Il cinema iraniano è un inno alla speranza

I premi a Roustaee e Panahi, costretti in patria dal regime degli hayatollah, confermano il sostegno del Bif&st alle produzioni che promuovono i diritti civili

S’intitola Leila e i suoi fratelli il film iraniano con cui si è aperta, questa mattina, la quarta giornata del Bif&st. Illuminante, iconico, coraggioso riesce ad offrire una rappresentazione della vita in quel paese meglio di un manuale o di un’inchiesta del tg. Lo sottolinea Marco Bellocchio, il regista di tanti inestimabili capolavori, chiamato sul palco da Felice Laudadio al termine della proiezione: “Il cinema è uno sguardo sul mondo, che non consente censure”, dichiara e aggiunge, in un momento di grande emozione, con il palco del Petruzzelli gremito di ospiti e di testimoni delle atrocità commesse dal regime degli hayatollah: “Noi registi italiani e più in generale europei siamo dei privilegiati. Subiamo anche noi condizionamenti nel nostro lavoro ma non certo ai livelli cui sono costretti i cineasti iraniani, di cui ammiro il coraggio di continuare a lavorare in condizioni così difficili. Penso che dovremmo prendere ad esempio il loro coraggio per fare meglio il nostro lavoro“.

Nella foto il direttore del Bif&st Felice Laudadio, Marco Bellocchio, Volker Schlöndorff e Sanaz Sohani

Fare il cineasta o l’attore in Iran rappresenta un pericolo mortale. In realtà, il solo esistere in Iran può essere pericoloso. Il regista di Leila e i suoi fratelli, Saeed Roustaee, era stato invitato da Laudadio a ricevere il Premio Fellini per l’eccellenza cinematografica. Il suo lungometraggio ha riscosso molto successo in Europa e non solo, aggiudicandosi a Cannes il Premio Fipresci. Eppure Saed non era sul palco del Bif&st. Non è venuto a festeggiare il suo trionfo, perché il governo iraniano gli ha sequestrato il passaporto, impedendogli di viaggiare.

Il regista Saeed Roustaee

Non ha avuto il permesso di uscire dal paese – spiega Laudadio al termine della proiezione, che ha lasciato il pubblico attonito, commosso, silenzioso -. Era già stato imprigionato tempo fa ma, essendo molto popolare e a seguito degli appelli da parte di tanti cineasti e intellettuali di tutto il mondo, è stato poi liberato ma privato del passaporto“.

“Senza passaporto è anche Jafar Panahi, anche lui invitato al festival per ritirare il Federico Fellini Platinum Award che gli verrà consegnato virtualmente da Volker Schlöndorff“, prosegue il direttore del festival. Gli avevano addirittura chiesto un video, una testimonianza, un collegamento veloce, anche tramite whatsapp per poter parlare con lui, ma quello che è il regista più importante dell’Iran ha risposto: “Non posso, voi capirete perché”.

Laudadio, vestito di nero come tutti gli addetti ai lavori per vicinanza ai cineasti, ha in seguito chiamato sul palco Hassan Nazer, il regista di Winners in programma nell’ambito del Panorama Internazionale del Bif&st. Nazer, intervistato da David Grieco, ha raccontato la sua storia di iraniano fuori dai confini della patria, quanto sia doloroso sentire il peso dei suo connazionali, il dolore dei suoi colleghi e non poter fare altro che sperare “e adoperare il cinema come un’arma di speranza, di giustizia, di verità“.

La locandina di Winners di Hassan Nazer

Non posso nemmeno provare a indovinare cosa accadrà perché ci sono troppe situazioni complesse in Iran; non riesco neppure a stare appresso a tutto ciò che succede. Quello che so è che il nostro movimento è in pericolo, la nostra stessa vita è in pericolo. Ogni volta che entro in Iran, da quando tempo fa mi è stato dato il permesso di entrare, avverto una sensazione di paura. Non resta che ciascuno faccia la sua parte, dai cineasti agli studenti“, conclude questo regista iraniano, residente in Scozia. Subito dopo, ha preso la parola Sanaz Sohani, mediatrice culturale, intervenuta come rappresentante della comunità iraniana in Puglia, che ha messo in luce una questione interessante che emerge nel film proiettato durante la mattinata al Petruzzelli. Leila e i suoi fratelli parla di una famiglia, una famiglia con una serie di problematiche, che deve sperare di sopravvivere nell’Iran di oggi.

Si tratta di una famiglia povera, anzi poverissima, che conta quattro figli maschi disoccupati, un padre che non ha intenzione di aiutarli, perché troppo legato alla tradizione, al desiderio di essere rispettato da parenti che lo maltrattano, che lo sfruttano e che puntano sulla sua ingenuità per poterlo soggiogare e manipolare. Non vede chi gli vuole davvero bene, è cieco di fronte al suo futuro. In una società apertamente teocratica e maschilista, in cui la donna occupa una posizione marginale, Leila è il simbolo di altro: è una donna che lavora e che ha occhio per gli affari, al punto da indirizzare i fratelli verso un affare sicuro, che farebbe uscire la sua famiglia dalla povertà.

Una scena tratta dal film di Leila e i suoi fratelli

Ha un potere enorme, che però esercita in casa, tra le mura domestiche, non fuori. Fuori è come tutte le altre donne, e come tale deve tacere. “La donna iraniana – racconta Sanaz Sohaniha un’importanza enorme nella famiglia. Capeggia su tutti. Pensate, quindi, quanta importanza potrebbe avere nella società o quanta importanza ha a conti fatti. Le ragioni dell’arresto del regista si legano anche a questo: all’aver raccontato la verità anche sul grande potere che ha la donna, sul grande pericolo che rappresenta”.

A concludere la giornata l’intervento di Maya Sansa, figlia di iraniani trasferitisi in Italia. “Per anni ho chiesto a mio padre di portarmi a visitare il suo Paese – racconta – ma lui per molto tempo non ha voluto, soprattutto dopo che ho iniziato a fare l’attrice. Era per proteggermi, aveva paura. Finalmente a ventisette anni sono riuscita ad andare a conoscere la mia famiglia d’origine e ho scoperto un paese meraviglioso, dove le persone sono colte e libere quando sono tra le mura delle loro case. Io credo che si debba continuare a sostenere le proteste in atto in Iran soprattutto utilizzando i social, gli hashtag, citando i nomi e le parole chiave più popolari finché i ‘guardiani della rivoluzione’ non verranno finalmente riconosciuti come terroristi” conclude.