L’indignazione aumenta ad ogni passo da piazza Cesare Battisti in direzione di piazza del Ferrarese: la folla ha un’unica voce che rimbomba straziante nelle orecchie per poi colpire dritto al cuore. Il corteo, organizzato da Zona Franka, Link Bari e Unione degli Studenti Bari, ha richiamato nelle strade di Bari settemila cittadini, giunti per denunciare i femminicidi, alla vigilia della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne.
“Siamo in piazza con tutta la nostra rabbia non solo per ricordare Giulia Cecchettin ma per ribadire che i femminicidi che si susseguono così rapidamente nel nostro paese non sono fenomeni isolati che avvengono per mano di mostri, ma il frutto di un’educazione e di una cultura patriarcale e violenta, che continua a riprodursi. Secondo i dati dell’Istat una donna su tre ha subìto nel corso della sua vita una forma di violenza fisica o psicologica, e l’80% dei casi è da attribuirsi a partner o familiari: un fenomeno strutturale”, spiegano i rappresentanti di Zona Franka.
Studenti universitari e delle scuole superiori, giovani, docenti, famiglie oltre agli assessori Francesca Bottalico e Pietro Petruzzelli hanno formato una muraglia umana. I fischietti, i coperchi delle pentole, i mazzi di chiavi hanno rotto il silenzio che nei giorni precedenti è stato osservato negli istituti scolastici in memoria di Giulia Cecchettin, il cui efferato omicidio ha suscitato una straordinaria ondata di commozione da nord a sud del paese.
Insistenti i cori guidati dagli studenti sino al raggruppamento in piazza del Ferrarese dove con la voce rotta dall’emozione e dalla rabbia alcune ragazze hanno letto poesie e denunciato i dati mostruosi nel solo 2023: 107 le donne ammazzate dal compagno o dal marito; da chi, insomma, avrebbe dovuto amarle.
Su ogni strada del capoluogo si è innalzato il coro “altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce”, tagliente come la prima ondata di freddo, giunto come un fendente al cuore della gente assiepata ai bordi della strada e dei negozianti affacciati all’ingresso delle proprie attività.
Le associazioni e le amministrazioni comunali in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne hanno organizzato numerose iniziative. Il sindaco Antonio Decaro, in ricordo di Anna Costanzo, ha deposto un mazzo di fiori nel camerino del Petruzzelli intitolato alla donna che era stata truccatrice del teatro, vittima di femminicidio per mano di un uomo che non accettava la fine della relazione con lei. “Una storia come migliaia se ne ripetono da quel 2009, cui siamo quasi assuefatti, al punto da ritenere questo fenomeno ineludibile. Sabato scorso, una settimana fa – ha detto Decaro – l’Italia si è fermata per qualche minuto di fronte alla notizia del ritrovamento del corpo massacrato di Giulia Cecchetin. Un’altra donna morta ammazzata ancora una volta da uno che non accettava la fine della loro relazione. Ci siamo fermati tutti, con il cuore in gola, e non perché Giulia fosse diversa dalle altre, ma perché per un attimo tutti avevamo sperato finisse diversamente”.
“Questa ennesima tragedia – prosegue il primo cittadino – consumata davanti agli occhi di un intero Paese, chiama in causa tutti, ognuno con le proprie responsabilità e competenze, nella sfera personale, professionale, pubblica e sociale. Il dolore ha lasciato il posto alla rabbia e alla necessità di intervenire, agire nella realtà quotidiana senza attendere che si compia l’ennesimo delitto.”
Uno speciale flash mob ha animato il sottopassaggio della stazione di Bari Centrale all’interno del programma promosso dall’assessorato al welfare Generare culture non violente. Frasi e affermazioni testimoniano, da un lato, pregiudizi e stereotipi di genere, frequenti nel linguaggio comune e nelle conversazioni all’interno delle relazioni “tossiche” e, dall’altro, parole e pensieri che invece raccontano relazioni “sane”, nel pieno rispetto dell’identità e del valore di ciascuna e ciascuno. L’iniziativa, incentivata dal Centro antiviolenza e dei servizi di welfare del comune di Bari, fa parte del progetto Segni di aiuto finalizzatio al sostegno, ascolto e accompagnamento alle donne sorde, anche migranti, vittime di violenze di genere e discriminazione. I dati Istat mostrano che le donne con disabilità sono esposte a un rischio maggiore di subire violenza e stalking rispetto alle altre donne.
Nel nostro paese, dal primo gennaio ad oggi sono stati 295 gli omicidi, e 107 ai danni di donne, di cui 84 uccise in ambito familiare/affettivo, con 55 tra queste che hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner, come rivela il report redatto dalla Direzione centrale della Polizia criminale.
Tra le altre iniziative per la giornata contro la violenza sulle donne, meritano un cenno la mostra fotografica alla chiesa dell’Annunciazione, intitolata We are together e promossa da #WeAreInBari e Like Apulia, e l’installazione dell’artista Guillermina de Gennaro, curata da Cellule Creative aps e dalla galleria Misia Arte, dal titolo Dafne è stanca, nel colonnato del palazzo della Città metropolitana. Mentre Anchecinema ha ospitato il concerto della Red shoes Women orchestra organizzato dal Centro Italiano Femminile Metropolitano di Bari.
Tante e interessanti iniziative, utili ad incrementare la sensibilizzazione sul tema della violenza sulle donne. Ma la rabbia delle piazze impone una serie di riflessioni che non si limiti esclusivamente a “memoriali”. Durante il corteo, tantissime ragazze riprendevano sui cartelloni la frase “Voglio essere l’ultima” e “Se domani non torno distruggi tutto” tratte dalla poesia di Cristina Torre Caceres.
Dilaga un senso misto di rabbia e frustrazione a cui va ad aggiungersi sfiducia. “Era il vostro bravo ragazzo”, lo slogan riferito al carnefice di Giulia, impone una seria analisi sulla qualità delle relazioni interpersonali, sull’educazione familiare, scolastica e sociale. Veementi sono le critiche al sistema intriso di patriarcato e di maschilismo che alimenta ancora la società. La parità di genere serve a velocizzare il cambio di mentalità e senza ombra di dubbio gli uomini dovrebbero sostenere convinti l’urlo delle donne. E’ bene ricordare, come scritto su un cartellone tra quelli sfilati nel corteo: “La donna è stata la tua prima casa”.
Mentre il grido di rivolta si propaga da nord a sud nel paese, c’è pure chi, come il consigliere del comune di Brindisi, Cesare Mevoli, definisce le dichiarazioni di Elena, sorella di Giulia Cecchetin, “imbarazzanti”. “La sorella della sfortunata Giulia sale in cattedra e senza che nessuno glielo chieda, colpevolizza e detta le regole che tutti gli uomini devono pedissequamente osservare. I Veri Uomini non hanno bisogno dei consigli di una ragazza che farebbe meglio a rispettare la sorella, stringendosi attorno alla famiglia in un dignitoso silenzio di preghiera”, dichiara. Ovviamente Mevoli condanna fermamente la violenza perpetrata da Turetta, ma non manca di esprimere il proprio “originale” parere sul tema del patriarcato: “Ma quale patriarcato, questo è il vostro uomo rieducato. Guardateli, guardateli bene in faccia. Guardate le altre immagini presenti sul web di questi due qua: i volti puliti, le sopracciglia curate, le spalline strette nelle loro camicette su misura, i braccini sottili, le manine intonse. Sono i figli della mascolinità tossica? Questi sono i vostri uomini rieducati, decostruiti, femminilizzati”.
In queste ore di grande clamore mediatico del tema della violenza sulle donne, il ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara propone un’ora a settimana di “educazione alle relazioni” nelle scuole superiori con un totale di dodici sessioni, con i docenti che fungeranno da moderatori oltre al supporto (non si comprende se occasionale o continuo) di psicologi, assistenti sociali, avvocati. Il ministro della giustizia Carlo Nordio propone l’adozione di un opuscolo che aiuti a riconoscere i “segnali spia” di un possibile femminicidio. Misure, queste, chiramente insufficienti rispetto alla gravità del problema.
Nel progetto di educazione sentimentale suggerito da Valditara è previsto il coinvolgimento di cantanti, attori, influencer. Ma quali modelli, quali “celebrità” verrebbero scelte, considerato che proprio il web diventa spesso veicolo di emulazione negativa. Non a caso proprio sul Tik Tok, giusto per fare un esempio, girano video in cui si banalizza il delitto di Giulia, attraverso trend che mostrano gesti di giovanissimi che pubblicano video in atteggiamento di possesso della loro ragazza. Si tratta di giovani e giovanissimi che hanno ereditato in pieno tutta la dis-educazione di una famiglia o di una società che non mette in luce la bellezza e la libertà di vivere, far crescere o interrompere una relazione affettiva in modo sereno.
E’ bene ricordarlo: sono giovani e giovanissimi, figli di un contesto di massificazione che rende tutto possibile; incapaci di accettare un rifiuto. Abituati all’uso della forza, anche psicologica, come strumento con cui ottenere consenso, soggiogare le persone. Incapaci di accettare la sconfitta, le proprie fragilità ma, soprattutto, di leggere dentro di sè, accettando l’idea che siamop tutti coinvolti in relazioni fallibili. Solo così, forse, il fallimento non sarà più consideratio una punizione ma una riparazione.
Le foto sono tratte dalla pagina fb di Zona Franka