Che siano in festa oppure no, le bande costituiscono da sempre l’originale e distintivo “marchio di fabbrica” delle nostre tradizioni popolari. Sciamano per paesi e città in occasione di solennità liturgiche, eventi culturali, folkloristici ed enogastronomici o per accompagnare fascinose rievocazioni storiche. Sfilano in ghingheri o in sobria formalità, con inconfondibili divise e berretti a visiera, a volte piumati, di varie tonalità. Dal verde al rosso, dall’azzurro al bianco, dal grigio al nero. Un notevole colpo d’occhio non solo per chi assiste al loro passaggio dall’alto dei balconi, ma anche per chi si riversa nelle strade o nelle piazze, desideroso di ascoltare a distanza ravvicinata un ensemble di strumenti a fiato scandita dai colpi di tamburo.
Parlare delle bande è un esercizio che coinvolge e abbraccia, oltre alla cromatica sfera sensoriale visiva e uditiva, la dimensione intima e “fatata” del ricordo. Quanti di noi custodiscono in memoria le istantanee più belle di una festa di paese allietata dalle melodie delle bande? Quanti ricercano nel repertorio bandistico brani di noti compositori per “rigustarli” in un periodo di tristezza e riflessione come quello pasquale? Ed ecco che tra polverosi cimeli potremmo ritrovare una manciata di foto, uno spartito ingiallito, uno strumento musicale o addirittura una vecchia uniforme per chi ha avuto l’onore di farne parte.
A ben pensarci, che privilegio hanno avuto in passato quelle schiere di omini che, imbracciando uno strumento a passo cadenzato, si impegnavano a perpetuare una tradizione musicale che il tempo non ha mai obliato. Oggi, in realtà, sono sempre più i giovani che si approcciano al mondo delle bande, un percorso che sviluppano parallelamente ad un iter di conoscenza, studio e approfondimento di uno specifico strumento musicale. Se la musica diviene, dunque, una disciplina fondamentale per la formazione di nuovi talenti, anche le bande sembrano risentire di questa inaspettata ed edificante consuetudine. Ma c’è una domanda a cui oggi, come non mai, occorre provare a dare una risposta: c’è un futuro vero, importante, dignitoso per le bande?
A offrire una risposta al quesito è l’iniziativa del consiglio regionale della Puglia che ha portato all’approvazione della legge sulla valorizzazione delle bande musicali. Un importante risultato, frutto di un lungo e complesso iter progettuale, che gode del convinto assenso di Riccardo Muti, il celebre direttore d’orchestra di origine molfettese, testimonial d’eccezione della manifestazione Maestri, svoltasi a Conversano nei giorni scorsi, in occasione del varo ufficiale della legge.
Un provvedimento che mira ad iscrivere le bande nell’inventario del patrimonio culturale immateriale regionale e ad avere contezza dei fabbisogni ordinari delle bande: la dotazione di un milione e mezzo di euro in tre anni servirà a sostenere le tournée, i costi legati alle divise, agli strumenti, alle partiture. Un altro aspetto riguarda anche la catalogazione, valorizzazione e digitalizzazione degli archivi, la formazione e la fruizione di luoghi destinati a sedi delle bande, dove i musicisti potranno provare, incontrarsi, lavorare, studiare, socializzare. La legge prevede inoltre la creazione di un museo diffuso, un museo interattivo in cui la banda vive il suo presente e racconta il suo passato ai cittadini e ai turisti.
“La banda non è un ensemble di categoria B, non è inferiore all’orchestra”, ha affermato il maestro Muti, dopo aver apposto la propria firma al testo di legge, al cospetto del presidente Michele Emiliano. “Esegue un altro tipo di repertorio ed è lo strumento che porta la musica dappertutto: nelle strade, nelle case e così via. È molto importante. Si pensa sempre che la banda sia inferiore rispetto alla grande orchestra sinfonica, invece la banda ha un altro compito, molto più capillare, grazie al quale non è necessario andare a pagare un biglietto che costa un sacco di soldi per entrare in un teatro“, ha continuato Muti.
E rievocando i suoi primi esordi musicali ha concluso: “Ho cominciato ad ascoltare la musica attraverso la banda. Quando dirigo l’Eroica di Beethoven, mi ricordo che la sentii suonare per la prima volta dalla banda di Molfetta. Nei conservatori esiste anche la strumentazione per banda che è un corso di composizione molto importante. Entrare in una banda è una scelta, però se le bande vengono messe nella difficoltà di vita, allora nessuno vuole entrarci, perché naturalmente alla fine del mese qualche cosa sulla tavola bisogna pur metterla”.
La legge appena approvata, consentirà alle bande di navigare in acque più sicure, non più in balia del tempo e dei detrattori che le considerano secondarie rispetto alle grandi orchestre dei teatri nazionali e internazionali. Nel loro piccolo, le bande stanno progressivamente guadagnando quell’autonomia e quella dignità a cui da sempre aspirano. Il futuro è già qui, e allora… musica maestro!
Nelle foto, le bande esibitesi a Conversano nel corso della manifestazione “Maestri”, a cui ha partecipato il maestro Riccardo Muti