Ai primi di giugno, Antonio Decaro non sarà più il sindaco di Bari e, senza ombra di dubbio, sarà difficile per chiunque raccoglierne l’eredità alla guida del capoluogo. Intanto, nonostante l’appuntamento con le urne sia ormai “dietro l’angolo”, la difficile e complessa partita per la designazione dei candidati alla carica di primo cittadino, nei diversi schieramenti in campo, è ancora in alto mare.
Nel centrosinistra il confronto appare circoscritto al binomio Leccese-Laforgia, con il verdetto finale che sarà rimesso nelle mani degli elettori di quest’area politica chiamata al voto delle primarie.
Vito Leccese, sostenuto dal Partito democratico, un passato da parlamentare dei Verdi e dell’Ulivo, assessore comunale e regionale, ha passato dieci anni al fianco di Antonio Decaro come capo di gabinetto. Michele Laforgia, penalista, figlio di Pietro Leonida, sindaco di Bari nel 1993, è espressione del movimento civico La giusta causa. Due personalità forti – in grado, certo, di coagulare il consenso degli elettori – le cui candidature tengono banco da giorni sulle prime pagine dei giornali. A dire il vero, più una serie di dichiarazioni rivolte a ribadire la legittimità della propria investitura a sedere sulla poltrona più prestigiosa di Palazzo di Città, che non un confronto articolato e costruttivo sui problemi e sull’idea di comunità che s’intende perseguire.
“L’eccesso di personalismo in questo toto-candidature sembra sacrificare un’idea progettuale di città. Si continua ad anteporre la ricerca del cosiddetto ‘nome forte’ al dibattito e all’indicazione di un programma, di proposte politiche, concrete ed efficaci, per la comunità che si dovrà amministrare”, spiega Leonardo Palmisano, sociologo, presidente di Radici Future Produzioni, direttore artistico di LegalItria e autore di diverse inchieste sulla criminalità pugliese. Un punto di vista sulla città metropolitana che predilige l’analisi delle dinamiche sociali e antropologiche, aspetti a cui Palmisano dedica da anni la propria attività.
“Manca una visione strategica, una pianificazione che sia il frutto della concertazione tra più soggetti e che non può ricadere sulle spalle di un unico individuo. La designazione del candidato – riprende – dovrebbe rispecchiare il dibattito e il confronto all’interno dei partiti o dei movimenti sui temi più importanti. Il rischio è che il protagonismo del singolo prevalga sulla visione complessiva di quanti s’impegnano in quelle organizzazioni”.
Un rischio che incombe sulle prossime elezioni è che i candidati del centrosinistra “s’illudano” di poter costruire la propria fortuna elettorale, sfruttando il cono di luce determinato dalla popolarità e dal consenso catalizzati in questi anni dal sindaco Decaro… “Rischia di sbagliare chi si pone in totale continuità con l’esperienza amministrativa che sta per concludersi. Dovrebbe essere prediletta un’autonomia di proposta e di azione. Non si tratta di rompere con il passato, ma di orientare in maniera nuova la strategia amministrativa, raccogliendo quanto di buono è stato fatto. Immettersi semplicemente nella scia dei precedenti mandati, rischia di personalizzare ulteriormente l’appuntamento con le urne. E’ per questo che non ha senso – prosegue Palmisano – l’idea di un terzo mandato per i sindaci, soprattutto se all’interno dei partiti non crescono nuove personalità in grado di prendere le redini delle future amministrazioni. Sono favorevole alle squadre, meno ai solisti. Preferisco anteporre gli argomenti e i temi ai nomi.”
Negli ultimi dieci anni, il contesto nazionale e internazionale è cambiato profondamente. E certo, anche il capoluogo pugliese risente dei mutati scenari. “Il futuro sindaco dovrebbe abbracciare una visione di città che si possa definire mediterranea. Ciò che sta avvenendo nel mare che lambisce le nostre coste interpella direttamente la comunità. Il flusso migratorio causato dal dramma della guerra, con uomini e donne che provengono dallo Yemen, dalla Siria e dall’Africa, coinvolge la nostra città, proiettata con il suo porto, la sua cultura, le sue radici naturalmente verso quei paesi. In realtà, quei flussi, al netto dei tanti e complessi problemi legati all’accoglienza e all’integrazione, rappresentano un’opportunità: pensiamo agli scambi culturali, al ruolo che può giocare l’università nel formare i giovani provenienti da quelle regioni; alla crisi demografica che può conoscere una battuta d’arresto grazie alle nuove generazioni di migranti. Con benefici per l’economia, grazie all’innesto di nuove energie nel contesto del sistema produttivo locale. Il modello da perseguire è una città inclusiva, capace di intercettare le dinamiche sociali in atto. Punti, questi, che non possono essere relegati agli ultimi posti del programma elettorale”.
L’aspetto sociale dell’azione amministrativa è da sempre al centro della riflessione di Palmisano. “L’autonomia differenziata rischia di mandare completamente in tilt il sistema della sanità pubblica”, afferma il sociologo, puntando lo sguardo sulle fasce più deboli e più colpite dal caro vita. “Penso, in particolare, alla gestione della medicina specialistica e oncologica, che a causa delle minori risorse disponibili, finirà col produrre nuovi e più cospicui flussi di pazienti verso il nord. Quale idea hanno in proposito i candidati sindaci? Se l’amministrazione della sanità compete alla Regione, una città metropolitana deve avere la forza e l’autorità per fare proposte concrete e mettere in campo adeguate iniziative”, prosegue.
Le cronache di questi giorni testimoniano come la morsa della criminalità sia sempre più pressante. Un altro tema che sta particolarmente a cuore a Palmisano, che se ne è occupato in svariati interventi e saggi. “Il tema della sicurezza sociale ci interroga, crea allarme. Le varie inchieste e il parere delle autorità competenti spiegano come le mani della malavita si siano allungate sugli strumenti del welfare. Per non dire degli appetiti che saprà scatenare il fiume di denaro destinato a riversarsi sui numerosi progetti finanziati dai fondi del PNR. E’ stata fatta una riflessione sull’argomento? Si è dato giusto valore ad una questione che rischia di alimentare ulteriormente le infiltrazioni mafiose e di accrescere il sistema della corruzione? Se ne occupa il dibattito di questi giorni? Quali le strategie per impedire che le mafie allarghino il proprio giro di affari? Sono previste inizaitive nel programma dei candidati sindaci che consentano all’amministrazione comunale di prevenire tali fenomeni prima ancora di reprimerli?”
A pensarci bene, se si vuole individuare il punto di contatto tra tutti i temi posti all’attenzione dal nostro interlocutore, questo non può che essere la necessità di recuperare l’idea di comunità, rafforzare il senso della partecipazione…
“Un’obiettivo fondamentale per evitare di continuare a instillare rassegnazione e diffidenza tra i cittadini. Un traguardo – spiega Palmisano – che dipende soprattutto dalla capacità di investire in cultura e in educazione nelle scuole. Non basta aver inaugurato tanti spazi e contenitori culturali; occorre che tali spazi siano presidiati da parte degli stessi cittadini che devono avvertire il senso di appartenenza alla comunità. Questi contenitori andrebbero resi pubblici, fruibili in ogni momento della giornata, come spazi di coworking, per implementare i servizi di prossimità con interventi formativi e partecipativi, per creare occasioni grazie a cui imparare il lavoro”.
Altro tema centrale è il ruolo delle periferie. Un aspetto su cui il sociologo riparte dalle parole dell’arcivescovo mons. Giuseppe Satriano, che mette in guardia dalla “perifirericità delle periferie”.
“E’ qui che si sfilaccia il senso di comunità, di appartenenza al territorio: nelle periferie s’incontra quella fetta di cittadini definiti nuovi poveri. Quei lavoratori che, pur avendo un’occupazione, vivono in grave precarietà, senza prospettive, per se stessi nè garanzie per i propri figli. Tutto ciò genera disaffezione e malcontento – spiega Palmisano -. Alimenta la rabbia di una sottocultura che va incanalata per evitare che sfoci in intolleranza ed episodi di vandalismo. Le istanze e i bisogni materiali di questa parte di popolazione non sono mai stati presi in seria considerazione dalla classe politica. Questi cittadini vanno aiutati a capire che il migrante non è un nemico ma un alleato con cui lottare per condizioni salariali e sociali migliori”.
Un impegno, quello per una migliore qualità della vita, ribadito con forza dalla recente analisi della Cgil e dell’Osservatorio regionale sulla povertà, che ha posto in evidenza come tante lavoratrici e lavoratori non riescono a conquistare alcun progresso sociale dal proprio impegno professionale.
“Con la politica avviata da Emiliano, quando è stato sindaco di Bari, che ha dato una svolta all’amministrazione cittadina – sostiene Palmisano – e con Decaro che ha contribuito a realizzare il cambiamento, ora è tempo di offrire responsabilmente prospettive concrete di crescita e benessere alle nuove generazioni di cittadini. A cominciare dalla disponibilità di un tetto, un traguardo reso sempre più difficile dall’emergenza abitativa causata dall’impennata dei prezzi.”
“Ma per realizzare tutti gli obiettivi di cui si è parlato, non bastano le capacità e il carisma di un solo uomo. Serve un’ampia discussione tra tutte le forze che si riconoscono in uno stesso partito o movimento e in una stessa area politica. Per vincere le elezioni occorre un programma condiviso, che parta da un’idea principale: l’inclusione. Il contrario dell’individualismo e del personalismo dilaganti non solo nella società ma anche nella politica”, conclude Palmisano.
Le foto (tratte dalla pagina fb) ritraggono le donne di nazionalità straniera che lavorano all’Ethnic Cook, bistrot sociale multietnico di Bari. Un esempio riuscito di integrazione sociale