L’autorità non è dominio ma servizio “a piedi scalzi”

Il principio affermato dal Sinodo, nelle sue battute finali, si coniuga con la necessità di ascolto e di dialogo, a cui papa Francesco esorta l'intera comunità ecclesiale

È stata particolarmente intensa la fase finale dei lavori della prima sessione della sedicesima assemblea generale del Sinodo dei Vescovi. Un mese di approfondito dibattito che ha coinvolto anche i circoli minori. Un’assisse che non ha avuto riserva alcuna a dibattere anche su chi esercita l’autorità nella Chiesa.

L’autorità è “servizio che si esercita a piedi scalzi”. Un concetto chiaro! Chi non lo sapeva, chi faceva finta di non saperlo, chi lo sapeva ma non lo applicava. Quanti – vescovi, sacerdoti, consacrati e laici – dell’autorità nella Chiesa hanno fatto solo uno strumento di potere, ora sanno qual è il vero significato del termine e come va tradotto nella vita cristiana.

Quel potere, in realtà, non solo è “servizio” ma va esercitato “a piedi scalzi”. A piedi scalzi? E chi indossa scarpe firmate? Abiti griffati? Si sposta solo su auto di lusso? “Dov’è il tuo tesoro, lì è il tuo cuore!” afferma il Vangelo di Matteo (6, 19-23): “Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!”

Ci sono tesori e tesori, ricchezze e ricchezze, ma il genere che conviene accumulare sono quelle celesti. A piedi scalzi: è la modalità con cui esercitare l’autorità nella Chiesa. Una modalità, un invito antico, oggi richiamato dal Sinodo: “Togliti i sandali!”. (Esodo 3:1). Come Mosè. Per andare incontro a Dio. Proprio come San Francesco.

Per riprendere il contatto con la realtà, con la nuda terra, per dare il servizio connesso alla nostra autorità dobbiamo camminare a piedi nudi. Ci fa da richiamo la curiosità di volerci avvicinare a vedere lo spettacolo di un roveto che brucia senza consumarsi. 

Per arrivarci, però, dobbiamo toglierci i sandali. È il percorso che ci apre la strada ad un altro incontro, quello con Dio, un incontro ricco di libertà e di pace. Dio lo incontreremo nei poveri, in chi ha bisogno, in chi soffre. Come Mosè incontrò Dio nel servire il popolo.

Ne ha parlato Paolo Ruffini, il giornalista laico, prefetto del Dicastero per la Comunicazione e presidente della Commissione per l’informazione. Lo ha fatto riferendo gli esiti del dibattito, nel Sinodo, della sezione dedicata all’Instrumentum laboris, sul tema  Partecipazione, compiti di responsabilità e autorità. Ruffini ha spiegato che è stato riaffermato l’impegno a “evitare gli autoritarismi” e ad intendere “l’autorità non come dominio ma come servizio”.

Riportando, in particolare, una delle espressioni più significative utilizzate in assemblea, il prefetto ha spiegato che “l’autorità si esercita a piedi scalzi”.E ancora: “Chi ha autorità non deve controllare tutto ma avere la capacità di delegare”. Quanto al vescovo: “Gli spetta l’ultima parola, ma non l’unica parola”.

Credo che sia stata fatta luce anche sul temine abusatissimo di “discernimento” che è accaparramento, monopolio, esclusività decisionale, puro esercizio clericale del potere. E in un intervento molto partecipato, in plenaria, si è detto: “Il clericalismo è un flagello, una piaga, una forma di mondanità che sporca e danneggia il volto della sposa del Signore, la Chiesa; schiavizza il santo popolo fedele di Dio”. Questo il monito di papa Francesco che non si stanca dall’ammonire e dal mettere in guardia le comunità cristiane.

Una delle parole che più è ricorsa negli interventi, intesa come coinvolgimento e coordinamento dei carismi, è “corresponsabilità”.  Nei lavori sinodali è stata messa in rilievo l’importanza di valorizzare figure, competenze e in particolare l’impegno dei laici.

In aula, c’è stato chi ha messo in guardia dal clericalismo, pure tra i laici, perché “ha portato agli abusi di potere, di coscienza, economici e sessuali”. La sinodalità, è stato evidenziato, “può contribuire a prevenire gli abusi perché è un processo che ha a che fare con ascolto e dialogo”, dimensioni da ampliare e intensificare. Una puntuale lettura della realtà che cerca di tenere conto di come la società sia profondamente cambiata, specie nell’Europa occidente.

Le immagini sono tratte dal ciclo degli affreschi dedicati da Giotto a San Francesco nella Basilica di Assisi