Le nostre città sono state sede, nel corso dei secoli, di numerosi edifici sacri di notevole interesse storico e culturale, di cui tuttavia si è persa la memoria. Un fenomeno che interessa anche Ruvo di Puglia che, grazie all’associazione NoixVoi con l’iniziativa Alla riscoperta delle… chiese scomparse, realizzata con il patrocinio del comune e la collaborazione di Cultura et Memoria – Centro Studi Ruvo di Puglia e Il Sedente – Cultura, arte e tradizioni a Ruvo di Puglia, ha voluto riscoprire questo grande patrimonio di storia, arte e fede. Un percorso tra le strade e le piazze della città antica, caratterizzato dall’idea originale di affidare il racconto delle vicende legate alle chiese scomparse ad alcuni personaggi dell’epoca, interpretati dai giovani delle associazioni coinvolte nel progetto.
Punto di partenza è Largo Sant’Agnese, dove nei secoli passati sorgeva una chiesa dedicata alla giovane martire – vittima delle persecuzioni dei romani, accusata di stregoneria e condannata al rogo – il cui culto era molto sentito e diffuso in città. La chiesa è stata demolita intorno alla prima metà del seicento. A raccontare la storia dell’edificio religioso, appartenuto alla famiglia del medico Camillo Cervone, c’è Maraldo de Mundo, di origini longobarde, che vive con la sua famiglia tra le pietre di questa contrada detta della Strignatora. “Non sono stato molto fortunato con la vita: sono rimasto vedovo di mia moglie, Agnese, proprio come la santa. I figli sposati – spiega – vivono lontano dalla città, e quindi sono rimasto completamente solo. Ascoltando un mio vicino, Americo, che ha donato il suo orticello al Capitolo per avere un posto in purgatorio e successivamente in paradiso, ho deciso di imitarlo”.
Il giro prosegue verso Via Crocifisso–Piazzetta Fiume: a descrivere la chiesa scomparsa c’è Annina, una levatrice del Monte di Pietà, che tiene in braccio un’orfanella. “Tante donne sono costrette ad abbandonare i propri figli per garantire loro un futuro migliore. Nel nostro ospedale – spiega – ci prendiamo cura dei bambini che vengono battezzati dal nostro rettore. A tutti assegniamo il nome di un santo, con l’augurio che possa proteggerli e accudirli nella loro crescita. La bambina che ho in braccio si chiama Lucia, aveva dei problemi agli occhi ma grazie alle cure adesso sta decisamente meglio. L’augurio che le faccio è diventare una signora, avere una bella famiglia e che un domani possa farmi conoscere i suoi bellissimi figlioli”.
Nella tappa successiva, si raggiunge Largo Sant’Arcangelo, dove era presente una chiesa di piccole dimensioni dedicata all’Arcangelo. Ci sono poche notizie certe in merito all’edificio: tra queste, il fatto che apparteneva alla famiglia Rocca, come pure il meraviglioso Palazzo Spada, in Via Vittorio Veneto, dove pure c’era una chiesa affidata alle cure di don Giuseppe Angelo Tammeo, originario della città di Terlizzi. “L’antica chiesa, oggi divenuta purtroppo un rudere, dedicata al principe delle milizie celesti – spiega don Giuseppe – in passato era florida e bellissima. I proprietari erano i membri della famiglia Rocca, il cui stemma è presente in una casetta qui vicino. L’avete mai visto? Adesso vi lascio con il vostro peregrinare, mentre il mio compito è quello di segnare guadagni e pagamenti di questo luogo sacro. Che Dio benedica voi e le sacre offerte!”.
Piazzetta Le Monache, dove in età medievale, sorgeva l’antico monastero benedettino dedicato a San Matteo, era sede di una chiesa ricca d’opere d’arte, come le tele raffiguranti la Concezione, San Matteo, San Giovanni, San Benedetto, la Madonna delle Grazie, San Gaetano, la Madonna con San Giuseppe e San Gioacchino, la Madonna dè Martiri, San Placido e la statua di Santa Scolastica. Tocca a Scolastica Filograssa, madre badessa del monastero di San Matteo, spiegare la storia del monastero e della chiesa: “C’è una grave crisi delle vocazioni, ma rimaniamo sempre un punto di riferimento per la nostra città. Tutti sanno che le monache sono conosciute per la produzione delle famose cotognate. Ma in realtà, produciamo anche tante altre cose: il nostro non è solamente un commercio è anche una missione: ora et labora diceva il nostro fondatore San Benedetto. Onorare la preghiera con il lavoro manuale”.
In Largo Sant’Antonio c’era una chiesa costruita tra il XV e l’inizio del XVI secolo. A fare da cicerone questa volta è Diamanta Berardi, proprietaria di alcuni immbili nella zona. “Questa è la mia casa, con tanto di magazzino e cellaro. Sapete cos’è un cellaro? Provate a tradurne il nome nel nostro dialetto e capirete che si tratta di un locale adibito a deposito. Sono una donna molto religiosa – spiega – non sono sposata, e non avendo figli, sorelle e fratelli, nel mio testamento ho deciso di donare le mie proprietà al capitolo della cattedrale. In cambio i sacerdoti dovranno pregare per la mia anima sull’altare di san Biagio, il patrono della nostra città. C’è un legame speciale che mi lega a questo santo: da piccola mia madre ha affidato a lui le sue preghiere, per permettermi di guarire da un brutto male alla gola che rischiava di uccidermi. Da quel momento in poi, ogni giorno recito la novena in suo onore”.
Il percorso si snoda poi sino a Largo San Giovanni, dove c’era la chiesa dedicata a San Giovanni Battista, edificata intorno all’ottocento e considerata da molti l’antica cattedrale della città. A descrivere i luoghi, il notaio Ottavio Galli, chiamato dalla curia vescovile e dalla corte secolare a verificare una rivelazione. “Mi è stato riferito – afferma il notaio – che un certo Donato Petroni, ha fatto un sogno in cui ha visto che venivano seppelliti i corpi del vescovo Giovanni II e di dodici canonici presso la chiesa di San Giovanni Rotondo. Sempre lo stesso Donato afferma che nei pressi dell’abitazione di un certo Giuseppe Pellicano, è presente un fosso dove si può notare la sepoltura. Io personalmente non ritengo che queste siano informazioni veritiere, anzi le ritengo le classiche voci di popolo. Quindi concludo dicendo che la memoria del vescovo Giovanni rimarrà nei libri di storia!”.
Al termine del percorso ecco Largo San Carlo. A rivelare i particolari della presenza nei secoli passati di una piccola chiesa, ci sono Giovanni e Andrea, due confratelli della venerabile congrega di San Carlo: “La costruzione della chiesa risale al 1600. Si tratta di un edificio molto umile e siamo sprovvisti di tutto l’occorrente per celebrare i divini misteri. Ogni giorno il mio confratello Andrea suona la piccola campanella per richiamare, al vespro, gli abitanti di questo popoloso quartiere. Preghiamo sempre, insieme, il venerato vescovo san Carlo, affinchè protegga sempre i nostri stomaci da ulcere e malattie e ci protegga dalla maledetta pestilenza. Qualcuno in malafede, però, crede che invochiamo il santo solo come protettore dei nostri frutteti sparsi nei campi, affinchè non si perda neanche un frutto e si possa ottenere il maggior guadagno possibile. Beh, anche questo è un buon motivo per invocare il nostro San Carlo!”.
Le iniziative di NoixVoi per valorizzare la storia e la cultura della città non finiscono qui. I volontari dell’associazione hanno lanciato, infatti, il concorso di disegno rivolto ai più piccoli, intitolato Il centro storico che vorrei…, la cui premiazione è prevista al termine delle festività natalizie.
Le foto sono di Raffaele Paparella