La settimana che ha come missione i giovani

La chiesa del Preziosissimo Sangue ospita un gruppo di missionari, seminaristi e laici che incontrano i giovani nelle strade dei quartieri Libertà e Murat di Bari

La personalità che nel modo più significativo ha preso a cuore i sogni, i progetti e le inquietudini dei giovani è certo Papa Francesco. Basti pensare al Sinodo del 2019 a loro dedicato o al progetto Economy of Francesco che impegna una comunità internazionale di giovani economisti, imprenditori e change-makers nel dialogo inclusivo e nel tanto auspicato cambiamento globale.

Don Vincenzo Giannuzzi, parroco della chiesa del Preziosissimo Sangue in San Rocco

Grazie alla sua cura e attenzione verso i giovani si registra, come dimostra il dato Demos per italiani.coop, una maggiore fiducia (oltre il 32%) dei giovani stessi (Osservatorio Giovani Giuseppe Toniolo) nell’istituzione-chiesa. Un dato che pur alimentando un certo ottimismo resta, tuttavia, piuttosto marginale se confrontato con le percentuali del 44% dei giovani che si dichiarano atei e del 56% che affermano di essere credenti ma non praticanti.

In risposta a queste analisi e non solo, a Bari dal 25 marzo al 2 aprile, l’equipe composta da due missionari del Preziosissimo Sangue, affiancati da due seminaristi e da sei giovani coraggiosi ed entusiasti, sono gli artefici della Settimana di Animazione Missionaria, il cui obiettivo è ascoltare e sviluppare il dialogo con i giovani all’interno delle scuole, per le strade e le piazze dei quartieri Libertà e Murat. L’iniziativa s’inserisce nell’ambito delle attività realizzate dalle Missioni Popolari, carisma dei Missionari del Preziosissimo Sangue, congregazione fondata da San Gaspare del Bufalo, sacerdote laziale vissuto tra XVIII-XIX secolo. In poco più di duecento anni di vita, i missionari mossi dalla spiritualità del Sangue di Cristo hanno portato in numerose parti del mondo l’annuncio del vangelo e realizzato importanti opere. L’evento in corso richiama quello già vissuto nel capoluogo pugliese nel 2010, quando si tennero alcune intense e proficue settimane di evangelizzazione e di incontro con le famiglie, i giovani, gli ammalati.

La settimana d’animazione, come si è accennato, porterà l’equipe dei missionari anche nei licei Orazio Flacco e Scacchi oltre che all’università, con momenti di incontro, catechesi, preghiera, oratori oltre ad appuntamenti legati alla musica e alla danza.

Giovane parroco della chiesa del Preziosissimo Sangue in San Rocco a Bari, originario di Lecce, già missionario e viceparroco a Firenze nonchè vicerettore del seminario della congregazione a Roma, don Vincenzo Giannuzzi spiega il valore della Settimana di animazione missionaria e le sue ricadute sul territorio cittadino e sulla comunità dei fedeli.

Quale risultato si attende da quest’iniziativa?

Vogliamo uscire dalla realtà circoscritta della parrocchia per andare incontro ai giovani attraverso la pastorale di strada. La finalità è facilitare la creazione dei presupposti per uno scambio di conoscenza e consentire, soprattutto ai giovani missionari laici, di mettersi in gioco, offrendo testimonianza con la propria vita e rendendosi protagonisti attivi della bellezza che le loro esistenze custodisce.

Come si articola il programma dell’iniziativa?

I giorni di animazione missionaria sono stati inaugurati con l’arrivo del reliquario di san Gaspare del Bufalo. Con i momenti di incontro, di catechesi, di oratorio rivolti ai giovani, ai bambini, alle famiglie e agli anziani vogliamo coinvolgere nel modo più ampio le diverse generazioni e i residenti del quartiere Libertà. L’animazione nelle scuole e nell’università è un’opportunità per raggiungere, i cosiddetti “lontani”, i giovani distanti dalle dinamiche del cammino ecclesiale. L’intenzione principale è porsi in atteggiamento di ascolto, seguendo il tema della pastorale giovanile – “La guarigione del cuore viene dall’ascolto” – sollecitata proprio delle indicazioni del sinodo. Allo stesso tempo, però, questa settimana servirà per ravvivare ulteriormente la comunità parrocchiale, a cui sono grato per il fermento e la passione con cui vive la pastorale nel quotidiano.

L’animazione missionaria rappresenta una sfida tra le numerose “luci” che brillano negli occhi delle giovani generazioni?

Vorremmo provare a dare un annuncio diverso. In tutta sincerità, riempie di gioia vedere giovani laici, provenienti da altre zone d’Italia affiancare i missionari per portare lungo le strade della città e nelle piazze dei quartieri baresi interessati, luoghi cittadini comunque “difficili”, il messaggio cristiano. La loro presenza comunica un modo di “essere chiesa” semplice e coraggioso che non teme di abbracciare, di andare incontro e accogliere.

Con quale spirito si deve affrontare un percorso di questo genere?

E’ proprio lo Spirito che spinge ad andare per le strade e manifestare l’amore per tutti coloro che s’incontrano, portando una parola diversa di salvezza e di vita. Il mio desiderio come parroco e pastore è seminare una “parola”, incrociando il volto dell’altro, e offrire una piccola testimonianza di chiesa che vuole essere presente nel territorio circostante. La speranza la trovo proprio nel seme gettato con l’organizzazione della settimana d’animazione. Per i frutti non resta che sperare in Qualcuno…

Quali emergenze e quali potenzialità intravede nel territorio? A quale compito sono chiamati i missionari nei contesti sociali cittadini?

Sono parroco a Bari da meno di due anni e ammetto, da salentino, di essere stato accolto con sincero affetto dai cittadini. La comunità parrocchiale e il quartiere hanno tante potenzialità. Dall’esperienza che sto vivendo percepisco una grande sete di incontro. Avverto un desiderio da parte dei fedeli e dei cittadini di crescere. Osservo con ammirazione e speranza soprattutto i giovani impegnati con passione nel servizio di animazione verso i bambini, nell’oratorio e nelle altre attività di carità in parrocchia. Potenzialità provengono anche dal desiderio delle famiglie di potersi incontrare, soprattutto dopo la triste pagina della pandemia. Si respira un vero e proprio desiderio di mettersi in gioco nella comunità parrocchiale che, in qualche modo, rispecchia gli auspici di gran parte della popolazione per il bene comune.

Nei confronti dei giovani risulta determinante il saper comunicare…

La chiesa è una madre che si occupa e preoccupa per i suoi figli. Si sta impegnando da tempo con una nuova evangelizzazione, mettendo in atto modalità più efficaci con cui  andare incontro ai giovani senza dimenticare, come ricorda papa Francesco, lo spirito e la ragione per cui vale davvero la pena conoscersi: l’amore fraterno che proviene da Cristo.

Quali sono i motivi per cui le chiese si svuotano e i giovani si allontanano da un cammino di fede?

La causa, forse, è da trovare nella testimonianza, oserei dire, poco autentica di fede da una parte del mondo degli adulti, dei sacerdoti, dei religiosi, della chiesa stessa. Davanti a questo “vuoto” devo però constatare alla “distanza” la capacità della chiesa di accogliere tanti giovani che portano nel cuore il desiderio di qualcosa di grande per la loro vita e il loro mondo. E ciò dà molta fiducia.

Lei ha occasione di incontrare e dialogare con tante persone e molti giovani. Quali sono i loro più grandi bisogni?

Il desiderio più grande che percepisco dai colloqui con i giovani o, semplicemente, da coloro che si affacciano in chiesa è essere valorizzati e ascoltati. Nella mia piccola esperienza di sacerdote mi sono accorto che è fondamentale saper stare con le persone, mettersi in ascolto, far percepire stima e affetto. Trascorrere del tempo insieme, senza grandi artifici, facendo intuire che c’è chi tiene alla loro vita, ai loro progetti, alle loro emozioni. Tutto questo supera i discorsi su ciò che i giovani possono o devono fare e che spesso limita la loro più autentica espressione.

E’ più importante che la chiesa esca o attiri? 

La chiesa, sull’esempio di Gesù Cristo è da sempre chiamata ad uscire e allo stesso tempo ad essere attraente. Deve attrarre, non attirare! E’ chiamata a trasmettere la bellezza.

Come vive le contraddizioni di un’epoca, in cui il diffuso relativismo rischia di svilire la figura e l’impegno del sacerdote?

E’ una domanda su cui mi interrogo molto. Come sacerdote provo a farmi guidare costantemente da un’immagine a me molto cara: quella del pastore. Il pastore che si prende cura del suo gregge stando tra la gente. Senza dubbio, come in tutte le relazioni, si verificano incomprensioni con le persone, emergono differenti punti di vista, si creano discrepanze. Eppure l’immagine del pastore aiuta, in alcuni casi, a saper attendere persone e tempi, come il padre che aspetta il figliol prodigo del brano evangelico. Aspettare con la forza della preghiera. Un padre pastore che cerca sempre la vita dell’altro e al quale mi sforzo di somigliare.