L’arte è un recollage di Strati di memoria

S'inaugura questa sera a Ostuni la personale di Alberto Vannetti, l'eclettico artista romano che indaga il rapporto degli oggetti col passato per creare opere nel presente

Una cornice d’eccezione per una mostra altrettanto sorprendente: le sale del Boutique Hotel Paragon 700 di Ostuni ospitano, da questa sera, la personale Strati del maestro Alberto Vannetti. L’esposizione, che segue la precedente realizzata alla galleria Nuova Era di Bari, segna una tappa significativa nel percorso artistico dell’autore, genio eclettico dal grande impegno creativo, attivamente presente su ogni fronte culturale. Laureato all’Accademia di Belle arti di Roma, Vannetti ha promosso numerose rassegne, nazionali e internazionali. Nel 1986 fonda l’associazione culturale Sottotraccia e l’anno successivo, a Roma, la rivista d’arte contemporanea Opening, sostenendo diverse iniziative espositive ed editoriali e collaborando costantemente con artisti, storici e critici.

Si avverte un senso di eleganza multiforme, familiarità, mistero nelle opere in mostra, non estranee ad un accento gradevolmente ludico, tra accettazione e sperimentazione, conscio e inconscio, singolo e collettivo. Volti, mappature geografiche, spartiti scoperti e rimaneggiati. Tutto ha un sapore vintage, avvolto in quell’atmosfera fascinosamente d’antan che risulta immediatamente immersiva, che rapisce i sensi mentre cerchi di leggere tra le righe, scoprire il mittente – o il destinatario – di una lettera che ha valicato indenne le ombre della guerra, oppure di aprire una scatola che promana passato, sorrisi, forse anche lacrime bambine. Tutte le composizioni sono metodicamente ordinate, composte, ma lasciano aperto un varco, lo stesso in cui ogni visitatore può deporre la sua anonima missiva.

Vannetti affascina, suggerisce vie altre, invita lo spettatore a partecipare a questo micromondo nomadico affrancato da codici fissi, indifferente all’incedere del tempo, quasi immortale nel suo protrarsi oltre natura, oltre ogni immediata identificazione o riconoscimento. Si tratta di RE/collage, come lo stesso artista li ha battezzati, assemblage raffinati in cui si avverte il rispetto del recupero, pensati e modulati con la maestria di chi procede non per tentativi, di chi ama ogni scampolo anonimo senza identità.

Alberto Vannetti

Lui scopre, ri-scopre, crea, innesta, eterna ciò che respirava polvere fino a pochi istanti prima. Come si può non restare ammaliati, ma soprattutto incuriositi, dal gentlman con il pennacchio glitterato o dal giovane marinaio dallo sguardo magnetico? E chi sarà mai l’uomo velato?

Prima che le luci si accendano nelle sale dell’elegante boutique-hotel di Ostuni per il vernissage della mostra, rivolgiamo alcune domande a Vannetti su questa nuova esperienza.

Le tue installazioni hanno una funzione che potremmo definire “interattiva”: oltre l’osservazione suscitano partecipazione. Puoi spiegarci come nascono queste composizioni?

Da molti anni affianco ad un lavoro in varie tecniche espressive, anche una ricerca su oggetti, materiali e tutto ciò che mi rimanda a storie, stati d’animo, avvenimenti. Raccolgo testi, recupero qualsiasi cosa che cattura la mia immaginazione e che mi parla di antichità o contemporaneità. Che sia in un mercato o in un museo o semplicemente un oggetto trovato per caso. Nei mesi, negli anni questo singolare repertorio di materiali “matura”, per poi concretizzarsi in una sintesi, in una dimensione-opera. Ho sempre necessità di ricatalogare, rivedere, tutto ciò che raccolgo avendo sempre urgenza di spazio fisico e mentale. L’interattività con le mie opere in mostra non è mai tecnologica ma viva e diretta. Ritengo che l’unico scambio positivo e dinamico con il fruitore-spettatore sia di fronte all’opera stessa, pittorica o installativa, che lo rende partecipe di un confronto, di un dialogo, negativo o positivo, critico o ammirato, più classico che virtuale.

Il senso del recupero e della storia è molto evidente nella tua arte. Una storia che in realtà si trasforma…

Sono impegnato ad attraversare la storia, non solo dell’arte, ma riprendendo fatti e misfatti, immagini e pensieri. Mi immergo nel passato per ritrovare il presente. Credo che tutto ciò sfoci in un percorso variegato al limite dalla metafisica, ma sempre traendo origine in rilevanza dalle avanguardie storiche o dal senso del romanticismo italiano a partire dal periodo preimpressionista dei Macchiaioli, o dalla ricerca delle sensibilità umane degli artisti del passato.

Quanto è importante, secondo te, sperimentare alternative estetiche per veicolare l’opera d’arte?

E’ importante crescere sia nelle tecniche che nei contenuti: per me la “sperimentazione” porta sempre a variazioni estetiche e teoriche ma nel solco dell’impostazione generale di un percorso in cui confluisce anche il proprio “modus vivendi”. Ripetere meccanicamente uno stile o “logo” estetico per soddisfare il mercato è per me noioso, inutile e infine destinato a perdersi.

In questa nuova realtà postpandemica, spesso in bilico tra presenza e distanza, sono cresciuti, considerando la tua esperienza, gli artisti che cercano di stabilire un rapporto più stretto con la quotidianità?

Non saprei dire di preciso. Quello che noto è che la pandemia non ha smosso di un centimetro il sistema dell’arte e gli artisti più omologati ai voleri del mercato. Un semplice incidente di percorso esattamente come in tutti gli altri settori creativi, in maggioranza, in cui il fine principale rimane sempre autorefenzialità, denaro, prestigio, poca politica, indifferenza, poco dibattito, sia istituzionale che privato. Per fare una battuta si potrebbe dire che due anni di pandemia non sono bastati.

Quali i progetti futuri?

Questa personale qui ad Ostuni rimarrà aperta sino a fine maggio. Poi sono stato invitato dal network HoperAperta alla fabbrica del vapore di Milano, nel corso della design week. E, intanto, macino idee in vista di nuove e importanti iniziative artistiche. Ma voglio parlarne a tempo debito.

Nelle foto, alcune opere di Alberto Vannetti in mostra