in modo del tutto pacifico. Non avevamo un megafono ed eravamo solo in sei, eppure siamo stati denunciati dalla Digos per manifestazione non autorizzata. Non abbiamo creato disagi, dato che il Politecnico quel giorno era chiuso e non abbiamo intralciato il traffico. Nonostante questo, la nostra attività non si è arrestata e non si arresterà”.
E prosegue: “Abbiamo deciso di interpellare il rettore Stefano Bronzini perché, nonostante le nostre sollecitazioni non accennava a dare spiegazioni in merito alle evidenze da noi sollevate. E di fronte al silenzio perdurante, abbiamo deciso di contestare il senato accademico riunitosi nel dicembre scorso. Tengo a sottolineare che noi non siamo un’organizzazione interna all’università, per cui è ancora più difficile ricevere ascolto. Tuttavia portiamo avanti le istanze di tutti quegli studenti – e sono molti – che non si sentono rappresentati dalle altre associazioni. A seguito della nostra contestazione, Bronzini ci ha concesso di portare in senato le nostre istanze: abbiamo dunque contestato gli accordi con Israele e abbiamo chiesto un confronto pubblico del rettore con tutta la comunità studentesca”, dichiara Florena.
Dopo questa contestazione agli studenti di Cambiare Rotta è stato proposto di svolgere l’incontro con il rettore in forma privata, e non pubblica come era stato chiesto in senato. Proposta rifiutata dai giovani dell’associazione. Da qui una nuova contestazione del senato accademico, il 19 febbraio.
“Solo dopo che Marina Caldarulo, una nostra compagna, si è incatenata all’ingresso degli uffici del rettorato, Bronzini ci ha concesso disponibilità per un confronto pubblico che si è tenuto nei giorni scorsi. In quella giornata il rettore ha annunciato l’abbandono della Med–Or, aprendo alla possibilità di ritirarsi dagli accordi. Una soluzione che, tuttavia, dovrà essere discussa dalla prossima assemblea del senato accademico.”
Un fatto è certo: siamo di fronte ad un grande attivismo da parte degli studenti. I giovani di Cambiare Rotta sono riusciti, per primi in Italia – proprio in questi giorni anche gli studenti di altre università, come quelle di Bologna e Torino, stanno seguendo l’esempio barese – a far pronunciare il rettore sulle collaborazioni con Israele e a rendere il luogo della cultura per eccellenza della regione protagonista di un significativo atto politico più che mai necessario di fronte al genocidio del popolo palestinese.
Quello che fa specie, tuttavia, è l’assenza delle altre associazioni studentesche. Non è a loro che va ascritta questa importante conquista né il lavoro di informazione e di sensibilizzazione in questi mesi tra i corridoi dell’ateneo, senza contare i numerosi cortei, eventi, incontri organizzati da Cambiare Rotta, che porta avanti altre istanze, come ad esempio la protesta contro il caro-affitti, ormai da due anni.
In realtà, ci si aspettava che il motore di questa lotta importante fossero Link, Studenti Indipendenti e Universo Studenti. E comunque, è quanto mai necessario che ci sia collaborazione e unione tra le associazioni interne ed esterne all’università se si vuole davvero svolgere un’attività politica onesta e incisiva e, soprattutto, dalla parte degli studenti.
Nella foto in alto, l’incontro tra il rettore Bronzini e gli studenti di “Cambiare Rotta” nell’atrio dell’università