“Bisceglie ha scelto il suo futuro. Ma non c’è tempo per festeggiare, dobbiamo continuare a correre, sempre più veloce, insieme ad una squadra competente e motivata”. Sono le parole con cui Angelantonio Angarano ha salutato i cittadini, dopo la cerimonia di proclamazione, per la seconda volta, a sindaco di Bisceglie. Una vittoria spuntata al ballottaggio sul suo avversario, Francesco Spina, con il 60% delle preferenze.
A bocce ferme, dunque, preso atto del verdetto inequivocabile delle urne – la netta affermazione del sindaco uscente, che ha saputo costruire un ampio consenso su di sé soprattutto negli ultimi mesi di mandato – proviamo a elaborare qualche riflessione su una pagina così fondamentale della vita cittadina. Queste elezioni, ci chiediamo, hanno rappresentato davvero un momento di grande, autentica, partecipata vita democratica, di cui andare orgogliosi? O sono state l’ennesimo esempio di quell’immobilità della politica di cui spesso si discute e che viene indicata come una delle principali cause della disaffezione dei cittadini verso le urne, male ormai cronico di cui tutto il Paese soffre? Un primo dato incontrovertibile è quello relativo all’andamento del voto a Bisceglie: con una percentuale di affluenza ai seggi pari al 62% degli aventi diritto al primo turno, scesa poi al 49.8% al secondo turno.
Non può passare inosservato, infatti, che la poltrona più ambita di Palazzo San Domenico se la siano contesa quattro “veterani” della politica locale, protagonisti “ingombranti” di passate stagioni amministrative. Da chi ha guidato la città negli ultimi cinque anni, Angelantonio Angarano (figlio “d’arte”, prima Pd, poi esponente del civismo), vincitore delle primarie di coalizione a scapito di Sergio Silvestris (ex europarlamentare del Pdl), a Vittorio Fata (prima centrodestra, oggi Pd), alla guida di una coalizione di liste civiche e partiti tradizionali (Pd, appunto, ma anche Italia Viva e Sinistra italiana) a Francesco Spina (ex sindaco di centrosinistra, oggi con Fratelli d’Italia, Lega e Noi moderati), che ha messo insieme i simboli di quasi tutte le forze di centrodestra (con la logica esclusione di Forza Italia, a cui è ancora legato Sergio Silvestris), insieme ad Azione e ad alcune forze che si richiamavano alla maggioranza di Michele Emiliano. Governatore che però, al ballottaggio, ha deciso di sostenere Angarano, creando una frattura che ha avuto ripercussioni anche nell’assise regionale, con il consigliere biscegliese Francesco La Notte (ex Popolari con Emiliano) passato al gruppo misto dopo l’endorsement di Emiliano al candidato avversario nella contesa cittadina.
Non va poi dimenticato Franco Napoletano, storico esponente comunista, che ha deciso di scendere in campo per l’ottava volta: da quando è stata applicata la normativa sull’elezione diretta dei sindaci, si è presentato nel 1995, 1996, 1998, 2002, 2011, 2013 e 2018, con l’unica eccezione nel 2006, quando fu eletto deputato. Napoletano, che ha presentato una sola lista a suo sostegno e che ha denunciato in più occasioni la patologia del “listismo” che affligge sempre più frequentemente le elezioni comunali, ha raccolto un deludente 4.2%, che non gli permetterà di tornare in consiglio comunale (dove sedeva quasi ininterrottamente dal 1980).
Insomma, una competizione elettorale, quest’ultima a Bisceglie, marcata da un’evidente anomalia – tutti i candidati avevano già rivestito la carica di sindaco – e da una deplorevole consuetudine, l’assenza di candidature femminili.
A sostegno dei quattro sfidanti, ben 34 liste e diverse centinaia di candidati al consiglio comunale: candidati che, per cinque lunghi anni – a parte le solite lodevoli eccezioni – sono apparsi lontani dalle sorti della città e, improvvisamente, a ridosso delle elezioni, hanno ritrovato il perduto interesse per la cosa pubblica. La bassa affluenza alle urne, d’altronde, ha dimostrato come l’altissimo numero di liste e candidati non fosse effettivamente conseguenza di un altrettanto rilevante coinvolgimento della cittadinanza nelle questioni della politica locale. Una degenerazione, quelle delle liste riempite alla ben meglio, a cui nessuno dei candidati si è sottratto, al di là di Franco Napoletano, che però, nel 2018, quando era sostenuto anche da Francesco Spina, non aveva sdegnato questo metodo, presentando sette liste.
Altro spunto di riflessione: il ruolo giocato dal Partito Democratico in questo bailamme. Con ogni probabilità, il candidato Vittorio Fata (sostenuto dal senatore Francesco Boccia) sarà eletto presidente del consiglio comunale dopo aver deciso di sostenere al ballottaggio Angarano (e non Spina, di cui era stato vicesindaco in passate amministrazioni) e, forse, è destinato a giocare un ruolo fondamentale nel ricongiungere le due anime dem della città, che si sono contrapposte duramente dal 2016 in poi, quando Angarano decise di andarsene in seguito alla scalata di Spina (allora sindaco per il centrodestra, folgorato sulla strada di Matteo Renzi) al Pd (che stava all’opposizione dell’amministrazione da lui guidata).
Il probabile ingresso in giunta di Bartolo Sasso, attuale segretario cittadino del Pd, potrebbe liberare questa posizione di vertice nella nomenklatura locale dei democratici, aprendo nuovi scenari per una ricomposizione (il rientro di Angarano nel Pd?) o per un azzeramento del gruppo dirigente.
L’Angarano-bis godrà, in ogni caso, di un ampissimo – almeno teoricamente – margine di manovra in consiglio comunale. L’accordo intercorso con la coalizione Davvero Bisceglie, guidata da Vittorio Fata, “benedetto” da Michele Emiliano, ha messo in sicurezza il successo del sindaco uscente, allargando la forbice che nelle previsioni era senza dubbio più ristretta. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: Spina ha preso quasi 1000 voti in meno rispetto al primo turno, Angarano oltre 3500 in più. Allo stesso tempo una maggioranza così ampia e variegata potrebbe essere un problema nel medio-lungo termine e la navigazione per il rieletto sindaco rivelarsi meno semplice di quanto previsto, specialmente in vista del giro di boa delle regionali del 2025. Al di là della difficoltosa composizione della giunta, che dovrà tenere conto delle diverse forze che la compongono, l’amministrazione ha già un primo grande problema da affrontare: il cambio di gestione per il servizio di igiene urbana, che sta mostrando, nei giorni iniziali di collaudo, non poche criticità.
Dall’altro lato del campo, ci si chiede se l’opposizione saprà effettivamente costruire un’alternativa credibile all’attuale guida politica della città o se la maxicoalizione da Lega a Calenda, costituitasi per le elezioni, sia destinata a sciogliersi già con i primi raggi di sole dell’estate. Ma soprattutto, in questi cinque anni (se tutto va come deve andare) che ci separano dalle prossime elezioni comunali, si avrà il coraggio e la lungimiranza di lavorare ad un progetto politico davvero nuovo, in grado di ridare fiducia a quegli elettori che stavolta hanno scelto di rimanere a casa o di recarsi alle urne “turandosi il naso”?
Nella foto in alto, il rieletto sindaco di Bisceglie, Angelantonio Angarano