Il Bif&st fa un passo indietro. Ieri ha ripercorso il passato della più longeva e influente casa di produzione italiana. Lo ha fatto attraverso uno dei più controversi prodotti della Titanus, Il pap’occhio di Renzo Arbore, e i ricordi di Guido Lombardo – figlio di Goffredo e nipote del fondatore della casa di produzione, Gustavo – che ha raccolto il pesante testimone, senza mai dimenticare l’esempio e la bravura di chi l’ha preceduto. E’ incredibile quanto sia invecchiato bene questo film e quanto Goffredo Lombardo, allora presidente della Titanus, abbia ben saputo coglierne le potenzialità. Impresa non da poco, perché la commedia era, per quei tempi, eretica, anarchica e perfino anti-andreottiana. Si faceva un ritratto di Paolo Giovanni II non molto lusinghiero e, così, sulla chiesa, lasciando però che le risate seppellissero qualche polemica, intelligentemente sollevata qua e là, che oggi continuiamo a condividere.
Come l’estrema lentezza della chiesa nell’abbracciare determinate trasformazioni, la visione a volte manichea dell’esistenza e perfino la descrizione di una divinità giustiziera, che sta lì ad osservare il mondo e a prendere appunti da tutta l’eternità su chi salvare. E noi spettatori ci domandiamo sulla scia di Roberto Benigni, intento a rimaneggiare la Cappella Sistina col suo pennellone, in che modo avverrà questa selezione e cosa si diranno uomini e donne tanto diversi e appartenenti ad epoche diverse, una volta che si ritroveranno a stretto contatto. Immagina così il dialogo tra un giocatore della Sampdoria e Tutankhamon, con risultati esilaranti, in grado di far ridere a crepapelle anche oggi. Un film dissacrante e politicamente scorretto, che oggi nessuno si sognerebbe di produrre, come suggerisce il giornalista Marco Spagnoli. “Va contro tutto quello che è oggi il cinema mainstream – spiega il giornalista – senza contare le polemiche che susciterebbe e che ci furono anche all’epoca della sua uscita. Ma come venne in mente a Goffredo Lombardo di produrlo?” chiede.
“Renzo Arbore andò da mio padre – spiega Guido Lombardo – gli disse il titolo e gli spiegò in 5 o 10 minuti quello che aveva in mente di fare, con il suo proverbiale sorriso. Alla fine gli chiese se voleva produrre il film e lui rispose semplicemente: sì, lo facciamo!. Se un’idea gli piaceva e lo interessava non esitava, mio padre era così e d’altronde, come suo padre Gustavo, rischiava in proprio, non doveva chiedere niente a nessuno. Era molto rapido nelle sue decisioni ma poi seguiva tutto, dal soggetto alla sceneggiatura, dalle riprese al montaggio alla colonna sonora e all’uscita nelle sale. Era la sua vita” racconta, lasciando trasparire una certa emozione, una commozione che sprona il pubblico ad applaudire.
Ricordando il padre, Lombardo lo descrive come “un uomo che lavorava tutto il giorno, sabati e domeniche comprese, non si fermava mai se non per dedicarsi alla famiglia cui non ha fatto mai mancare l’affetto. Aveva buoni rapporti con tutti e non l’ho mai sentito parlare male degli altri. Ed era anche generoso. Emblematico il caso di ‘Nuovo Cinema Paradiso’. Giuseppe Tornatore, con il quale avevamo fatto il primo film, ‘Il camorrista’ ce lo propose ma papà avrebbe voluto fare dei tagli alla sceneggiatura e Tornatore non sentiva ragioni. Finì che alzò il telefono e chiamò Franco Cristaldi parlandogli benissimo del regista e invitandolo ad incontrarlo. Tornatore gli è rimasto affezionato e quando l’ho chiamato per proporgli il documentario su di lui mi ha risposto che era un dovere e un onore” racconta.
Un altro ricordo del padre riguarda un periodo nel quale Guido Lombardo aveva 18 anni: “Lo accompagnai una sera ai Castelli Romani ad una manifestazione di cinema dove proiettavano un film con mia nonna, Leda Gys che era lo pseudonimo di Giselda Lombardi, una pellicola muta del 1919 con l’accompagnamento dell’orchestra. Io ero seduto accanto a lui e ad un certo punto lo vidi piangere. Al termine della proiezione mi avvicinò una signora anziana e mi chiese un autografo. Io chiesi, ‘ma perché proprio io? Qui c’è mio padre!’ E lei mi rispose: ‘Perché lei è il nipote di Leda Gys’. È stato l’unico autografo che ho mai fatto nella mia vita. Quando, subito dopo, lo raccontai a mio padre lui si commosse di nuovo”.
Innumerevoli gli aneddoti sul padre che il pubblico potrà conoscere assistendo alla proiezione del documentario di Giuseppe Tornatore. Uno su tutti, l’attribuzione del nome d’arte a Sophia Loren. “Sofia Scicolone aveva già interpretato alcuni film con lo pseudonimo di Sofia Lazzaro, ma papà pensava che se avesse adottato un nome simile a quello dell’attrice svedese allora in voga, Märta Torén, il pubblico magari sarebbe andato al cinema a vederla scambiandola per lei”. Ma non ci sono solo luci, nella gloriosa storia della Titanus. “Dopo Sodoma e Gomorra – ricorda il produttore – e soprattutto ‘Il Gattopardo’ che era costato 3 miliardi di lire dell’epoca, una vera follia, la Titanus si ritrovò sull’orlo della bancarotta. Allora mio padre si fece nominare curatore del fallimento ed iniziò a vendere tutto, dalle sale cinematografiche alla palazzina dove erano gli uffici della Titanus, fino ai beni personali. Così riuscì a pagare tutti e a salvare la società”.
“Oggi la Titanus è ancora totalmente italiana – afferma con orgoglio Guido – non ha partner, è rimasta nostra, le altre sono state partecipate via via da società straniere. Quando è iniziata la crisi del cinema in sala, siamo stati anche i primi a fare le grandi serie televisive, come facciamo ancora oggi, e le facciamo come facevamo i film, lavorando nello stesso modo, facendo solo quello che ci fa piacere fare. È così che nel cinema papà ha fatto tanto Il Gattopardo quanto Un jeans e una maglietta con Nino D’Angelo senza pensare agli incassi. Poi se i film incassavano, ancora meglio”.
Tra i progetti in corso in casa Titanus, uno molto caro al produttore, che riguarda ancora una volta Giuseppe Tornatore: “l’edizione televisiva del suo primo film, ‘Il camorrista’, girata parallelamente alle riprese del film ma che poi non fu mai montata. Abbiamo ritrovato il girato dopo 37 anni e personalmente sono rimasto a bocca aperta, sembra realizzato oggi, tanto è attuale: un pre-Gomorra. Ne uscirà una serie in cinque puntate di un’ora ciascuna, che speriamo potranno essere trasmesse il prossimo anno”, conclude Guido Lombardo prima di ricevere, poco dopo, il Federico Fellini Platinum Award.
Nell’immagine in alto, Guido Lombardo presidente della Titanus. Nelle altre foto alcune scene de “Il pap’occhio”