Quando piazza cattedrale era il centro della vita pubblica a Bitonto

Una lettura dell'evoluzione della platea cittadina, arricchita dalla testimonianza di viaggiatori dell'Ottocento sulle orme dell'architettura svevo-normanna

Storicamente la piazza rappresenta lo spazio pubblico nodale per lo sviluppo urbano di un determinato centro, non solamente dal punto di vista urbanistico e architettonico, ma anche da quello economico, sociale e funzionale. È il luogo per riunioni, spettacoli, cerimonie, processioni nonché scambi e attività commerciali. Insomma, è il simbolo della storia di quella comunità. 

Dalla costruzione del duomo tutto ciò si è condensato in Piazza Cattedrale, lo spazio urbano per eccellenza della città di Bitonto; chiamato Platea Pubblica in passato, rappresentava il fulcro della città antica. Il termine platea che deriva dal latino “platĕa” sta ad indicare appunto “piazza”. Questo luogo nel tempo ha subito delle trasformazioni; la sua conformazione era diversa da quella attuale: uno spazio di risulta determinato solo dall’isolamento del monumento principale, la Cattedrale, quindi un vuoto urbano non progettato secondo un disegno preordinato.

Pianta redatta dall’ing. Michele Masotino

La piazza alla fine dell’Ottocento doveva apparire sicuramente più equilibrata per la presenza di alcune fabbriche, poi demolite, che contribuivano a definire la forma trapezoidale del luogo, stretta e molto allungata, assecondando peraltro precise visuali prospettiche e scenografiche.  

Non ci è dato sapere quale fosse la configurazione della Platea Pubblica dopo la costruzione della Cattedrale, perché non ci è pervenuto nessun materiale cartografico e iconografico, salvo qualche descrizione in alcuni documenti storici. Conosciamo, invece, l’aspetto ottocentesco della piazza grazie ad alcune piante storiche della città antica, tra cui quella redatta dall’ing. Michele Masotino, che riportano edifici ora non più esistenti.

È interessante, comunque, la lettura sull’evoluzione di questo spazio urbano, secondo un ordine cronologico, in relazione alla Cattedrale e ad altre strutture successive che hanno modificato e ridefinito la sua forma, oltre alla testimonianza di viaggiatori che nell’Ottocento, sulle orme dell’architettura svevo-normanna, sono stati di passaggio nella città di Bitonto.  

IL RAPPORTO TRA CATTEDRALE E PIAZZA

Per quanto riguarda la Cattedrale non ci sono documenti e cronache antiche che ci indicano con esattezza l’epoca della sua fondazione. La prima notizia certa dell’esistenza di un vescovo bitontino, secondo le fonti, è del 1089.

La realizzazione del duomo, comunque, è avvenuta in un contesto storico in cui si è verificata la rinascita della città. In questo periodo la popolazione sparsa nelle campagne ritorna a vivere nella città, che riceve un notevole slancio, non solo dal punto di vista economico, ma anche urbanistico, iniziando ad assumere una configurazione urbana più definita. 

L’edificio viene costruito, secondo il modello della basilica di San Nicola di Bari, a partire dalla metà dell’XI secolo, considerando l’omogeneità delle strutture e della decorazione più antica, e verso la fine del XII secolo doveva presentarsi forse già concluso, completo anche di torri campanarie. 

Molto probabilmente doveva essere preceduta da un pronao, un portico antistante, come attestano i segni d’imposta degli archi sui pilastri della facciata, che in realtà non è stato mai costruito. Oltre l’ingombro volumetrico che si sarebbe creato sul sagrato, questo elemento avrebbe cambiato totalmente la visione e la percezione della facciata. 

Il rapporto del fronte sud della Cattedrale con la piazza, invece, non è stato sempre lo stesso. La facciata è scandita da sei arconi che pareggiano la sporgenza del transetto, e cinque di questi sono stati, per diverso tempo, tamponati dall’esterno per ricavare cappelle gentilizie all’interno. 

Il primo arcone ad essere tamponato, a partire dall’inizio del 1300, è stato quello più prossimo alla facciata principale, per ricavare una cappella intitolata a San Nicola. Creato il precedente, di seguito alcune famiglie nobili via via fecero chiudere gli altri, ricavando delle cappelle nelle quali inserire il proprio santo protettore.

L’unico arcone rimasto libero era quello prima della transetto, che contiene la cosiddetta “Porta della Scomunica”, dal quale il 27 settembre 1227 Papa Gregorio IX avrebbe scomunicato Federico II. L’immagine della facciata, quindi, è stata per tanti secoli piatta e priva di effetto chiaroscurale, ben diversa da come possiamo apprezzarla ora. Con i restauri del 1933, ad opera dell’ing. Luigi Sylos, gli arconi sono tornati allo stato originario e in essi sono stati collocati i resti di alcuni sepolcri e gli arredi marmorei che arricchivano le cappelle interne.

Sempre sulla facciata a mezzogiorno, la mancanza dell’originaria torre campanaria fa sentire meno la tensione verticale sulla piazza, pari a quella che crea l’altra sul cortile del Vescovado. Il campanile ha subito varie vicissitudini sempre di natura statica. Nel 1484 viene mutilato per pericolo di crollo. Ricostruito nel 1491, secondo il modello dell’altro, è definitivamente demolito nel 1565 ancora per minaccia di crollo. Attualmente oltre il transetto è visibile una parte tronca, ma fino a qualche tempo fa, come si evince dadiverse immagini, vi era un piccolo campanile a vela. 

Alla fine del Settecento è stato costruito davanti alla facciata principale il plancheto,il recinto con i due varchi di accesso, che da una parte ha definito una sorta di sagrato e dall’altra, frammentando ulteriormente lo spazio urbano, ha determinato dal punto di vista percettivo una forma più precisa della piazza.  

IL RAPPORTO CON LE ALTRE STRUTTURE E L’USO DELLA PIAZZA

La disposizione del lato frontale alla Cattedrale di questo recinto risulta poco chiara senza l’esistenza della Chiesa della Misericordia, che fino all’inizio del Novecento era presente nella piazza e che a fine Ottocento assieme ad un altro corpo di fabbrica definiva la piccola Piazzetta della Misericordia

Questo edificio di culto, secondo una tendenza tipica del periodo medioevale di molte parrocchie a disporsi a coppia, da un lato e dall’altro di un’antica strada, fronteggiava la Chiesa di Santa Maria de Iudicibus o della Scala, ovvero il vecchio Purgatorio, ove vi era il culto di Santa Maria del Suffragio prima della costruzione della nuova chiesa.

La Chiesa della Misericordia

La Chiesa della Misericordia viene eretta nel 1414 in segno di ringraziamento alla Madonna dopo un lungo periodo di siccità. Interdetta al culto per mancanza di manutenzione nel 1857, è demolita nel 1905, secondo quel principio estetico, abbastanza discutibile, dell’isolamento degli edifici monumentali. 

L’unico elemento che si è conservato di questo edificio di culto è il portale cinquecentesco addossato alla facciata del Palazzo De Lerma, sulla quale comunque risulta tutt’ora leggibile, in maniera evidente, la sagoma del volume della chiesetta, con gli spioventi del tetto piuttosto accentuati, attraverso la differenza della patina sulle pietre, tra quelle più bianche e le altre brunite, oltre che da alcune parti cementate a primo piano.

La piazza oltre ad essere definita dalla Cattedrale e da una cortina di edilizia semplice, tra il Cinquecento e il Settecento, si è arricchita di nuove quinte architettoniche mediante la costruzione di palazzi nobili, che stabiliscono un rapporto differente con il Duomo, restituendo allo spazio urbano una maggiore qualità. 

Palazzo De Lerma

Il primo ad essere realizzato, al posto dei vecchi magazzini dell’Università, è Palazzo De Lerma. La sua facciata, maestosa ed austera, con un portale classicheggiante, si raccorda a quella principale della Cattedrale per mezzo della Loggia delle benedizioni, sotto il quale anticamente passava una strada. I due piani superiori in origine avevano le finestre, alterate poi nel Settecento con l’aggiunta di balconi, per adeguarsi al gusto dell’epoca. Fino a qualche tempo fa, invece, un’altana disposta sul terrazzo, in corrispondenza della Chiesa della Misericordia, dominava la piazza.

Nel Seicento viene costruito Palazzo Franco-Spinelli-Regna, la prima fabbrica della città ad essere concepita con i balconi, che già nel Settecento subisce delle variazioni. Del fronte rivolto verso la piazza, il corpo più arretrato costituisce la quinta architettonica più significativa del palazzo, concepita come fondale alla Platea Pubblica, mentre l’altro, quello sporgente e più anonimo si raccordava ad un volume ora non più esistente.

Infine, Palazzo Giannone-Alitti che attualmente fronteggia il fianco sud della Cattedrale con una semplice facciata, di certo non pensata per una residenza di tipo nobiliare, forse perché la fabbrica era legata, attraverso una struttura voltata, ad un’altra costruzione successivamente demolita.  

Il Palazzo Giannone-Alitti, infatti, era separato dalla “Platea Pubblica” per mezzo di una strada, “Via dei Molini”, proseguimento di Via Robustina, ed un isolato, ossia gli Edifici dei Molini, costituito da un corpo edilizio stretto e lungo che da un’estremità si raccordava idealmente al volume sporgente di Palazzo Franco e dall’altra definiva, con Chiesa della Misericordia, l’omonima piazzetta. 

L’isolato costruito dall’Università nel 1601 era composto da 16 grandi ambienti sotterranei, su cui sono stati costruiti dopo magazzini e botteghe. Nel Settecento ceduto a privati, viene interamente sopraelevato, per poi essere abbattuto nel 1882 dall’intervento di diradamento urbano ad opera dell’ing. Michele Masotino. 

La  demolizione degli “Edifici dei Molini” rende oggi incomprensibile la posizione decentrata nella piazza della Guglia dell’Immacolata, che nel frattempo era stata costruita: un elemento architettonico isolato che una volta s’imponeva sul vuoto urbano, dalla forma allungata, come simbolo della centralità dello spazio. 

La guglia è stata realizzata dopo un devastante terremoto che nel 1731 colpì l’area del barese. I danni molto limitati a Bitonto rispetto alle aree limitrofe, spinsero i cittadini ad innalzare quest’opera votiva in segno di ringraziamento.

L’obelisco è opera dell’architetto Vito Valentino, che riprende, in fase oramai tardo-barocca, alcuni motivi borrominiani nel disegno della struttura, evidenti soprattutto alla base, dove lesene ruotate secondo la diagonale di un quadrato sono raccordate da parti curve. Essa si eleva, restringendosi, su quattro ordini tra loro diversamente modulati e si conclude con la splendida scultura in bronzo dell’Immacolata.

La Platea pubblica inizia ad essere luogo per l’attività mercantile e di scambio quando l’area in cui storicamente si svolgeva il mercato viene ceduta all’Ordine dei Domenicani, per la costruzione del convento. Da quel momento in poi la piazza incomincia ad affollarsi su tutti i margini di numerose botteghe, divenendo la Platea rerum venalium, ovvero la Piazza del mercato.

Intorno alla fine del Cinquecento sulla piazza cominciano a trovare posto i grandi magazzini per il deposito delle derrate, fino a raggiungere un livello tale di densità, che solo verso la metà del Seicento il centro delle attività commerciali tende ad estendersi nelle strade, che partono dalla piazza e vanno sulla via verso porta Baresana: nascerà così Via dei Mercanti.

Questa vocazione della piazza come luogo adibito a mercato si è conservata nel tempo come testimonia la presenza dei banchi lapidei in tante foto datate inizio Novecento, fino alla costruzione del mercato coperto realizzato nella piazza davanti alla chiesa di Sant’Egidio tra il 1928 e il 1930.  

ILLUSTRAZIONI E RACCONTI DI VIAGGIATORI

La prima vista d’insieme che rappresenta la Cattedrale e la piazza, anticipando le foto in bianco e nero degli Alinari e di tanti altri autori sconosciuti, è la straordinaria incisione di Victor Baltard, l’architetto de “Les Halles”, il grande mercato coperto di Parigi. Vincitore del Prix de Rome, Baltard appena sposato, inizia nel 1833 il suo soggiorno romano presso Villa Medici, che finisce nel 1838. Qui stringe un rapporto fraterno di amicizia col pittore Jean Auguste Dominique Ingres, che diventa suo grande consigliere, nominato nel 1835 direttore dell’Accademia di Francia.

Sotto suo suggerimento, infatti, accetta la proposta del Duca di Luynes, che era alla ricerca di un abile disegnatore, per un viaggio in Puglia e Basilicata sulle tracce dell’architettura normanna anteriore al 1280. 

Il viaggio si compie nel 1836 e tra aprile e luglio Baltard esegue il disegno, pubblicato però solo nel 1844, raccolto insieme ad altri, che illustrano castelli e cattedrali federiciani, nel catalogo “Ricerca sui monumenti e sulla storia dei Normanni e della casa di Sveva nell’Italia meridionale”. La pubblicazione è curata dallo stesso duca di Luynes, i testi sono affidati allo storico A. Huillard-Bréholles e i disegni sono di Victor Baltard.

L’architetto illustra mirabilmente e con dovizia di dettaglio lo stato in cui si trovava a quel tempo la Cattedrale e lo spazio urbano antistante: gli arconi tamponati, gli elementi per il recupero dell’acqua piovana ad essi addossati, l’esaforato senza tetto, il campanile ancora esistente con una terminazione piramidale e quello demolito con una piccola vela con l’orologio sottostante. 

Il sagrato, definito dal plancheto, si presenta come un podio con pochi gradini, di seguito eliminati dall’intervento di restauro del 1959, quando il livello interno della pavimentazione della Cattedrale viene abbassato e portato al suo stato originario. Il passaggio sotto la Loggia delle Benedizioni risulta murato, mentre sulla facciata di Palazzo De Lerma, in una nicchia, campeggia una Madonna che adesso non c’è più. 

La piazza, invece, è ravvivata da traini carichi di mercanzie, da donne con ceste cariche di frutta o ortaggi, da altre figure e da un gruppo di persone che sembrano assistere, di lato all’obelisco, ad uno spettacolo. 

La scrittrice Janet Ross e l’architetto Victor Baltard

Interessante è anche la brevissima narrazione della scrittrice Janet Ross riportata nel suo libro “The land of Manfred”, pubblicato a Londra nel 1889. Giornalista del Times dal 1863 al 1867, e grande appassionata di arte medievale, nel 1884, soggiorna come ospite, assieme al pittore Carlo Orsi, presso Villa Leucàspide, una tenuta di Manduria appartenente a Giacomo Lacaita, un politico italiano, conosciuto a Londra, al quale l’autrice dedica il libro. 

Durante questa permanenza, prima della Settimana Santa, compie un viaggio in compagnia del pittore e dello stesso Lacaita, toccando nelle varie tappe tutti i centri legati a Federico II e a suo figlio Manfredi. In una di queste giornate mentre sono di ritorno sull'”ottimo tranway” a Bari, da Ruvo, passano per Bitonto.

La scrittrice in coda al suo racconto cita anche la cronaca dello storico locale Matteo Spinelli da Giovinazzo, il quale descrive il passaggio del corteo funebre in piazza Cattedrale in occasione del trasporto del feretro di Federico II da Foggia a Taranto dove viene imbarcato per Messina e trasferito a Palermo.

Oggi la conformazione di Piazza Cattedrale è meno articolata. Lo sgombero delle costruzioni già descritte ha alterato l’equilibrio dello spazio urbano, migliorando da un lato la godibilità della Basilica, eliminando dall’altro l’effetto sorpresa della visione. 

Nell’operazione di diradamento è prevalso il concetto di monumento isolato, ossia dell’emergenza architettonica capace da sola di manifestare l’identità e il carattere di un luogo, un’idea alla base di una certa cultura francese già in voga nell’Ottocento. Peccato! Sarebbe stato più affascinante, invece, tener conto di quel pensiero boitiano, più italiano, che si stava affermando in quegli stessi anni, che pone l’attenzione più verso “l’ambiente”, ampliando il concetto stesso di monumento, estendendolo agli episodi circostanti.

Recentemente la piazza è stata oggetto di un intervento di risistemazione della pavimentazione. Per diverso tempo questo luogo era stato segnato da un’isola rialzata che permetteva tutt’intorno la mobilità veicolare. Con il nuovo intervento si è accorpato il suolo della piazza all’edificio della cattedrale, eliminando quel senso di rotatoria alla circolazione, lasciando il passaggio carrabile solo dalla parte che costeggia Palazzo Giannone-Alitti, sulla continuazione di Via Robustina, recuperando per certi versi quello che era il sedime di Via dei Molini.