“Sono passati venti anni non di lotta, perché quella spetta alle forze dell’ordine e alla magistratura, ma di impegno. Impegno svolto nelle piazze, nelle sedi delle associazioni, nelle scuole di tutta Italia a parlare ai giovani della nostra storia, per far sì che mai più nessuno finisca tra le mani della mafia”. Sono le parole di Pinuccio e Lella Fazio, genitori di Michele, il sedicenne ucciso per errore dalla criminalità organizzata il 12 luglio 2001 nella città vecchia di Bari.
I loro nomi sono simbolo dell’antimafia, della legalità. Mantengono alta la fiamma della speranza, del riscatto della società civile dalla morsa della malavita che ha portato via loro la persona più preziosa al mondo: il figlio Michele. Il giovane, nato il 21 settembre 1985, era cresciuto con i suoi amici nei vicoli del centro antico di Bari, lavorando la mattina in un bar e frequentando di sera la scuola per conseguire il diploma. Il suo sogno era entrare nell’arma dei carabinieri.
E invece, la sera del 12 luglio 2001, la vita di Michele viene improvvisamente spezzata da un proiettile che lo colpisce alla testa. Il giovane si ritrova coinvolto in una sparatoria tra i clan rivali dei Capriati, che vogliono vendicare la morte del loro congiunto, Francesco, e degli Strisciuglio. Michele era “o uagnon bun”, come lo definirono i suoi stessi assassini dopo l’agguato. Ancora così giovane, pieno di speranze e sogni per il futuro, era stato la vittima innocente di una lunga e sanguinosa guerra di mafia per contendersi il controllo del territorio e del traffico di droga.
Lella e Pinuccio Fazio sono tornati a parlare del loro Michele nel corso di un evento organizzato dal presidio di Libera a Barletta nei giardini di Baden Powell, luogo simbolo della cultura e del volontariato. Un’occasione per tenere alto il ricordo non solo del giovane barese ma di tutte le vittime innocenti della malavita.
“La maggior parte delle vittime di mafia non ha avuto verità e giustizia. Quella di Michele invece, seppur dolorosa, è comunque – sottolinea Giorgio Carpagnano, referente di Libera – una storia da cui ricominciare. Dovremmo fare nostra la forza di Pinuccio e Lella ed avere il coraggio di parlare e denunciare la mafia, anche quando si nasconde dietro l’economia. Quei soldi sporchi, sono soldi tolti per esempio agli ospedali e alle scuole. La mafia opera dietro le quinte, dietro il clientelismo. Una drammatica realtà, presente anche a Barletta, anche se sottovalutata”.
La scelta della cornice in cui ha preso vita l’incontro non è stata casuale: una delle tante piazze di spaccio, che dopo la riqualificazione operata dagli attivisti di Legambiente, sta pian piano riprendendo forma e tornando un luogo tranquillo in cui bambini e ragazzi possono trascorrere il tempo libero. Promotrice dell’iniziativa di sensibilizzazione è stata anche l’équipe del progetto Semi di legalità, portato avanti dai giovani dell’azione cattolica della diocesi.
“Con Semi di legalità vogliamo promuovere la cultura della legalità insieme alle altre associazioni -afferma Angelo Michele Larosa, referente del programma – perchè solo così si possono ottenere risultati migliori e più efficaci. Il tema della legalità deve essere affrontato in tutti i luoghi, dall’ambito scolastico a quello familiare, senza la paura che irretisce l’opinione pubblica. Per questa ragione abbiamo voluto organizzare un ciclo di incontri nelle scuole, aperti al pubblico e anche ai più piccoli attraverso letture animate”.
Con l’aiuto dei genitori, la vita di Michele e l’assurdità della sua fine tornano a ricomporsi per costituire quella memoria collettiva di cui non solo Bari ma ogni città che protegge i propri figli deve riappropriarsi. Con la consapevolezza che occorre sempre volere, pretendere giustizia con l’impegno necessario, anche se a volte è davvero difficile farsene carico. Con questo intento è nato, come ha spiegato Pinuccio Fazio, il libro Il grido e l’impegno. La storia spezzata di Michele Fazio, scritto da Francesco Minervini. Un libro che papà Pinuccio, animato da un instancabile e irrinunciabile attivismo, porterà presto nelle scuole. “Si semini per raccogliere. Io sto seminando ed anche raccogliendo sempre buoni frutti. Continuerò a raccontare la storia di mio figlio per salvare i giovani dalle mafie”, ha detto al termine dell’evento.