Esistono ricerche e studi per cui una comunità civica davvero non può che essere grata. Scritti che riconducono una storia collettiva al dato più inossidabile: quello della verità, persino la verità dei numeri. Cifre tragiche e particolarmente drammatiche come quelle che, con grande merito, lo studioso Arcangelo Siragusa riporta nel volume dal titolo “I caduti bitontini della Grande Guerra. Un’indagine di censimento nel centenario del loro sacrificio”.
Si tratta, come si intuisce, di un testo che fa luce, per quel che è possibile, sul triste dato quantitativo relativo ai bitontini scomparsi durante la prima guerra mondiale. Ma è un libro che, però, cerca di superare ampiamente la dimensione di computo per approdare ad un esito che impone il comunitario dovere della memoria. Il libro (arricchito dalle foto d’archivio di Italo Maggio e da immagini artistiche, a firma di Mario Moretti) censisce ben 413 caduti bitontini durante la “Grande Guerra”.
Un dato che fa tremare. Si pensi ai giovani sogni interrotti, alle esistenze violentemente infrante, ai dolori impareggiabili dei congiunti. La pubblicazione presenta nei dettagli le fasi belliche e il rispettivo ruolo al fronte dei bitontini. Tantissime le curiosità sulle sorti dei concittadini impegnati in guerra. Le famiglie, i luoghi dove caddero, le cause dei decessi, i giorni statisticamente più funesti.
Un lavoro capillare. Eppure, non c’è la tentazione della storia locale o microstoria ma si avverte il respiro truce della grande storia che in quei frangenti fu un’immane tragedia. Cenni anche sui monumenti ai caduti del nostro territorio. Un plurale necessario e doloroso, se si pensa all’assenza di un monumento a Mariotto e il tristemente noto vulnus a Bitonto dopo la distruzione, negli anni del fascismo, del bellissimo monumento di Filippo Cifariello.
Il libro di Siragusa copre un vuoto e riconsegna al cittadino un dovere della memoria che non è e mai dovrà essere un fatto di retorica. Ritornare, nome per nome, a quei concittadini del passato, la cui vita fu falciata negli anni migliori significa non soltanto rendere il giusto onore agli avi ma, soprattutto, evitare di recidere quel filo coi loro sogni.
Di solito, si pensa ai volti del passato e si intravedono gli occhi dei nostri nonni. Siragusa ha ricordato i volti di chi non ha potuto essere padre, figurarsi nonno. Il punto è sentirsi figli di questi nostri “progenitori”. Ecco il filo. Un libro così aiuta.