Il presidente Meloni ha querelato lo storico Luciano Canfora, che nell’aprile dello scorso anno, partecipando ad un incontro organizzato dal Liceo scientifico “Fermi” di Bari, aveva detto di lei che “avendo un’anima intimamente neo-nazista, si era subito alleata con i neo-nazisti ucraini, e da mentecatta quale era trattata era divenuta di colpo una statista.”
Dalla fine dello scorso anno si é andati – come suggerisce lo stesso Roberto Saviano – spediti a processo contro l’imputato Saviano, reo di aver definito bastardi i politici come la Meloni e Salvini, per la loro politica di respingimento dei migranti e delle navi delle ONG, in occasione della morte di un bimbo, che non aveva potuto essere curato adeguatamente, a causa delle lungaggini che avevano impedito l’attracco della nave sulla quale viaggiava.
Entrambi i querelati hanno espresso i propri giudizi quando Giorgia Meloni era solo la leader di un partito di opposizione, e si trovano ora querelati dal capo del governo. La questione non é indifferente: é corretto che una delle più alte cariche dello stato porti a giudizio il singolo cittadino, creando una sproporzione così evidente tra accusatore ed accusato, tra potere e cittadino?
O non sarebbe più corretto astenersi dalla denuncia penale, e comprendere che il diritto di critica, anche molto dura, é parte integrante del dialogo e della dialettica democratica. Quindi, se non di persecuzione, ancora, si tratta, il confronto con l’opposizione e contro qualsiasi critica é condotto manu militari, secondo uno schema che si ripete: la Meloni dà il la, e si scatena la canea, indirizzata di volta in volta al nemico del momento. Che sempre più assume le fattezze dell’intellettuale, prevalentemente di sinistra, ma anche, semplicemente, autonomo ed indipendente.
E’ il caso di professionisti conclamati come Fabio Fazio e Lucia Annunziata, costretti, di fatto, dal nuovo corso ad abbandonare la Rai, così come del recente linciaggio mediatico nei confronti del pacifico Nicola Lagioia. La ministra Roccella é stata contestata, al Salone del Libro di Torino, da manifestanti che le hanno impedito di parlare, a causa delle posizioni sue e del governo sul riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali. Il solito coro di deputati e sostenitori ha accusato l’incolpevole Lagioia di aver permesso questa contestazione e/o di non averla contenuta. Tra gli scalini più bassi, ci sono i latrati di “politici” come Donzelli contro l’opposizione, con un linguaggio e dei contenuti aggressivi e provocatori.
La domanda diventa allora: quale idea ha questa destra del confronto e dei diritti delle minoranze? Che Alexis de Tocqueville ci ricorda essere la cartina di tornasole della democrazia, nel senso che é la loro, preliminare, difesa il volto di una democrazia sana.
Il conflitto é sempre quello foriero di crescita e novità, e la sua accettazione, il confrontarsi con esso, si chiamano democrazia. Don Lorenzo Milani, di cui corre il centenario della nascita, diceva che il suo mestiere di maestro e di sacerdote era quello di insegnare ai propri ragazzi il rispetto delle leggi che difendono dai soprusi, e la disobbedienza alle leggi ingiuste.
Sarebbe nelle corde del nostro presidente del consiglio il metodo ed il merito del messaggio di don Milani, oppure il priore di Barbiana verrebbe querelato una seconda volta per istigazione a delinquere e diffamazione della sacra istituzione militare? Costituiscono un monito ed un avvertimento per tutti noi, questa fame di occupazione del potere e questo disprezzo della critica e dell’opposizione. Attenti, però, alla tentazione dell’Aventino: mai come in questo momento é necessario resistere e combattere.