Alla seconda giornata del Bifest, Bari è letteralmente presa d’assalto. Sono anni che ne percorro le strade da un teatro all’altro, alla ricerca di un film importante, di una conferenza da seguire, di una mostra fotografica: ma vedere tanta gente in fila all’ingresso del Petruzzelli e degli altri palcoscenici della rassegna, con gli occhi pieni di entusiasmo, è un’emozione straordinaria. Nulla unisce come la passione per il cinema, ne sono sempre più convinta. Tanto più quando gli eventi in cartellone sono una marea e i tributi davvero importanti.

Il più atteso, quello al regista Marco Bellocchio, i cui film sono offerti in visione al Kursaal Santa Lucia, ogni giorno dalle 15 alle 18. Un sensibile e acuto osservatore della realtà, che nelle sue pellicole è riuscito a raccontare perfettamente il presente e a predire con precisione la realtà odierna. Sabato prossimo il regista sarà la guest star del Petruzzelli.
Bianco e Nero, la celebre rivista di cinema, gli ha dedicato una serie di articoli e di approfondimenti. “Una silloge notevole – commenta il direttore del Bif&st, Felice Laudadio – che potrà essere ulteriormente approfondita dagli studiosi del regista, una delle colonne del nostro cinema. Un regista che ci invidia il mondo intero e che ha saputo interpretare gli eventi del paese come nessun altro è riuscito a fare. Con una sincerità e un coraggio incredibile, arricchente per lo spettatore“.
Ma ricominciamo da questa mattina. Dalla proiezione di Io capitano al Petruzzelli. Il teatro era pieno fino al sesto ordine e tutti erano in attesa di Matteo Garrone, la cui ultima fatica è stata candidata agli oscar come miglior film internazionale. “Una vittoria sfiorata – commenta Laudadio – ma una sconfitta annunciata. Perché ‘La zona d’interesse’ è un film straordinariamente potente, senza nulla togliere alla splendida pellicola di Garrone, che racconta vicende tragiche che ci riguardano in prima persona. Quello di Garrone è un inno all’umanità, all’italianità. Al nostro desiderio di aiutare l’altro che è attualmente, ahimè, soverchiato dall’odio”.

Il film è un appello all’altruismo, alla cooperazione, all’accoglienza, alla solidarietà, all’humanitas. “Homo sum” diceva Terenzio e, in quanto uomo, partecipo al dolore degli altri. “Io capitano – spiega Garrone – racconta in chiave romanzata storie realmente accadute che si verificano ogni giorno a pochi chilometri da noi. Una tragedia di dimensioni incredibili, che restiamo a guardare senza muovere un dito. Il film è un invito a tornare umani, a restare umani e a vedere gli altri come padri, madri, fratelli e sorelle“.
La storia è narrata dal punto di vista di due giovani, Seydou e Moussa, e del loro desiderio di vivere una vita migliore. Inseguendo questo sogno sono pronti ad affrontare un viaggio al quale sopravvivono in pochi. Lasciano la loro città natale, Dakar, per raggiungere l’Europa e ricominciare. “Ho cercato di umanizzare i numeri perché dietro i numeri che leggiamo sui giornali ci sono persone come noi, come i nostri figli, persone che hanno dei sogni, che cercano un futuro diverso. Poi, rispetto al passato, oggi c’è l’elemento della globalizzazione, con i social che diffondono immagini che sono false promesse, sogni illusori“, racconta Garrone.
“Pensavo a questo film da otto anni – spiega, con gli occhi bagnati di lacrime per l’emozione – finché non ho capito che avrei potuto realizzarlo solo stando insieme a coloro che hanno vissuto realmente le tragiche vicende di chi si ritrova ad emigrare. Potrei dire che l’ho co-diretto, quando addirittura non sono stato spettatore di riprese dirette da loro. Mi sono posto come un intermediario al servizio delle loro storie e dei loro racconti. E’ così che ne è nato un film che considero vero, sincero”.
“E’ un’Odissea – commenta David Grieco, mentre dialoga con il regista – la migrazione che in tanti affrontano ogni giorno. Un’Odissea attraverso le insidie del deserto, gli orrori dei centri di detenzione in Libia e i pericoli del mare”. “In realtà – aggiunge il regista – ho dovuto lavorare in sottrazione perché se avesssi mostrato quanto accade veramente nei viaggi dei migranti africani, avrei rischiato l’accusa di falso“. Io capitano prosegue il suo viaggio attraverso il mondo. “Ad aprile saremo in Senegal per un tour che partirà da Dakar e prevede varie tappe nel paese con caravan e attrezzature per la proiezione nei luoghi dove non esistono sale cinematografiche, proprio come si usava una volta!”, conclude Garrone, travolto dagli applausi del pubblico.
Un altro film che parla di umanità è Bangarang di Giulio Mastromauro, proiettato al Piccinni. Presente in sala anche il regista, con cui dialoga Maurizio di Rienzo. “Un altro film che ci riguarda da vicino – spiega Mastromauro – perché parla di Taranto, questa città industriale nel Sud Italia, che ospita dagli anni Sessanta la più grande acciaieria d’Europa, con tutti i problemi che causa. Vi sono tante storie tragiche legate a questo luogo“.

Il racconto è dal punto di vista inconsapevole dei bambini che, in una delle scene più belle del film, scorgono il mare, commentando quanto sia bello. “Quant’è bella Taranto, quant’è bella“, esclamano, ricordando l’iconica scena di un cortometraggio di Pasolini, in cui Totò e Ninetto Diavoli guardano attoniti il cielo azzurro e le nuvole che passano sopra le loro teste, mentre si ritrovano in una discarica. “Oh ma quelle sono le nuvole. Che so’ belle, che so’ belle“, commenta Ninetto. E Totò, colmo di commozione “Ah straziante meravigliosa bellezza del creato“. Allo stesso modo, questi bambini chiassosi e, a tratti, violenti, fanno un bellissimo elogio della città, privo di paroloni e ricco di poesia. “Una poesia che ogni bambino contiene al suo interno e che, a volte, lascia venir fuori, sconvolgendo noi adulti“, conclude il regista.