Le gemme preziose che Ligabue estrae dal fondo della vita

Nelle sessanta opere in mostra al castello di Conversano, uno straordinario condensato delle qualità pittoriche e della forza espressiva del grande artista

L’inquietudine, i colori, la malattia e il successo postumo. Sono quattro i capisaldi attorno ai quali gravita l’esistenza di Antonio Ligabue, figura controversa ed emblematica nel panorama artistico italiano ed europeo del XX secolo. Una vita travagliata quella del pittore nato a Zurigo il 12 dicembre del 1899 da madre italiana, orfano di padre, costretto a sorreggere fin dalla tenera età l’onta dell’abbandono genitoriale e i soprusi del padre adottivo Bonfiglio Laccabue, dal quale eredita il cognome che lui stesso tramuterà sdegnosamente in Ligabue.

Ma se l’ombra del perfido patrigno resta a tratti eclissata nei successivi sviluppi della vicenda umana del pittore, a compromettere la consacrazione del grande artista contribuisce il suo stato di salute cagionevole. Il rachitismo, il gozzo e un equilibrio psicofisico precario, aggravato da ripetute crisi nervose, allontanano inizialmente Ligabue dallo scenario della pittura mitteleuropea, salvo il timido affaccio del 1928 grazie a Renato Marino Mazzacurati, che comprende il suo talento genuino, indirizzandolo nella scelta dei colori ad olio e nell’attività scultoria.

Un reietto vittima del suo stesso disagio esistenziale, incapace di esprimere a parole la grandezza delle sue idee, inerme dinanzi a chi lo relega con sdegno in diversi ospedali psichiatrici per cercare la panacea ad un male che non va mai via. Nel secolo in cui fioriscono teorie e studi sulla natura umana e sulla psicanalisi, ad Antonio Ligabue bastano un mozzicone di matita, un pennello e un pugno di argilla per rivendicare silenziosamente la sua identità e scongiurare l’oblio della sua persona, confidando nella benevolenza dei posteri.

Antonio Ligabue alle prese con una sua opera

E in effetti lo si ama per la sua semplicità, per l’immediatezza e l’efficacia, per il suo tratto fermo e sicuro con il quale immortala lotte ferine tra animali esotici e ambientazioni agresti dalle sgargianti tonalità. Ma c’è di più.

Attraverso colori vivaci l’artista analizza e scandaglia l’animo e disegna senza troppi fronzoli l’anatomia umana. Una raffigurazione a volte fin troppo elementare, senza effetti chiaroscurali o particolari giochi prospettici, che desidera porre la sua centralità sul singolo individuo ritratto senza indugi nelle sue imperfezioni. E quel soggetto fotografato con occhi talvolta guardinghi talaltra persi nel vuoto, bitorzoluto, ricurvo e stempiato altro non è che la rappresentazione più veritiera che Ligabue offre di se stesso, alla quale fanno da sfondo paesaggi collinari, caseggiati dal tetto spiovente, pioppi allineati, rondini svolazzanti in un cielo terso o leggermente annuvolato.

Nell’intento di ripercorrere l’epopea artistica del pittore svizzero-italiano, il Comune di Conversano in collaborazione con Arthemisia, società organizzatrice di mostre, con il patrocinio del Ministero della cultura, della Città Metropolitana di Bari, di Puglia Promozione e del Teatro Pubblico Pugliese, in collaborazione con il Comune di Gualtieri e la Fondazione Museo Antonio Ligabue, ospita nelle sale del castello aragonese sessanta opere (clicca qui) del poliedrico artista fino al 29 ottobre 

Quadri e non solo, nella mostra curata da Francesco Negri Francesca Villanti. Ad arricchire l’esposizione una sezione dedicata alla produzione grafica con disegni e incisioni e alcune sculture in bronzo, documenti sulla vita dell’artista nonché il documentario di Raffaele Andreassi del 1961 e diverse foto risalenti agli anni cinquanta.

Tigri e leoni ad altezza d’uomo sorvegliano le opere in mostra, che rivelano tutta la straordinaria intensità espressiva di cui l’artista è capace nei numerosi soggetti dipinti e nei tanti autoritratti che trasudano anche a distanza di un secolo la drammatica caducità della condizione umana. Con Ligabue impariamo ad inerpicarci lungo la china della solitudine, ad accarezzare le nostre fragilità e a prendercene cura, a non sentire il bisogno di sentirci necessariamente compresi e stimati per respirare senza affanno in un contesto sociale che premia le apparenze. Ligabue insegna ad essere vivi… nonostante tutto!

Nelle foto, alcuni dipinti in mostra al castello di Conversano