Un gradito e interessante ritorno: oggi e domani, 25 e 26 marzo, si rinnova l’appuntamento con le Giornate FAI di Primavera, il più importante evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico del Belpaese. La manifestazione di punta del Fondo Ambiente Italiano, giunta alla trentunesima edizione, offre l’opportunità di scoprire e riscoprire sorprendenti tesori d’arte e natura, partecipando alle visite a contributo libero proposte dai volontari della fondazione in oltre 750 luoghi di 400 città, la maggior parte dei quali solitamente inaccessibili o poco conosciuti. Porte aperte, dunque, a chiese, palazzi storici, castelli, musei, ville e aree archeologiche, e ancora esempi di archeologia industriale, collezioni d’arte, biblioteche, edifici civili e militari, luoghi di lavoro e laboratori artigiani.
La delegazione barese del FAI, coadiuvata dai gruppi locali, ha selezionato nove siti, in diverse località della provincia, offrendo un itinerario come sempre molto variegato. Le aperture, da Molfetta a Locorotondo passando per diverse località dell’entroterra, abbracceranno un arco cronologico che va dal XII al XIX secolo raccontando tanta storia del nostro territorio. Anche quest’anno Primo piano offre una sorta di itinerario-guida utile nella scelta dei luoghi più vicini o, come spesso fanno i più affezionati, per programmare la visita di tutti i siti proposti in un vero e proprio tour dei luoghi FAI.
Molfetta, Villa I Carrubi, Via Borsellino, 1
Situata alla periferia della città, raggiungere Villa I Carrubi è molto semplice. La struttura è posizionata sulla destra lungo la strada provinciale che da Molfetta conduce a Terlizzi, poco prima dell’accesso alla statale 16 bis.
Le prime notizie riguardanti il fondo su cui insiste la residenza di campagna risalgono al 1825. L’edificio si presenta con un’organizzazione planimetrica fortemente simmetrica: il corpo di fabbrica centrale, che presenta un caratteristico loggiato di ingresso, unisce due edifici preesistenti. Anche il giardino interno ha un impianto simmetrico, con i viali che dividono lo spazio in quattro aiuole principali. È presente anche la tradizionale cappella, dedicata in questo caso a Sant’Anna, la cui peculiare abside è sormontata da una volta a botte decorata con stucchi tra i quali primeggia la sirena “bicaudata”.
L’apertura, in occasione delle Giornate FAI, prevede un percorso finalizzato a scoprire la storia, l’atmosfera e i dettagli della struttura, durante il quale verrà raccontata la bellezza naturalistica della villa e del suo giardino segreto. Verrà inoltre raccontata la storia di Raimondino e della bella Melusina e spiegata l’origine della sirena “bicaudata”, simbolo di fertilità di tradizione molto antica, diventato durante il medioevo un ammonimento ai peccati della carne, per essere poi riscoperta durante il periodo neoclassico quale elemento decorativo.
Bitonto, Palazzo Vulpano Sylos, Via Antonio Planelli, 51
Raggiungere Palazzo Vulpano Sylos è un’ottima occasione per visitare il bellissimo centro storico di Bitonto. Nel 1445 il palazzo risulta già in costruzione (come testimonia un documento relativo al notaio Angelo de Vulpano) inglobando, in un impianto rinascimentale, la torre costruita intorno al 1156, quando Goffredo Vulpano giunse per sfuggire alle devastazioni di Guglielmo il Malo. Un’epigrafe riporta la data 1500 citando i due fratelli Leutius e Iohannes Pascalis, quali fondatori del palazzo. Al 1502 risale un’altra epigrafe che reca sia lo stemma della famiglia Vulpano sia quello della famiglia Sylos, di origine spagnola.
L’impianto rinascimentale a curtis è dominato dal fondale scenografico della loggia. L’ampia facciata presenta quattro finestre quadrate al pianterreno e cinque al piano superiore, trasformate poi in balconi. Sul portale d’ingresso, di ispirazione catalana, vi è la statua che rappresenta San Michele Arcangelo. All’interno, sul cortile quadrato, si affaccia la loggia decorata che allude alla dicotomia tra il buono e il cattivo governo, tesa a esaltare le virtù civiche e morali della famiglia.
A seguito dei lavori di consolidamento e restauro, a cura degli attuali proprietari, è possibile ammirare lo stile, l’architettura stratificata nel tempo, l’apparato scultoreo e decorativo di notevole pregio e raffinatezza, i saggi archeologici, gli affreschi di recente rinvenimento, le cisterne per la raccolta di olio e cereali e la cappella dedicata a San Michele Arcangelo.
Bari, Palazzo Starita, Piazza del Ferrarese, 23
Palazzo Starita è indubbiamente uno dei più importanti palazzi di Bari. Fin dagli inizi del Settecento si frappone nello spazio tra le due piazze principali del centro storico: piazza Mercantile e piazza del Ferrarese. Fu edificato nell’area retrostante l’antico “sedile” della città, un’area a ridosso della muraglia sull’antico porto, adiacente a luoghi pubblici quali l’antico deposito delle polveri e la guarnigione.
Il drammatico evento dell’esplosione della polveriera nel 1601, ampiamente riportato nella storiografia locale, fu l’occasione per ridefinire l’assetto urbanistico della zona. Nel 1602 vennero avviati i restauri del Palazzo del Sedile, costruito intorno al 1543 da Nicolantonio Bonafede di Acquaviva, e sulla sua sommità, nel 1604, fu realizzato il piccolo campanile in stile normanno tuttora presente. I lavori di ridefinizione dell’area continuarono con l’apertura, nel 1612, della porta di mare e infine nel 1625 con la demolizione della chiesa di Santa Maria della Misericordia. Nel secolo successivo gli interessi mercantili condussero in città mercanti veneti. Due di loro, provenienti da Ferrara, Girolamo Barrucchelli e Stefano Fabbri, fecero progettare e costruire l’imponente palazzo ad uso residenziale. Il Fabbri comprò nel 1722, dal Comune di Bari, lo spazio sovrastante il palazzo del Sedile per adattarlo al nuovo palazzo.
Per le Giornate di Primavera del Fai verrà aperto il cantiere di Palazzo Starita, fino a qualche anno fa inaccessibile perché privato. Nel 2016 la Fondazione Puglia ha acquistato il palazzo dalla famiglia Starita per trasformarlo in uno spazio di “arte e attività culturale”. Sarà un’occasione per il pubblico per varcare la soglia del grande portone su piazza del Ferrarese ed accedere nel grande androne decorato a stucchi; da questo si percorre lo scalone dalla ringhiera elaborata che porta ai due piani superiori. Le sale dei due piani si sviluppano e si aprono sulla facciata meridionale in una teoria di vani, alcuni con una strepitosa vista del mare altri sulla città vecchia. Attraverseremo i saloni del primo piano e ne ammireremo i decori prima di salire al secondo piano per la ‘chicca’ della visita, l’uscita per la prima volta sul loggiato del Palazzo del Sedile, con le sue arcate dalla vista spettacolare su piazza Mercantile e sulle chiese della città vecchia.
Altamura, Masseria Redenta, Statale 96, km 86
La Masseria Redenta si trova a pochi chilometri dal centro abitato di Altamura sulla via per Bari. È una azienda agricola multifunzionale, esclusivamente a conduzione familiare, di proprietà della famiglia Stasolla dai primi anni del ‘900; le sue attività spaziano dall’allevamento delle api, con la produzione di miele e prodotti dell’alveare, a quello dei lombrichi per la produzione di humus e alla coltivazione di piante aromatiche.
La masseria faceva parte di un rilevante complesso aziendale creato sull’Alta Murgia da Michele Stasolla, medaglia d’oro al merito Rurale, che negli anni ’30 si profuse in un’opera profonda di recupero del territorio con la messa a coltura delle zone suscettibili di coltivazione (i “canali” della Murgia), la valorizzazione degli erbosi, la piantumazione di olivi, piante da frutto e boschi di conifere, la costruzione di muretti a secco, utilizzando la pietra locale. Realizzata tutta in pietra con una particolare caratteristica: non lavorata e squadrata ma naturale così come veniva estratta dal duro lavoro dei nostri avi e poi utilizzata nella costruzione di strutture aziendali e di muretti a secco (allora nulla si distruggeva ma tutto si recuperava e si riutilizzava).
Il visitatore che giunge a questa graziosa masseria sarà colpito dall’intenso profumo dei fiori e dall’incantevole vista del paesaggio murgiano, dal calore della casa di campagna. A pochi km da Altamura, a 2 km dalla Grotta dell’Uomo di Altamura, a 5 km dal Pulo. Quando si giunge, corpo e mente trovano un appagamento insperato e si immergono in un’atmosfera inaspettata ove tutto è in armonia con la natura.
Gravina in Puglia, Chiesa rupestre “Sesta”, Via Fontana la Stella – Complesso ipogeo ex monastero di Santa Sofia, Via Donato Cristiani, 34
La Chiesa Rupestre denominata “Chiesa VI” è ubicata a ridosso del Ponte Acquedotto e, precisamente, sul versante destro del burrone, in un ambiente suggestivo nei pressi del sito archeologico “Padre Eterno”.
Luogo da poco scoperto, tutt’ora oggetto di studi. Realizzata probabilmente tra l’VIII e il IX secolo. L’apertura nelle Giornate Fai prevede la visita guidata della Chiesa rupestre VI, di recente scoperta. Inoltre, i visitatori potranno ammirare il noto Ponte Acquedotto e l’habitat rupestre circostante. Il complesso ipogeo rinvenuto nell’ex Monastero di Santa Sofia è ubicato nel cosiddetto antico rione dei greci non molto distante dal centro della città. Durante i lavori di restauro dell’ex monastero del primo stralcio, effettuati tra il 2006–2009, fu rinvenuto un complesso ipogeo. Fino ad all’allora sconosciuto, articolato in una serie di ambienti tutti scavati nella roccia che per i loro caratteri tipologici e morfologici sembrano essere legati a contesti funerari tardo-antichi. Durante i lavori di recupero avvenuti nel 2015–2017, del complesso conventuale, sono emerse altre volumetrie interrate.
Il complesso ipogeo si compone di quattordici ambienti tutti ricavati nella roccia, a una profondità variabile tra i cinque e i dieci metri dal piano stradale soprastante. Gli ambienti presentano sulle superfici delle pareti segni di una attenta escavazione, consistenti in piccole nicchie, anelli litici e alloggiamenti per lucerne. Internamente le grotte si compongono di una successione sulle pareti laterali di grandi nicchioni, al di sotto dei quali sono state ricavate fosse per sepoltura. L’apertura nelle Giornate FAI prevede la visita guidata agli ipogei dell’ex monastero di santa Sofia. Inoltre, i visitatori potranno ammirare i monumenti che si affacciano sulla piazza Notar Domenico, percorso obbligato per raggiungere il monastero.
Mola di Bari, Chiesa e convento di Santa Chiara, Via Cesare Battisti, 22
L’edificio sacro, dedicato a Santa Chiara, e l’annesso convento di clausura sono collocati sulla antica strada che collega la piazza principale con il monastero di San Domenico.
Edificato nel XVIII secolo su progetto dell’architetto Ruffo, è stato un punto di riferimento per la storia sacra del paese. Durante la Prima guerra mondiale l’intera struttura è stata adibita a carcere per 13 cappellani militari austriaci, mentre durante il secondo conflitto mondiale è stata utilizzata come base operativa delle forze anglo-americane. Il convento è attualmente una delle sedi dell’accademia delle belle arti di Bari.
Conversano, Castello di Marchione, Strada Provinciale 101, Km 6
Il Castello di Marchione, fatto costruire dagli Acquaviva d’Aragona, conti di Conversano, ha preso il nome dallo sterminato bosco che lo circondava, detto macchione, ancora alla metà dell’Ottocento presente nella zona e del quale sopravvivono alcuni monumentali esemplari di querce. Il castello si trovava al centro dell’antica tenuta di caccia dei Conti, che si estendeva per 1.552 “tomoli”. Dell’edificio, nato come castello, si ha notizia dalla fine del Cinquecento. A metà Seicento fu ampliato sul modello delle ville veneziane.
L’edificio è formato da quattro torri angolari, collegate tra di loro da stanze. Nei lavori eseguiti a metà del ‘600 fu sovrapposta una struttura che richiamava i palazzi veneziani, formata da un salone centrale con due logge opposte aperte sulla campagna circostante e con stanze laterali. Durante la visita sarà possibile visitare l’interno del castello, normalmente non aperto al pubblico, conserva testimonianze della storia della famiglia Acquaviva d’Aragona e Filomarino, come il ritratto falsamente ritenuto di Giangirolamo II, ma in realtà del padre, Giulio I, e quello di Isabella Filomarino. Sono custoditi numerosi altri ritratti dei duchi d’Atri e dei conti di Conversano, dei cardinali di Casa Acquaviva d’Aragona, ritratti del re di Spagna Filippo V, con cui erano imparentati, e di sua moglie Elisabetta Farnese. Sarà inoltre possibile visitare il grande parco che circonda il maniero, ricco di querce secolari e macchia mediterranea, vestigie dell’antico bosco, tenuta di caccia dei Conti di Conversano. Il maniero è rimasto sino al 2003 nella proprietà della famiglia degli Acquaviva.
Monopoli, Masseria Losciale, Contrada Losciale
La masseria Losciale, collocata su un’altura a 10 km da Monopoli, si presenta interamente racchiusa entro una cinta muraria alla cui cortina esterna si addossano ulteriori muri che accolgono gli agrumeti, gli orti e l’ovile. La struttura della masseria risale ai primi del ‘600 e fu acquistata dai Martinelli, ricca famiglia di origini salernitane, i quali si imparentarono con la nobiltà monopolitana sposandosi con gli Indelli, i Manfredi e i baroni Ghezzi, tra il 1790 ed il 1802. Le enormi proprietà frutto di queste unioni divennero, infine, dei Meo Evoli a seguito dei i matrimoni con le sorelle Martinelli.
La Masseria si presenta a corte chiusa, protetta da un alto muro di cinta che delimita insieme agli edifici anche un’aia di forma rettangolare allungata, su cui prospettano tutte le strutture. Esternamente, lungo il muro perimetrale, corrono i in pietra deputatati al convogliamento delle acque verso una cisterna. Il nucleo originale della casa padronale è individuabile in un edificio turriforme a tre piani, nella seconda metà del ‘700, alla facciata della torre viene addossato un nuovo ingresso costituito da uno scalone monumentale e da una loggia ariosa in corrispondenza del primo piano. È presente, come di consueto, una chiesetta con campanile al cui fianco si trova un forno con la sovrastante colombaia. La masseria è dotata anche del frantoio ipogeo all’interno del quale campeggia una lunetta raffigurante la Vergine con Bambino, databile fra XV e XVI secolo, a cui è associata un’iscrizione incisa riportante le lettere “HRTS”, la cui decifrazione risulta ad oggi ancora controversa.
Locorotondo, Museo della Biodiversità e giardino di Masseria Ferragnano
La visita propone due luoghi connessi. Il Museo diffuso della Biodiversità e il giardino di Masseria Ferragnano. La visita riguarderà in particolare la sezione frutticola all’interno delle strutture e dei campi collezione del “Centro Regionale per la conservazione ex situ di fruttiferi, vite e olivo autoctoni pugliesi”. Si tratterà di un percorso itinerante che legherà la visita dei campi, dei laboratori e delle strutture legate alla biodiversità
Progettato nel 1811 dall’architetto locorotondese Giuseppe Campanella, il giardino era stato concepito come luogo di contemplazione e cultura, piacere e svago, pensato come estensione dell’architettura della masseria in una continua ricerca armonica tra la villa, il giardino e la natura circostante. Lo spazio ha un impianto regolare governato dalla geometria, in cui trovano posto piante sempreverdi ed elementi architettonici che guardano all’antichità, il tutto secondo un preciso principio compositivo volto a dare evidenza all’estetica secondo i canoni del giardino formale rinascimentale. Il giardino a pianta rettangolare è circondato da un alto muro di recinzione interrotto da due ingressi laterali che permettevano di accedervi dalle due strade adiacenti.
La visita riguarderà i campi di conservazione del germoplasma frutticolo che ospita più di 1.200 accessioni distribuite in circa 7 ha di terreno suddivisi principalmente in albicocco, ciliegio, fico, mandorlo, pero, pesco ed altri frutti. Saranno inoltre visitati i laboratori di caratterizzazione morfologica e tecnologica di fruttiferi, all’interno di trulli recentemente ristrutturati che anticamente costituivano la “Masseriola Marangi”, di origine seicentesca, di proprietà dei Basile Caramia.
Nella foto in alto, una veduta notturna del Castello di Marchione a Conversano