Dal pianoforte alla fisarmonica, c’è una segreta melodia nel jazz

Sarà un giusto mix fra tradizione e innovazione la ventiduesima edizione del Beat Onto Jazz Festival, che riaccende i riflettori stasera in piazza cattedrale a Bitonto

Dalla raffinata regalità del pianoforte alla popolarità sognante e dichiaratamente confidenziale della fisarmonica. La kermesse che s’inaugura stasera, in piazza cattedrale a Bitonto, vuol essere, soprattutto, un inchino alla più clamorosa sequenza bianconera della storia della musica, su cui hanno danzato con fragorosa energia e voluttuosa leggerezza, nel segno dell’improvvisazione e dell’originalità, le dita di molte delle più grandi stelle del firmamento jazzistico, da Bill Evans a Kit Jarret da Gorni Kramer a Richard Galliano.

Ery Yamamoto

L’inchino a due straordinari “protagonisti” della scena jazzistica ma anche un omaggio alla melodia, dopo – forse – tanti, troppi e addirittura scontati sperimentalismi: “Il nostro paese, e in generale il jazz europeo, si distingue per l’attenzione riservata al fraseggio delicato, al colore; per l’armonia, che fa capolino tra le “asprezze” della musica afroamericana. Dopotutto siamo il paese del bel canto; la patria di un’infinita, straordinaria schiera di interpreti e autori che hanno reso famosa la nostra musica in tutto il mondo: da Mina a Dalla, da Lucio Battisti a Mogol. Oggi questa singolare torsione dell’anima più dura del jazz in chiave ‘romantica’ riesce meglio nelle mani di jazzisti del nord Europa. Sembra un paradosso, ma c’è molto più sentimento nel contrabbasso di Lars Danielsson che in tanti artisti italiani, troppo inclini a seguire atmosfere e stilemi d’oltreoceano”.

A parlare è l’avv. Emanuele Dimundo, da ventidue anni saldamente al timone del Beat Onto Jazz Festival (qui il programma), lussureggiante passerella di vedette nazionali e internazionali. Un lungo e faticoso impegno da direttore artistico, portato in spalla con sorprendente freschezza, competenza e originalità.

“La peculiarità di questo festival è privilegiare i progetti, diversamente da altre rassegne che punteggiano la penisola e dilagano anche in Puglia. La costruzione di un disco o la programmazione di una serie di concerti, ispirati ad una particolare finalità espressiva o coloristica, sono in grado di suscitare una mozione dei sentimenti, di suggerire relazioni e analogie culturali, ben al di là di una singola esibizione, incentrata sul carisma personale di un musicista, per quanto bravo e famoso”, prosegue Dimundo, sostenuto in quest’idea da Alceste Ayroldi, giornalista, critico musicale e docente di storia del jazz, storico presentatore dei concerti e degli artisti del festival bitontino.

Si spiega così la scelta, ad esempio, di aprire le danze, questa sera, con il fisarmonicista Luciano Biondini – al comando del quartetto composto da Pierluigi Balducci, Bebo Ferra e Israel Varela – intento a riscoprire col progetto Kosmos e Chaos le radici della melodia nella tessitura jazzistica, e con la performance Wavin’ Tima Tour affidata al Duni Jazz Choir di Mario Rosini, l’ottimo pianista e compositore pugliese che ha estratto il meglio delle virtù strumentali e canore dal conservatorio di Matera per raccontare inediti e fecondi intrecci tra il jazz, il soul e la canzone d’autore.

Andrew McCormack

E ancora, l’idea di presentare sulla scena bitontina le raffinate atmosfere di Sunshine racconto ordito con trame internazionali intrecciate alla tradizione orientale – evocate dal virtuosismo della pianista giapponese Eri Yamamoto, accompagnata dal flauto di Aldo Di Caterino e dalla fisarmonica di Vince Bracciante. O, proseguendo, di percorrere un inedito viaggio nello struggente lirismo di Bill Evans ed Esbjorn Svensso, guidati dal fluente e sincero pianismo di Lorenzo De Finti e del suo quartetto. E per finire, l’omaggio a Wes Montgomery, nel centenario della nascita, di cui il trio capeggiato da Alessio Menconi si farà carico di riportare al pubblico del Beat Onto jazz intenzioni e spessore musicale.

Una scelta, quella di privilegiare i progetti, che si coniuga con un’altra idea-chiave della rassegna: la volontà di incoraggiare feconde e inedite contaminazioni tra generi diversi, e non solo musicali. È l’obiettivo che si pone Birds lives: una piéce musicale, in cui le voci di Emilio Soana e del suo quintetto sono la “quinta scenografica” in cui si muove con estro e passione Cochi Ponzoni, volto e voce tra le più originali del teatro comico nazionale, impegnato a far rivivere sulle scene il genio di Charlie Parker.

Luciano Biondini

La declinazione in chiave melodica delle serate non sarà, naturalmente, una brutale censura del jazz, come siamo abituati ad ascoltarlo e apprezzarlo da sempre. Con l’energia degli assoli, dei fraseggi più spericolati e dei ritmi più travolgenti. Perché in realtà, nella cornice di piazza Cattedrale, tornerà a pulsare, anche quest’anno, la magia psichedelica del grande jazz internazionale, affidato alla verve di personalità come Andrew McCormack col suo mirabolante trio, o al frizzore acrobatico dei ritmi latini, tra Cuba e New York, messi in campo da Alfredo Rodriguez, al piano, Munir Hossn, basso e chitarra, e Michael Olivera alla batteria.

Al solito, insomma, un’ampia e ben calibrata galleria di generi e musicisti, con il “fragore” del song planetario stemperato da nuances più calde e mediterrane. Il tutto ovviamente all’insegna della gratuità e con la nota e benemerita missione di valorizzare il centro antico di Bitonto, con il palco del festival allestito all’ombra della sublime architettura della cattedrale.

Il trio di Alfredo Rodriguez

“Non è né scontato né facile organizzare una rassegna con queste caratteristiche. Mantenendo per oltre due decenni un livello sempre molto alto – riprende Dimundo – e preservando l’accesso gratuito. Una scelta, condivisa e sostenuta dalle amministrazioni comunali che si sono succedute nel tempo, compresa l’attuale, che ha significato mettersi in spalla l’onere di rastrellare ogni possibile risorsa privata, un lavoro nient’affatto semplice nè leggero”. “Anche quest’anno grazie all’impegno di tutti i soci di In jazz, l’associazione che costituisce il motore del festival – seguita Dimundo – e in particolare dell’arch. Carmine De Renzio, siamo riusciti a portare a tre i main sponsor: oltre lo storico Ellegidue, Copec e Conserva, ai quali siamo profondamente grati insieme alla miriade di altre aziende, affezionate alle sorti di questo spettacolo”.

Sarà dunque una grande festa della musica, e non solo, quella su cui i riflettori stanno per accendersi: una festa della città, una festa del turismo, una festa della cultura, della fruttuosa collaborazione tra associazioni e amministrazione. Ma c’è un neo. Il rammarico del mancato riconoscimento mediatico, nelle forme più adeguate, di un evento di una tale caratura, peraltro conosciuto capillarmente in ogni angolo d’Italia e in tanti paesi all’estero. “L’idea di privilegiare i progetti e i talenti emergenti, un’opzione culturale portata avanti con consapevolezza e determinazione sin dalla prima edizione, probabilmente non produce lo stesso effetto, in termini di audiance, di quei festival che puntano, direi piuttosto stancamente, sui nomi e sulle sonorità più alla moda. Al solito, la cultura, quella vera, stenta ad incontrare il totale favore del pubblico e, di conseguenza, ad ottenere il giusto risalto in tema di comunicazione”, spiega Dimundo.

Alessio Menconi

Ciò non vuol dire che le serate del Beat Onto Jazz richiamino in piazza a Bitonto sparute legioni di specialisti. Al contrario: sono 6-700 le presenze di spettatori in ogni singola serata. Il che fa giustizia di ogni “mancato” clamore mediatico e rende l’idea del vasto e sincero interesse suscitato dalle performance in scena.

Sull’orizzonte, tuttavia, c’è pure un altro scoglio: l’urgenza di investire non solo in termini economici ma anche progettuali sulla rassegna, per assicurare alla stessa un futuro degno del suo nome. “È giunto il momento di mettere nero su bianco lo statuto comunale di una fondazione, che si faccia carico dell’organizzazione dei principali eventi culturali. Una sorta di cabina di regia che, oltre alla programmazione generale, si dedichi a tutti gli adempimenti burocratici, comprese le richieste di finanziamento da rivolgere alle istituzioni in ambito regionale e nazionale. Un progetto di cui ho parlato già anni fa al sindaco Pice e che ho riproposto recentemente all’avvocato Ricci”, prosegue il direttore artistico.

Il diirettore artistico del festival, Emanuele Dimundo

Ogni bella idea non può vivere esclusivamente della luce che riesce a proiettare. Ha bisogno del supporto di protocolli, di firme, di patti, di atti ufficiali oggi più che mai necessari. “Il festival, ne sono certo, continuerà ad essere punto di riferimento nel panoramma delle rassegne di settore per tanti altri anni, salvaguardando le scelte di qualità che solo la gratuità dei concerti può preservare. Ma non c’è dubbio che accanto all’entusiasmo della vecchia guardia e delle nuove leve, affacciatesi in associazione, serve un intervento dell’istituzione comunale che dia solidità istituzionale alla manifestazione”, conclude Dimundo.

Ma ora è il momento di godersi la festa. Di mettere da parte stanchezza e difficoltà, di abbandonarsi senza riserve all’ebbrezza dello spettacolo. L’incantesimo del festival e la magia del jazz sono pronti a rinnovarsi!

Nella foto in alto, Mario Rosini