A Tokyo nel 2020 sarà inserito tra le discipline olimpiche. Il presidente del comitato internazionale, Thomas Back, ha infatti spiegato che l’introduzione di nuove attività sportive ha l’obiettivo di avvicinare alle olimpiadi anche i più giovani. Lo skateboard è tra queste.
Sono una trentina i giovanissimi bitontini che praticano o, meglio, cercano di praticare questo sport, nato per puro divertimento in California negli anni ’50. Si tratta dell’applicazione su terra del surf.
Il mare mosso è sostituto da tutti gli ostacoli presenti sul suolo, da superare rimanendo in bilico su quattro ruote montate su cuscinetti sotto una tavoletta di strati d’acero, resistentissima.
Cinque di questi ragazzi li incontro in piazza Santi Medici, il luogo storico delle loro performance: hanno un’età che varia dai 14 ai 23 anni. Sono studenti delle scuole superiori e universitari e, tra loro, c’è anche un fumettista. Gli chiedo di dimostrarmi cosa sanno fare e, allora, si sbizzarriscono sulla piazza con vari movimenti: si chiamano trick e fanno saltare la tavoletta con loro sopra, in aria.
Ci sono anche cadute rovinose, cui seguono risalite e discese ardite ma a Davide Manciucca, Francesco Cortese, Alessandro de Palo, Michelangelo Napoli e Michele Coviello, questo poco importa. Chiusi nelle loro felpe a girocollo, magari col cappuccio in testa, volteggiano, volano, fanno roteare la santissima tavoletta e sferragliare le rotelle a velocità incredibili.
Poi salgono sui gradoni della piazza per riscendervi planando fragorosamente sul pavimento, o saltano l’ostacolo di un cartone, ritrovando, dopo un volo lunghissimo, incredibilmente, l’equilibrio. Il rumore è molto forte ma la vertigine è assicurata.
In realtà, non sono visti granchè bene dalla gente intorno. Sono considerati pericolosi fracassoni e molti, oltre ad evitarli, li cacciano magari a suon di sganassoni. Ma loro insistono e si allenano con determinazione. Michelangelo, uno degli skaters più scafati, si è classificato primo ai campionati regionali di San Giovanni Rotondo e tra i primi dieci a quello nazionale di Cesena.
Hanno bisogno di spazio, un’area attrezzata dove potersi allenare e gareggiare in sicurezza per se e per gli altri. La soluzione sarebbe uno skate park, uno spazio fornito di varie strutture per il freestyle. In alcune città vicine, le piste per lo skateboard sono già una realtà, come a Monopoli di fronte al mare.
L’amministrazione comunale, in realtà, venendo incontro alle loro richieste, ha inserito la struttura nel progetto di riqualificazione delle aree di via Berlinguer. La promessa c’è, l’intenzione pure, ma i ragazzi sono stanchi di aspettare e vorrebbero sicurezze sulla sua realizzazione. Sono disposti anche a partecipare alla sua progettazione, affiancando i tecnici.
Praticando lo skate sanno quello che serve e cosa no, quale materiale sia utile per far scivolare quelle quattro rotelle e permettere loro di volteggiare con i trick (le diverse manovre) quali ollie, out off, flip, hardflip, che consentono rotazioni, evoluzioni, salti e scarti.
A seguirli c’è l’insegnante Catia Rossiello, a cui tocca difenderli da tante accuse. Angela dice che Davide, suo figlio, impazzisce per questo sport: “Lo skate ce l’ha nel cuore ma io ogni volta che esce di casa sto in ansia. Un giorno mi ha detto che devo rassegnarmi perché grazie a questo sport ha incontrato dei ragazzi che sono diventati i suoi migliori amici”.
Per un certo periodo il gruppo degli skaters ha utilizzato i cortili del “Maria Cristina”, dove ha conosciuto tanti ragazzi extracomunitari, ospiti dell’istituto, che raccontavano la loro storia, le loro ansie, i loro sogni. Questi contatti sono serviti per capire quanto sia sbagliato avere pregiudizi e chiusure. Ma gli allenamenti al Maria Cristina sono poi finiti.
Ora serve uno skate park, uno spazio idoneo. Intanto i giovani continuano a volteggiare sulla piazza di fronte alla basilica dedicata ai Santi Medici. Le porte della chiesa sono spalancate per la festa dei santi e la gente comincia ad arrivare. Intimorita, attraversa la zona, cercando di scansare questi “angioletti rumorosi” che vorrebbero soltanto volare qualche centimetro più su, verso il cielo.