In guerra qualcuno raccoglie fiori

Le installazioni di Alessia Lastella al museo Pascali di Polignano sono un inno alla natura, risorta dai ruderi delle basi militari sulla Murgia, e una speranza di pace

Mare e storia, un legame che si rinsalda attraverso l’arte. Le acque cristalline del sud barese che lambiscono aspri spuntoni di roccia si stagliano sullo sfondo di un contenitore culturale, divenuto negli ultimi tempi la principale e più feconda istituzione rivolta alla promozione e produzione dell’arte contemporanea pugliese.

Il museo intitolato a Pino Pascali – l’eclettico artista polignanese ispirato da grandi idealità, prematuramente scomparso nel lontano 1968 – si muove al passo della tecnologia: la sua project room presenta installazioni e opere frutto di un lavoro certosino, pensato e realizzato in sinergia e in rete con realtà pronte a supportare e implementare l’offerta culturale. Un criterio organizzativo rivelatosi particolarmente efficace nell’allestimento della mostra In guerra qualcuno raccoglie fiori, inaugurata a dicembre e in corso sino al 26 febbraio.

La rassegna nasce da un’idea del coratino Alexander Larrarte, affiancato dal ruvese Carmelo Cipriani, ed è promossa dalla CoArt Gallery di Corato nonché dalla fondazione Museo Pino Pascali, con la collaborazione della famiglia Delle Foglie e della Tersan Puglia e il patrocinio dei comuni di Bitonto Corato e del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. L’apporto fotografico di Girolamo Aliberti e del video documentario girato da Mirko Petrone, con le composizioni musicali di Michele Lastella, fanno da corollario ad un percorso espositivo fondato sulla ricerca di testimonianze storiche e territoriali vivide, ancora oggi tangibili. “Le raccapriccianti cronache che giungono dall’Ucraina raccontano di aggressioni militari, missili lanciati sulle città e persino di minacce nucleari -racconta Alexander Larrarte- una devastazione imponente e impensabile, proprio alle porte dell’Europa“.

Eventi che non si possono considerare avulsi dal contesto in cui viviamo, poiché, in realtà, s’intersecano con la nostra terra. “C’è stato un tempo in cui tensioni simili, fortunatamente mai sfociate in un’aggressione, videro protagonista direttamente il nostro territorio“, spiega Larrarte. “Alla fine degli anni ’50, in piena guerra fredda, gli americani, in accordo con il governo italiano, costruirono sulla Murgia (unico sito in tutta l’Europa occidentale) dieci basi missilistiche Jupiter, per rispondere alla superiorità strategica che l’Unione Sovietica aveva acquisito in quel periodo“, prosegue.

Secondo la ricostruzione di Alexander, queste strutture ospitavano in totale 30 missili nucleari (tre per ciascuna base) ready to fire, ovvero pronti a partire in direzione di Mosca. “Le basi vennero costruite a partire dal 1959 – e poi smantellate nel 1963, in seguito alla famosa crisi di Cuba, grazie all’accordo tra il presidente americano John Kennedy e quello russo Nikita Krusciov – a Spinazzola, Gravina, Altamura, Bitonto, Matera, Irsina, Acquaviva, Gioia del Colle, Laterza e Mottola. Luoghi considerati isolati e dove la gente faceva poche domande“, aggiunge l’ideatore della mostra.

Sui ruderi della base missilistica nell’agro bitontino, scenicamente caratterizzato da cementificazione e archeologia bellica, Alessia Lastella avvia un dialogo con la fredda architettura e gli elementi naturali e paesaggistici, attraverso quattro installazioni site-specific. Un’operazione articolata e complessa ispirata da un anelito di speranza, fondato sul lento e graduale processo di riappropriazione del luogo da parte della natura. Quella natura scempiata dalla mano dell’uomo torna al suo rigoglio originario, pieno di grazia e fecondità, attraverso la lente introspettiva dell’artista che si intesta lo sforzo titanico di salvarla da “mostri architettonici” artificiali.

Le parole dell’artista coratina esemplificano il senso dell’intera impresa, stigmatizzando la condizione di angoscia e precarietà causate dalla guerra: “Camminando in una delle dieci basi missilistiche costruite per volontà degli americani sulle murge, si può sentire come questi luoghi siano intrisi di storia e, provando ad immaginare di tornare indietro nel tempo, mi sembra quasi di poter sentire i passi dei soldati che gestivano il funzionamento dei missili nell’attesa di direttive da parte di coloro che dall’alto tirano le redini delle vite altrui. Con questa consapevolezza ho osservato gli spazi ormai distrutti dal tempo e la natura che pian piano si va riappropriando del territorio violentato attraverso queste strutture senz’anima”.

Anche il titolo del percorso espositivo non passa inosservato: In guerra qualcuno raccoglie fiori. In esso è racchiusa l’essenza della creazione artistica, un gesto spontaneo che Alessia Lastella compie al primo contatto con la terra, serbando speranza per un futuro migliore. Non è un caso che la ricerca sperimentativa dell’artista si muova a partire dalla natura, come fa notare il curatore della mostra Carmelo Cipriani: “Parimenti al Pascali, Alessia agisce nel territorio, entrando in simbiosi con la natura, sentendosi parte di essa, ridefinendone le forme e veicolandone i valori. Un segno della natura nell’arte e dell’arte nella natura che accomuna Lastella e Pascali, passando per Christiane Löhr, artista di riferimento per Alessia ma anche vincitrice nel 2016 del XIX Premio Pascali. Per tutti questi motivi abbiamo subito incontrato il favore di Giuseppe Teofilo, direttore della Fondazione, che ha scelto di accogliere la mostra anche per la forte valenza culturale e didattica del progetto“.

Ma come è articolato il percorso espositivo? Qual è il messaggio che intende veicolare? A rispondere è lo stesso Cipriani che invita i più curiosi a visitare la mostra: “Nella project room della Fondazione Pascali sono riproposti gli interventi installativi realizzati con terra e vegetali da Alessia Lastella lo scorso 22 maggio, durante l’intervento di Art in Nature attuato sulla murgia, all’interno della Base Jupiter di Bitonto. Il percorso espositivo, strutturato per rispondere tanto alle necessità di esposizione che a quelle di documentazione, restituisce l’esperienza sulla murgia in una forma esteticamente compiuta, componendo un organismo unico, in cui foto, video ed oggetti rimandano gli uni agli altri. Una mostra con un duplice messaggio, uno contro la guerra, in Ucraina e in ogni dove, presente e futura, un altro a favore della natura, affinché si recuperi con essa quel rapporto simbiotico di cui ora più che mai abbiamo disperatamente bisogno“.

Profonda gratitudine va a tutti coloro che con grande e sincera attenzione hanno dimostrato sensibilità verso il progetto: Claudia Delle Foglie, il sindaco di Bitonto Francesco Paolo Ricci, il sindaco di Corato Corrado De Benedittis e gli assessori Beniamino Marcone e Luisa Addario, il presidente del Parco Nazionale dell’Alta Murgia Francesco Tarantini, il direttore del Museo Pino Pascali Giuseppe Teofilo, gli operatori del museo e tutto il pubblico che quotidianamente manifesta vivo interesse per la mostra.

Nelle foto, le installazioni di Alessia Lastellla al museo Pno Pascali di Polignano