Il buffo, l’ilare, il faceto: sono le diverse sfumature del genere musicale al quale s’informano i cinque spettacoli compresi nel cartellone del Festival della Valle D’Itria, giunto alla sua quarantanovesima edizione, appuntamento tra i più noti e prestigiosi del panorama nazionale e internazionale, in scena dal 18 luglio al 6 agosto nelle splendide cornici del Palazzo ducale, del Teatro Verdi e del Chiostro di San Domenico a Martina Franca. Un evento che, in realtà, si preannuncia come una sorta di omaggio alle qualità culturali e imprenditoriali di Franco Punzi, sindaco per diciassette anni di Martina Franca e ideatore del festival, di cui è stato presidente ininterrottamente dal 1980 fino alla sua scomparsa lo scorso febbraio.
La kermesse, che si avvale del coordinamento di Michele Punzi (presidente), Sebastian F. Schwarz (direttore artistico) e Fabio Luisi (direttore musicale), quest’anno abbraccia un arco temporale lungo due secoli: dall’Orazio del 1737, del compositore napoletano Piero Auletta, a Il Paese dei Campanelli di Carlo Lombardo e Virgilio Ranzato, che festeggia il suo centesimo compleanno. Nel mezzo, gli Uccellatori dell’austriaco Florian Leopold Gassman, su libretto del nostro Carlo Goldoni, Il Turco in Italia di Gioacchino Rossini, nell’edizione del 1815, e L’Adorable Bel-Boul di Jules Massenet.
Titoli sui quali è pronto a scommettere Sebastian Schwartz, direttore artistico per il secondo anno consecutivo del festival martinese, programmato quest’anno seguendo le indicazioni dell’indimenticato presidente Franco Punzi, scomparso a febbraio, e impreziosito da una serie di interessanti concerti sinfonici e recital. Come illiustrato da Michele Punzi, nel corso della conferenza stampa al Teatro Piccolo di Milano, che ha ribadito la volontà di portare avanti la straordinaria tradizione artistica con lo stesso impegno dello zio, spazzando le nubi dallo scenario fosco di un’eventuale impasse della kermesse musicale.
Aperetura dunque il 18 luglio con il capolavoro rossiniano Il Turco in Italia, in coproduzione con il Teatro Petruzzelli di Bari che fornirà, ancora una volta, l’apporto proficuo di orchestra e coro, diretti da Michele Spotti. Le bacchette di Fabio Luisi e Federico Maria Sardella dirigeranno, rispettivamente, Il Paese dei Campanelli sotto la regia di Alessandro Talevi e l’Orazio di Auletta.
Impegnati nel grande fermento musicale martinese anche gli allievi dell’Accademia Celletti, protagonista de L‘Adorable Bel-Boul di Massenet, e l’Orchestra della Magna Grecia di Taranto che si esibiranno negli Uccellatori di Gassmann, diretti da Enrico Saverio Pagano. A completare il nutrito programma di “incontri” operistici e musicali (qui il programma completo), il tradizionale Concerto per lo spirito nella basilica di San Martino, i tre Concerti del Sorbetto nella cornice barocca del chiostro di San Domenico insieme al ciclo Il Canto degli Ulivi, tra le masserie di Martina Franca, Locorotondo e Cisternino.
È così che la splendida cittadina, capitale della Vale d’Itria, si appresta a vivere un’estate intensa, garantendo un’offerta culturale variegata che spazia dall’arte al belcanto, non certo priva di quel piglio di originalità che ogni anno si rianima e si rinnova. Nel solco di una lunga e luminosa tradizione che risale a quasi cinquant’anni fa: quando nel 1975 il festival nacque per iniziativa di un gruppo di appassionati musicofili, capeggiati da Alessandro Caroli, primo presidente, con il determinante supporto di Franco Punzi, allora sindaco di Martina Franca, e di Paolo Grassi, all’epoca sovrintendente del Teatro alla Scala.
Una rassegna musicale che si caratterizza da sempre per la coraggiosa riproposta di un repertorio e di una prassi esecutiva ingiustamente sottovalutati. Con riferimento, in particolare, alla rivalutazione del repertorio belcantista (da Monteverdi al protoromanticismo) e della Scuola musicale napoletana, di cui grandi protagonisti furono i compositori pugliesi, pur senza trascurare il grande repertorio europeo egli elementi del belcanto italiano presenti in opere di autori stranieri.
Una scelta perseguita con sempre maggiore determinazione a partire dagli anni ’80, grazie agli stimoli del presidente Franco Punzi e alla direzione artistica di Rodolfo Celletti, grande esperto di vocalità. E arricchita dai contributi di Sergio Segalini (direttore artistico dal 1994 al 2009), con le sue aperture al repertorio internazionale, a partire dalla Medée di Cherubini nella versione originale francese con i dialoghi parlati, e di Alberto Triola (responsabile artistico dal 2010 al 2021), che se ha riportato l’attenzione sul repertorio belcantista e sul teatro musicale barocco si è anche proposto di allargare l’orizzonte all’opera del novecento e a quella contemporanea.
Le produzioni del festival si distinguono per l’autenticità dei testi (spesso rappresentati in versione integrale) e il rispetto dei tipi vocali, fedeli agli spartiti e alle interpretazioni originali. Il palcoscenico martinese ha contribuito all’affermazione di artisti che hanno riscritto la storia dell’interpretazione quali Mariella Devia, Martine Dupuy, Paolo Coni, Daniela Dessì, Patrizia Ciofi, Fabio Luisi, Renato Palumbo.
In alto, l’ex presidente del Festival della Valle d’Itria, Franco Punzi, scomparso nello scorso febbraio