C’è qualcosa di profondamente affascinante nel viaggiare tra i paesi dimenticati delle nostre aree interne, del Sud o meno che sia. Ogni volta che mi avventuro in uno di questi piccoli centri, sento come se stessi sfogliando le pagine di un vecchio libro di storie, un libro scritto con la pietra e l’anima delle persone che hanno vissuto lì per secoli.
È un’esperienza e, in quanto tale – caso mai serva specificarlo ancora – va oltre il semplice turismo: un’immersione totale nelle radici culturali e storiche dell’Italia, un viaggio che mi permette di riscoprire la semplicità. Di recente, un ritorno lucano interno, in particolare a Calvello e Fardella, scoperte e riscoperte che hanno lasciato un segno. Due centri del potentino non vicini tra loro, dove sono capitato in diverse ma coincidenti occasioni. Calvello è in Val d’Agri, Fardella nel Pollino lucano.
Ogni borgo da queste parti ha una propria identità unica, forgiata da secoli di storia, tradizioni e, tante volte, leggende. Questo viaggio nel tempo permette di sentire un legame profondo con persone che non ci sono più e luoghi che esistono e resistono. Nella personale esplorazione della Basilicata, il Parco Nazionale del Pollino si è rivelato da sempre un vero tesoro. Tra montagne e vallate, qui s’incarna perfettamente il valore del viaggio tra i paesi.
Calvello accoglie col silenzio armonico di un nucleo che risente del suo inserimento perfettamente paesaggistico, in un senso più che integrato all’ambiente circostante. Origini romane, tuttavia ogni angolo di questo paese sembra raccontare una storia, una sua vicenda che ci dice qualcosa.
La Chiesa di San Giovanni Battista, quattrocentesca nei primordi, con le sue opere d’arte sacra, è un vero gioiello architettonico ed invita da par suo alla riflessione. E le botteghe artigiane dove si producono ceramiche? Colori vivaci e motivi tradizionali, una tradizione che si tramanda da generazioni e che rappresenta una delle eccellenze del territorio.
Calvello è incastonata nella Val d’Agri, area che oltre al petrolio conserva siti archeologici di notevole interesse, quello di Grumentum su tutto, territorio della cittadina di Grumento Nuova. Nel parco archeologico di Grumentum i resti di una delle più grandi città romane della Regio III: Lucania et Bruttii. Originariamente un piccolo insediamento lucano alleato di Roma, fondato all’inizio del III secolo a.C., fu attraversato da Annibale durante la seconda guerra punica quando si schierò con i Cartaginesi, come descritto da Livio. La città fu poi rifondata come colonia romana e da quel momento in poi dotata di tutti i monumenti tipici delle città romane, modellati sull’esempio dell’Urbe. Attualmente, il sito rappresenta un raro esempio in Basilicata di un impianto urbano romano ancora chiaramente visibile.
Tra le altre testimonianze archeologiche, imponente l’anfiteatro, uno dei più antichi in muratura. Situato strategicamente ai margini orientali della collina, offre una vista mozzafiato sul lago di Pietra del Pertusillo, nel cuore del Parco nazionale dell’Appennino Lucano. Visitare Grumentum permette di apprezzare pienamente la stretta relazione tra archeologia e natura, tra paesaggio e cultura.
Abbiamo accennato al petrolio ma, in realtà, non è materia di questo articolo, il che non toglie che se ne possa, debba parlare. Qui pensiamo, piuttosto, ad una regione, la Lucania, che racconta storie millenarie, dalle tracce della civiltà antica del popolo stesso dei Lucani fino ai Romani e poi, in realtà, fino a quelle tradizioni rurali che hanno costruito l’ossatura di un territorio, quella più credibile e ravvisabile, raccontata nel Novecento da pittori e poeti come Rocco Scotellaro e Luigi Guerricchio. Un qualcosa che ancora oggi vive e si avverte in tutti questi piccoli paesi. È proprio la radice dei tempi che senti battere, la storia che si fa riconoscere.
E poi c’è il Pollino, dove c’è Fardella, piccola piccola. Paesino che conquista con la sua atmosfera intima. Collocato in posizione panoramica, offre viste spettacolari sulle montagne circostanti e sulla valle sottostante. Il labirinto è suggestivo. La Chiesa di Sant’Antonio, semplice ma ricca di spiritualità, è un punto di riferimento per la comunità locale. Nel centro antico, il Palazzo De Donato suggerisce la rilevanza storica dei luoghi.
A Fardella, il piacere di assaporare piatti tradizionali a base di funghi e castagne, che celebrano i sapori della terra e la stagionalità del tempo e del lavoro agricolo. Del resto, il Pollino risveglia i sensi. Calvello e Fardella sono, allora, due perle di questa terra lucana e remota, due piccoli mondi che, con le loro peculiarità e il loro fascino discreto, permettono una riconnessione anche e soprattutto con la natura.
Non mancano, infatti, boschi d’attorno, con in altura anche chiese e piccoli sacelli antichi, dove potersi fermare, pensando a chi lì li volle, alle volontà di questi uomini semplici d’Appennino. E sì, il viaggio tra i borghi ed i paesi – chiamiamoli come vogliamo – non è solo presumibile fuga dal caos; è un ritorno alle origini, un modo per riscoprire dei significati. In fondo, questi spazi semplici sono democratici e plurali e consentono a tutti di trovare qualcosa o di ritrovarsi, tante volte.
I paesi sperduti sono anche un po’ superstiti e mettono d’accordo cattolici tradizionalisti, spiritualisti d’ogni risma, esoteristi, carnivori e vegani. Rispondono, in sintesi, a tante e diverse esigenze: culturali e del cuore. In questa che è essenzialmente una ricerca, i paesi lucani, poi, con la loro storia ed il loro incanto, restano una meta imprescindibile per chi desidera vivere delle esperienze che, come un tassello prezioso, si aggiungono al mosaico dei nostri viaggi interiori. C’è ancora tanto da esplorare, fuori e dentro di noi. In questi luoghi le connessioni con lo spazio che si ammira indugiano profonde e lasciano tracce, le stesse che poi lascia anche chi cammina.
Nella foto in alto, una panoramica di Calvello