Nessuno può cancellare i sogni delle ragazze

Con questa intervista a Pietro Orlandi proviamo ad aggiungere un tassello alla vicenda della scomparsa di Emanuela, perchè la verità prima o poi possa trionfare

A soli quindici anni, da un giorno all’altro, Emanuela non fa più ritorno a casa. Siamo a giugno del 1983. È uscita per andare, come al solito, a lezione di musica. Ma dopo, senza nessun segno premonitore, la ragazza viene condannata a non poter più rivedere genitori e fratelli.

È da tempo che penso e ripenso a questa vicenda. L’improvvisa e inspiegabile sparizione di Emanuela Orlandi si è insinuata profondamente nella mia mente e nella mia coscienza. E, oggi, quando la magistratura vaticana dichiara di voler aprire un’inchiesta sul caso, irrisolto da quarant’anni, il mio sguardo torna a polarizzarsi su quell’esile figura, su quella piccola donna che va incontro ad un assurdo destino che non si può neanche solo immaginare. Una ragazza come tante, come sarei potuta essere io stessa alla sua età. Una ragazza semplice con la sua vita fatta di amici, di una famiglia serena, di svaghi e di studio, di tanti sogni come tutti i giovani a quell’età.

Sono diverse le ipotesi con cui si è cercato di spiegare in questi lunghi anni questa triste storia. Si è ipotizzato che sia legata al terrorismo internazionale e ad Alì Agca, l’attentatore di Giovanni Paolo II. Qualcuno ritiene che abbia a che fare con le trame economico-affaristiche di alcuni esponenti del Vaticano. Altri parlano di abusi sessuali. La pista più attendibile – stando in particolare alla ricostruzione fatta dal giornalista Andrea Purgatori nella serie Netflix “Vatican Girl” – sembra quella dei soldi: Emanuela sarebbe stata rapita per ricattare Giovanni Paolo II e mons. Marcinkus, capo dello Ior, ai tempi impegnato nel sostegno del sindacato cattolico Solidarnosc, che aveva finito per prosciugare anche le casse del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Tra gli obiettivi del sequestro dunque, ci sarebbe il recupero, almeno in parte, dei soldi versati in Vaticano tramite canali illeciti.

Un groviglio di fatti, di trame, di interessi, di persone e ipotesi rimasto tale purtroppo ancora oggi. Una vicenda che continua a suscitare scalpore. Una storia sulla quale continuo a rimuginare e non “darmi tregua”. E’ per questo che continuo a guardare le inchieste in tv, leggo i giornali, mi confronto con gli amici e al termine di un giro davvero complesso, riesco a parlare con Purgatori e a mettermi in contatto con il fratello di Emanuela, Pietro. Che con molta semplicità e naturalezza acconsente a rispondere alle mie domande, per continuare a scuotere l’opinione pubblica, per far vibrare fino in fondo le corde dell’animo di chiunque abbia volontà di capire e possa contribuire a fare luce sulla scomparsa di sua sorella, Emanuela. Per riuscire in qualche modo ad acquietare un animo che non ha mai smesso di soffrire e interrogarsi, di chiedere giustizia e verità.

Come può la chiesa essere un punto di riferimento per la cristianità se nel Vaticano si possono verificare vicende di questo genere?

Io farei un distinguo: è vero che il Vaticano è l’istituzione che rappresenta la Chiesa nel mondo, ma è vero anche che gli insegnamenti alla base del cristianesimo sono giustizia e verità. Non ho visto affermarsi questi due principi in Vaticano, negli ultimi quaranta anni, nella vicenda collegata alla sparizione di mia sorella. Ora non so quanto i fedeli se la sentano ancora di avere fiducia nelle persone che rappresentano il Vaticano.

Papa Francesco ha detto che “Emanuela è in cielo” mentre Ratzinger non ha mai avuto una parola di solidarietà per lei. Anche Ali Ağca, l’attentatore di Giovanni Paolo II, dice che Ratzinger non ha avuto nessuna responsabilità nella sua sparizione, ma avrebbe potuto liberarla se avesse deciso di farlo. Che qualcuno in Vaticano conosca la verità, stando alle varie ricostruzioni giornalistiche, appare altamente probabile…

Come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, anche papa Francesco potrebbe essere a conoscenza di ciò che è successo. È il suo atteggiamento che mi autorizza a pensarlo. Il fatto che, dopo anni in cui il nome di mia sorella era un tabù, abbia detto che “Emanuela è in cielo” senza nessuna prova concreta della sua morte, è assurdo. Avrei voluto saperne di più ma non ho avuto risposte. Intanto, proprio in questi giorni, assistiamo alla riapertura dell’inchiesta in Vaticano. Cerchiamo di prendere la questione nella maniera più positiva possibile.                                                                                              

Uno degli sviluppi più recenti, emerso in particolare dalla serie Netflix, rivela che Emanuela sarebbe stata al centro delle “attenzioni” di un alto prelato della curia vaticana. Quello che traspare dal telefilm è inoltre che sulla sparizione in realtà non ci sono prove certe ed assolute per nessuna delle piste percorse. Forse, la traccia più plausibile è quella dei soldi, a cui si accosterebbe quella della pedofilia…

Delle attenzioni di qualche prelato nei confronti di mia sorella ha riferito un’amica di Emanuela. Ci potrebbe essere del vero ma può darsi pure che non c’entri nulla con il caso della sua scomparsa. E’ possibile, tuttavia, che mia sorella possa averne effettivamente parlato all’amica, che a sua volta ha affermato che Emanuela era sconvolta nel riferirle che “uno vicino al Papa ci ha provato”. Se questa frase è stata detta davvero significa che Emanuela conosceva questa persona. A prescindere dalla pista del sequestro, se questa testimonianza fosse vera sarebbe davvero grave. Per quanto riguarda la magistratura vaticana che ha riaperto, anzi aperto, visto che non lo aveva mai fatto prima, il caso, ritengo che l’inchiesta, se fatta con serietà e volontà, possa realmente portare a un risultato. Chiedo da anni di verbalizzare, penso sia pure arrivato il momento. Penso pure che sarebbe necessaria una commissione parlamentare d’inchiesta sul caso. E devo riconoscere che, incontrando il presidente del senato La Russa e quello della camera Fontana ho visto da parte loro una volontà di accelerare i tempi.      

La piaga della pedofilia è un fenomeno diffuso nel mondo della chiesa. Solo per citare gli ultimi casi, sono ben undici i vescovi francesi accusati del reato. Come si giustifica che figure che dovrebbero rappresentare il santo padre, come un vescovo o un sacerdote, possano compiere simili atti? Si riuscirà a trovare una soluzione a questi episodi?

Non so se ci sarà una soluzione. Penso solo che sia uno degli atti più gravi commessi da uomini di chiesa. E, comunque, quarant’anni fa non si parlava proprio di pedofilia nella chiesa. Qualche anno fa incontrai un gendarme del Vaticano: mi disse che la gendarmeria nei giorni della scomparsa si era impegnata per cercare Emanuela, mostrando una sua foto ad alcuni cardinali e chiedendo se ne sapessero qualcosa. La risposta fu: “No. Con lei no”, senza che un minimo si scomponessero. Questo episodio la dice lunga. Anche Giovanni Paolo II ha coperto il fenomeno della pedofilia. Ricordo il caso eclatante del cardinale Law, accusato di aver coperto ben seicento preti pedofili. Nel 2004, suscitando grande stupore tra i fedeli, Giovanni Paolo II lo fece arciprete della basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. 

Se “tutte le strade portano a Roma” si potrebbe parafrasare, in questo caso, che “tutte le piste portano al Vaticano”. Citando la testimonianza della Minardi, ex compagna del boss della Magliana, Enrico De Pedis, sarebbe “tutto un gioco di potere”…

Per quanto concerne la Minardi, mi è sembrata abbastanza spontanea nel suo racconto. Bisogna considerare, tuttavia, che De Pedis, nell’ipotesi del rapimento, ha svolto solo un ruolo di manovalanza, perché al tempo lui voleva andarsene dalla Magliana e salire di livello. Sul potere del Vaticano, posso dire che l’Italia negli anni ne è sempre stata succube.

Questa l’intervista a Pietro Orlandi. Magari solo un ulteriore, piccolo tassello di un puzzle dai contorni ancora molto vaghi. Ma per quanto mi riguarda un’intervista importante: il mio personale contributo a chiarire una vicenda su cui mi sento “personalmente” coinvolta. I sogni nel cassetto, la voglia di vivere, l’allegria di una ragazza non possono essere cancellati senza nessun motivo e senza che nessuno debba essere chiamato a risponderne. Prima o poi la verità dovrà trionfare.

La foto in alto è tratta dal profilo fb di Pietro Orlandi