Quando il rombo della moto è una dolce melodia

Con il progetto di mototerapia, prosegue l'impegno dei soci del "Mi Vida Moto Crew" di Barletta a favore di bambini e giovani affetti da complicate e pesanti patologie

Che cos’è la mototerapia? Una cura che si fonda sull’utilizzo della moto, considerata come un “attivatore emozionale, sensoriale, motorio e cognitivo, capace di spingere il soggetto con disturbi della relazione a crearne una”. Si tratta, in sostanza, di mettere in sella i bambini autistici con l’ausilio di piloti, assistenti di psicomotricità, adeguatamente formati a svolgere questo compito. Ciò che consente ai piccoli centauri di abbattere la distanza con gli altri.

Un gruppo di soci del Mi Vida Moto Crew di Barletta

La nuova terapia, diffusa in tante regioni già da diversi anni, ha fatto il suo ingresso ufficiale in Puglia solo di recente: da quando, cioè, i giovani motociclisti dell’associazione Mi Vida Moto Crew di Barletta hanno deciso di orientare il proprio impegno solidale nei confronti di bambini affetti da autismo. Un nuovo importante traguardo, dopo l’attenzione rivolta ai piccoli pazienti dell’ospedale “Mons. Dimiccoli”, con i regali consegnati a Natale insieme a un bilirubinometro transcutaneo, un’apparecchiatura fondamentale nelle pratiche di screening dell’ittero, che elimina la necessità di ripetuti prelievi ematici alleviando il disagio dei bambini e il carico di lavoro del laboratorio, con un conseguente abbattimento dei costi.

La presentazione di questa nuova iniziativa di solidarietà si è svolta nei giorni scorsi a Barletta, alla presenza delle famiglie di ragazzi autistici ma anche di operatori di centri e cooperative che seguono i ragazzi affetti da questo disturbo, insieme al dr. Luca Nuzzo, terapista esperto in neuropsicomotricità dell’età evolutiva, ideatore del progetto.

Il primo approccio, come spiega il dr. Nuzzo, si svolge in una palestra con moto elettriche che non fanno rumore. Gradualmente, quindi, i ragazzi giungono ad utilizzare veri e propri motoveicoli in strada. Tutto il percorso di formazione viene accompagnato da piloti in possesso di uno specifico patentino. Durante le sedute i ragazzi o i giovani (dai 5 ai 18 anni) utilizzano giubbini, airbag e caschi che consentono lo svolgimento delle stesse in totale sicurezza.

“La mototerapia si inserisce in un progetto riabilitativo globale, che cura gli aspetti cognitivi, relazionali, emotivi e di integrazione sociale – aggiunge Nuzzo – di bambini con disturbi dello spettro autistico e dello sviluppo, con ritardo mentale e psicomotorio, con disturbo dell’attenzione e dell’iperattività, della condotta, oppositivo provocatorio”.

Con miglioramenti che sono certificati: dall’aumento dei tempi di attenzione ad una maggiore tolleranza ai rumori, ad una più esatta cognizione dello spazio e del tempo, ai tempi di reazione e risposta agli stimoli quasi azzerati. Condizioni che consentono un potenziamento della socializzazione e una diversa percezione del mondo esterno. Ma la mototerapia ha pure l’obiettivo di sensibilizzare la società su questi disturbi, favorendo l’inclusione sociale di tanti ragazzi.

L’introduzione di questa originale pratica terapeutica si deve in realtà ad una intuizione del freestyle motocross rider Vanni Oddera che, da campione di evoluzioni a 10 metri di altezza, ha scelto, ormai diversi anni fa, di fare della propria passione per la moto uno strumento con cui regalare momenti di gioia e spensieratezza a persone e bambini con disabilità. La mototerapia può essere praticata anche dai bambini ricoverati negli ospedali, che possono salire in sella a una moto, vivere l’adrenalina dello sport e sviluppare capacità fisiche, affettive, cognitive e sociali. Nel 2019, dopo un anno di sperimentazione in oncologia pediatrica nell’Ospedale Regina Margherita di Torino, sono stati resi noti i benefici di questa attività, pubblicati successivamente sulla rivista European Journal of Integrative Medicine.

“Ciò che riscontro nelle famiglie incontrate è una grande paura per il futuro e per il momento in cui i genitori non ci saranno più per i loro figli autistici -afferma Marya Porcelluzzi, collaboratrice dell’associazione degli harleysti- e questa iniziativa può essere senza dubbio un modo per rendere i ragazzi più indipendenti. Si dovrebbe sensibilizzare di più l’opinione pubblica su questo tema soprattutto nelle scuole, dove gli insegnanti, dei quali auspicavo una maggiore presenza all’evento, possono risultare impreparati e senza una particolare empatia per i ragazzi autistici”.

Il progetto dunque – previa valutazione del tipo e grado di autismo dei partecipanti – si svolgerà finalmente anche a Barletta, con l’aiuto della neuropsicomotricista Clementina Sfregola, a titolo gratuito e totalmente finanziato dai soci del club Mi Vida Moto Crew.