Il Bif&st è appena iniziato e già ci riserva uno splendido coup de théâtre: la prima delle sette masterclass, con protagonista Gabriele Salvatores. La folla che attende l’apertura delle porte, all’ingresso del Petruzzelli, è immensa. Un serpentone che si biforca in tante direzioni, una scia luminosa e vociante di ragazzi e adulti che fremono dalla voglia di vedere dal vivo uno dei registi più amati e celebrati del panorama nazionale. Tutti ricordano Salvatores per l’Oscar al miglior film straniero assegnato al suo bellissimo Mediterraneo, un inno poetico allo spirito italico, alla vitalità di un popolo, all’attitudine che noi abbiamo a “perderci” per il mondo e a godere sino in fondo della bellezza della vita, nello sforzo di sfuggire alla malinconia che portiamo dentro. Quella certa mestizia che sembra essere parte integrante del nostro codice genetico.
Quella di Salvatores è una tra le più interessanti masterclass in programma, eventi che rappresentano l’anima più vera e splendente di questa quattordicesima edizione della rassegna. Davanti a me, nella lunghissima fila all’ingresso del Petruzzelli, un signore anziano sciorina vita e miracoli di Salvatores, come fosse un amico di vecchia data. Ricorda in ordine cronologico tutti i suoi film e ne parla alla donna che l’accompagna come fossero vecchie conoscenze: “Abbiamo la stessa età – spiega – ed è il mio regista preferito, sai? E’ come se avesse saputo interpretare ogni mia emozione e stato d’animo. Quando guardo un suo film, mi vedo dentro, mi scruto, mi comprendo un po’ di più“.
E mentre parla e si avvia con la compagna verso le porte del teatro, finalmente spalancate, mi ritrovo a seguirlo come una bambina dietro al pifferaio magico di Hamelin. Ho visto insieme a loro Nirvana del 1997, film di fantascienza a tema cyberpunk, che è stato a suo modo pionieristico del genere in Italia. Salvatores, dopotutto, è un attento osservatore del cinema internazionale ed è riuscito a portare tantissime novità nella produzione nazionale. Nel film si intravedono volti ora stranoti ma che, all’epoca, faticavano ancora per farsi strada tra altrettanti volti: Stefania Rocca, in una delle sue interpretazioni più interessanti, e perfino Amanda Sandrelli. Diego Abatantuono, la star di Salvatores, è indimenticabile, come in tutti i film del regista in cui ha recitato.
“Un bravo regista – osserva ad un certo punto il signore che oramai mi ha adottato – è chi capisce che ruolo dare ad un attore e lo fa risaltare al meglio“, mentre l’amica annuisce con la testa, nella penombra della sala, tra i velluti rossi delle poltrone e gli stucchi dorati dei palchi. Quando le luci si accendono mi giro a guardare l’uomo e lo vedo visibilmente commosso. Chissà cosa gli aveva ricordato quella visione. Sto per domandarglielo quando Salvatores fa entra dall’ingresso principale e tutti ci alziamo in piedi ad applaudirlo. Primo tra tutti questo mio compagno di viaggio, con gli occhi lucidi per l’emozione.
Nel corso dell’incontro al regista viene rivolta una serie di domande sul film, ma soprattutto c’è voglia di anticipazioni sul nuovo lungometraggio che sarà presentato in serata: Il Ritorno di Casanova con Toni Servillo, Fabrizio Bentivoglio e Sara Serraiocco. Il presidente del festival, Volker Schlöndorff, assegna il Federico Fellini Platinum Award for Cinematic Excellence al cineasta per il grande apporto che hanno dato i suoi film al paese e non solo. “Non a caso, parliamo di uno dei registi più rappresentativi del nostro cinema – commenta Felice Laudadio, il direttore della rassegna barese – e sicuramente di uno di quei volti splendenti e luminosi cui veniamo associati ad di fuori dei confini nazionali“.
“Sono particolarmente felice e onorato di inaugurare il Bif&st con ‘Il Ritorno Di Casanova’, il mio ultimo film”, dichiara il regista, entusiasta ed emozionato. E riprende: “Sono contento per molte ragioni, ma soprattutto perché il Bif&st è un festival che si tiene in una regione del Sud, e io sono napoletano, e in una splendida città che amo”. Ed è proprio sul palco del Petruzzelli che Salvatores racconta di aver recitato da giovane: “non nascondo di sentirmi un giovinetto anche adesso. Provo le stesse emozioni di allora e anche la stessa sottile agitazione” osserva divertito. “Non so se si nota” dice, rivolgendosi al pubblico, che prorompe in un applauso incoraggiante.
Durante l’intervista, non posso fare a meno di notare il mio amico, fan incallito di Salvatores nell’atto di sporgersi in avanti sulla poltrona, al punto quasi di mettersi in piedi, per avere tutto per sè il regista. Siamo in seconda fila in platea. “Non l’avevo mai visto così da vicino” mi dice ad un tratto, notando il mio interesse nei suoi confronti. La sua passione è contagiosa e non vede l’ora di tornare in teatro sul far della sera per assistere al nuovo film di Salvatores, che tenta di raggiungere al termine della master class. Lo lascio nella folla indistinta sotto il palco, nella calca degli ammiratori. E, seppur lontana, riesco ancora a scorgerlo nell’atto di allungarsi verso il suo regista preferito. Forse, solo per raccontargli di essere il suo più grande fan.
Nella foto in alto, Gabriele Salvatores sul palco del Petruzzelli. Tutte le foto sono tratte dal sito del Bif&st