Bea Wood “si mette in mostra” alla Galleria Devanna

Una serie di disegni di diversa ispirazione, raccolti in vent'anni dai fratelli Mino e Rosaria, fanno del museo bitontino una prestigiosa ribalta dell'artista americana

Il termine arte deriva dal latino ars, il cui significato primario è quello di ogni attività mirata a progettare o a costruire, in modo adatto e armonico, qualcosa. Il termine abbraccia, dunque, campi diversi della creazione umana: non solo l’arte come generalmente la si intende a scuola ma anche la composizione di opere letterarie.

Generation Gap, opera di Bea Wood

Arte e letteratura caratterizzano la produzione dell’artista americana Beatrice Wood, nata a San Francisco nel 1893 e morta a Ojai nel 1998. Due ambiti in cui l’autrice assume un atteggiamento differente: nei dipinti è possibile osservare, infatti, come rivendichi in maniera puntuale la maternità dei propri lavori, firmandoli con il suo nome o col diminutivo Bea; in campo letterario, invece, tranne che The Angel Who Wore Black Tights di cui dichiara essere la scrittrice, le sue opere sono pubblicate con lo pseudonimo Countess Lola Screwvinsky.

I disegni di Bea in mostra alla Galleria Devanna di Bitonto

Si può fare esperienza del suo valore come artista, nel senso comune del termine, visitando a Bitonto la Galleria nazionale della Puglia, intitolata a Girolamo e Rosaria Devanna, dove nella Sala Speranza, al piano terra, sono esposte trentanove delle sue opere grafiche mai esposte prima. La mostra Disegni di Beatrice Wood 1917 – 1995, visitabile fino al 28 luglio, è stata curata dalla dott.ssa Nuccia Barbone Pugliese, già direttrice della Galleria Nazionale, e dall’architetto Claudia Calabria, attuale responsabile della pinacoteca che fa capo alla Direzione Regionale Musei di Puglia.

Vale la pena ricordare che il museo ospita una collezione di opere che permette al pubblico di compiere un vero e proprio viaggio nelle correnti artistiche italiane ed europee tra XVI e XX secolo. Un vasto e variegato patrimonio artistico, raccolto e poi donato allo stato dai fratelli Devanna, impegnati per una vita intera nell’appassionata ricerca di opere sullo scenario internazionale dell’arte, e quindi negli acquisti, negli scambi con altri collezionisti o nella gestione di importanti donazioni, proprio come quella fatta dall’artista americana a partire dagli anni Duemila. Ammirando i pezzi esposti, si può notare la differente datazione delle diverse donazioni, avvenute in un arco temporale piuttosto ampio e in più momenti, con le prime risalenti al 2004, altre al 2020 sino alle più recenti del 2022.

Le opere in mostra esaltano le abilità dell’artista dadaista e pongono in luce come la sua produzione possa essere distinta in tre momenti. I disegni della prima fase, ribattezzata Dada, e realizzati a New York dal 1915 al 1920. Le opere e le stampe della fase Art Déco, prodotte a partire dal 1926 fino alla metà degli anni Trenta ed eseguite durante il suo soggiorno a Los Angeles. Infine, i disegni della metà degli anni Settanta del Novecento, quando Wood riprese a disegnare sulla spinta del successo delle sue prime opere grafiche e della richiesta sul mercato, fino a pochi anni prima della sua morte: i cosiddetti Disegni finali.

Indispensabile per Beatrice Wood fu la lezione di Marcel Duchamp che la spinse a coltivare le sue doti artistiche, introducendola nel mondo dadaista della metropoli newyorkese. L’incontro è rievocato in un ritratto che mostra i due artisti insieme.

Donne discinte, disegno della Wood

Riprendendo e focalizzandosi su quelle che sono le caratteristiche del dadaismo – secondo cui l’opera d’arte deve essere ricondotta alla vita, non deve esprimere i principi estetici della società borghese, non deve essere oggetto di mercato ma l’espressione del pensiero prima ancora che della manualità – Wood rappresenta, nelle opere riconducibili alla prima fase della sua attività artistica, degli individui intenti a compiere delle azioni ma, allo stesso tempo, combattuti da una certa perplessità nel portare a compimento tali azioni. È il caso dell’opera senza titolo, a cui è stato attribuito dai curatori della mostra il nome Bagnante, datata 1917 e firmata con il diminutivo Bea: una donna, ripiegata su sé stessa, intenta nell’atto di svestirsi per immergersi nel mare che, insieme alla donna, è vicino all’osservatore, colmando il primo piano dell’opera e lasciando vuota la restante parte della tela di medie dimensioni.

Un altro scorcio della mostra. A destra la foto che ritrae Bea con Duchamp

Di medie dimensioni è anche la tela dell’opera a cui Wood non attribuisce alcun titolo, ma che i curatori indicano come Uomo al bar con bicchiere in mano: risalente al 1920, rappresenta in primo piano il tavolo di un bar, che costituisce l’oggetto principale della rappresentazione e che porta l’osservatore a immaginare di potersi trovare frontalmente all’uomo, mentre sta alzando il bicchiere da cui bere, anche se, come è possibile notare, egli sembra essere assorto nei suoi pensieri. Ciò distoglie l’attenzione dello spettatore dalla donna, raffigurata di profilo e il cui volto è l’unico elemento che ci permette di constatare che l’uomo non è solo.

Dimanche, altro disegno in mostra

Ripercorrendo velocemente la mostra allestita alla Galleria Devanna, possiamo notare alcuni elementi comuni all’intera produzione artistica della Wood. Le opere spesso sono prive di un titolo scelto direttamente dall’artista; costanti sono le rappresentazioni che hanno come oggetto il tema delle relazioni umane, come possiamo notare ad esempio in Tea for Two, in cui sono raffigurate due donne intente a prendere del tè. I temi della sessualità, della sfera femminile e dei sogni sono i leitmotiv caratterizzanti le opere dell’artista americana, riproposti anche nell’esposizione presente alla Galleria Devanna. Ciò che rende le opere della Wood uniche e innovative è l’utilizzo reiterato degli stessi elementi cromatici e sovente di carta beige. Graffite e matite colorate – spesso sui toni del rosso, del giallo, del nero, del verde e del blu – rendono rara la sua produzione artistica, in grado di esprimere emozioni nonostante l’utilizzo di pochi elementi cromatici.

Nella foto in alto, la locandina di una mostra dedicata a Beatrice Wood, accanto ad una foto di Mino Devanna, a cui si deve la nascita della Galleria Nazionale a Bitonto. Le foto sono tratte dalla pagina fb della pinacoteca