La violenza non è polvere da nascondere sotto il tappeto

Il pestaggio di tre giovani a Barletta, riporta alla ribalta il tema della sicurezza, su cui la città e le istituzioni hanno il dovere di interrogarsi e fornire le necessarie risposte

Una calda serata d’estate. Un giovane, diciott’anni da poco compiuti, è in compagnia di due amici. Solita uscita tranquilla e spensierata. Ma a Barletta non si può mai dare per scontato che le giornate si chiudano nel modo migliore. All’improvviso, infatti, il giovane con i suoi compagni è vittima di una brutale aggressione da parte di un branco di bulli, che non hanno alcun motivo per prendersela con loro, se non quello di sfogare la propria rabbia nei confronti di tre bravi ragazzi, come tanti altri a Barletta.

Barletta avrebbe tanti motivi per far parlare bene di sé. E’ città d’arte: il Castello, la Basilica del Santo Sepolcro, il Teatro Curci, il Palazzo Marra con le opere di Giuseppe De Nittis, il Colosso di Eraclio e la famosa “Cantina della disfida” sono le testimonianze di un passato glorioso. Per non dire della vitalità delle sue attività economiche. Ma qualcosa evidentemente non funziona.

Invece di parlare di turismo, di come valorizzare meglio tante bellezze o rendere il tessuto commerciale più dinamico e florido, creando nuova occupazione per i giovani, si è costretti a fare i conti con fenomeni di teppismo o di autentica delinquenza, messi in atto da singoli o da bande organizzate, che stringono sempre più la società, sbigottita e inerme, in una morsa di violenza.

Il pestaggio subito dai tre ragazzi, qualche giorno fa, è solo l’ultimo anello di una triste catena di soprusi. Non è difficile ricordare negli ultimi anni le barbare aggressioni e persino gli omicidi, a pochi mesi l’uno dall’altro, commessi in città su cui aleggia tristemente un inspiegabile e doloroso silenzio.                      

“Era mezzanotte e mezza quando ci stavamo ritirando dalla consueta uscita serale”, racconta uno dei giovani colpiti dal branco. E prosegue: “Camminavamo parlando tra di noi sul marciapiede al semaforo del sottovia di via Alvisi. Ad un certo punto un ragazzo mi è venuto incontro, sferrandomi un pugno sulla fronte e spaccandomi gli occhiali. Era insieme ad altri sette, otto compagni. Al primo pugno ne sono seguiti altri, insieme a calci e schiaffi, inflitti anche agli altri due amici. Poi, io e un amico siamo riusciti a divincolarci, mentre l’altro è rimasto bloccato dagli aggressori che continuavano a menare pugni e calci. C’è stata una ragazza, davvero coraggiosa, che ha cercato di fermarli. Appena siamo riusciti a liberare il nostro compagno, tirandolo via dalle braccia degli aggressori, siamo scappati verso casa, da dove abbiamo allertato le forze dell’ordine. Ma in quel momento non c’erano volanti disponibili”.

All’indomani i genitori dei tre giovani si sono recati al commissariato per sporgere denuncia. L’ennesimo anello di una triste catena di atti di violenza: dalle precedenti aggressioni o ai proiettili di gomma esplosi contro inermi passanti sino alle coltellate nel centro storico, passando dal vandalismo di chi si diverte a gettare sapone nella fontana di piazza Conteduca o a maltrattare gli animali di piazza Plebiscito. 

Si potrebbe dire “l’ordinaria amministrazione” in una comunità che pare assuefatta a questo genere di eventi. Ma, in realtà, la paura e l’allarme allignano tra i giovani e le loro famiglie, che vedono la città, in cui pensavano di poter far crescere serenamente i propri figli, trasformata in un ambiente ostile. Un allarme acuito dalla consapevolezza che tanti episodi di violenza sono destinati a rimanere impuniti. Non bisogna sorprendersi, dunque, se tra le nuove generazioni, non sono pochi a decidere di andar via per costruirsi una vita più tranquilla altrove. 

Ma insieme a tanta delusione, c’è anche la speranza di una rinascita e di un riscatto, affidati proprio ai più giovani. Uno per tutti, l’esempio dei bambini dell’istituto “D’Azeglio-De Nittis” che, a un anno dalla tragica scomparsa del ventiquattrenne Claudio Lasala accoltellato solo per essersi rifiutato di offrire da bere al suo aggressore – hanno realizzato un libro di favole per ricordarlo.

Il tema della sicurezza è tornato, comunque, prepotentemente di attualità. Ed è tempo che amministratori e forze dell’ordine, insieme a tutta la società civile, se ne facciano carico.

Nella foto in alto, il Colosso di Eraclio dal sito aBarletta.it