Giovinazzo è una tranquilla cittadina dell’area metropolitana di Bari. Clima temperato, tipicamente mediterraneo, territorio prevalentemente pianeggiante sulla fascia costiera, caratterizzato dalle più svariate bellezze storiche e naturali. Con una leggenda legata al mito di Perseo, figlio di Giove, quale fondatore (‘Jovis natio’), che contribuisce ad accrescerne il fascino e il richiamo turistico.
Come testimonia, tra l’altro, il fatto che la cittadina sia stata eletta a set degli spot pubblicitari di alcuni prodotti di grande notorietà, contribuendo a disegnarne un’immagine assolutamente “paradisiaca”. Ma dietro questa bellezza, dietro il flusso dei turisti, il frastuono mediatico si nasconde, in realtà, un ossimorico assordante silenzio, la cui causa risiede, soprattutto, nell’assenza di spazi di dialogo e condivisione tra i giovani e di iniziative nuove e fresche che promuovano la cultura.
A rompere l’immobilismo in cui la cittadina sembra sprofondare, senza che l’amministrazione comunale provi a invertire tale tendenza, quattro ragazze coraggiose e determinate: Ilaria Dagostino, 21 anni, studentessa di lettere ed appassionata di letteratura, Samuela Chiapperini, 21 anni, studentessa di beni culturali, con interessi che spaziano dal design all’arte e alla fotografia, Alice Lasorsa, 21 anni, studentessa di scienze del servizio sociale (con “una zia artista e una mamma con un particolare interesse per l’arte e fondatrice di un’associazione culturale; forse una questione di genetica”, osserva) e infine Luigia Risola, 22 anni, con una fortissima passione per l’arte in tutte le sue forme e nello specifico per la danza e la fotografia. Luigia è inoltre “scout da oltre dieci anni: ciò che – spiega – ha sicuramente influenzato moltissimo la mia visione del mondo e della cultura”.
Le quattro giovani s’incontrano in treno di ritorno dall’università e spesso si ritrovano a riflettere sull’assenza in città di uno spazio libero per i ragazzi, che non sia un bar o un’associazione religiosa, in cui poter incrociare la cultura al dibattito sui temi di maggiore attualità. Così quella che inizialmente è una semplice riflessione, nei mesi successivi si trasforma in un’idea e in un secondo momento in un vero e proprio progetto: “Prometeo”. Una piccola ma ambiziosa realtà che ha lo scopo di incoraggiare i ragazzi a ritrovare il piacere della socialità e della condivisione.

Le ragazze vogliono occuparsi di cultura, divulgazione ed attività, nei modi più disparati: dagli eventi ai dibattiti, passando per laboratori e occasioni di riflessione. La scelta di intitolare il centro a Prometeo chiaramente non è casuale. Nella mitologia greca, il personaggio rubò il fuoco agli Dei per consegnarlo al genere umano e la sua azione, che avvenne a discapito di Zeus, rappresenta l’origine della condizione esistenziale umana. Nella storia della cultura occidentale, invece, Prometeo può essere inteso come un simbolo di ribellione e di sfida alle autorità o alle imposizioni. Il fuoco ha reso liberi gli uomini, proprio come la cultura. Ed è proprio per questo che la prospettiva è quella di incrociare cultura e attualità.
“Abbiamo un sogno e un obiettivo comune: creare uno spazio, un’associazione plurale, inclusiva e indirizzata soprattutto ai giovani, stanchi di vivere una vita piatta e senza stimoli. Ovunque intorno a noi ci sono realtà simili, ma a Giovinazzo no, o meglio non ancora. Per questo invitiamo chiunque sia interessato a unirsi a noi e a diventare parte integrante di questo progetto rivolto a tutti”, spiegano le fondatrici di Prometeo. L’obiettivo è dare spazio a momenti di svago costruttivo, che riescano ad “estirpare” la monotonia e l’appiattimento in cui la città versa.
Il gruppo ha avviato la propria attività di proselitismo, partecipando ad un incontro organizzato dal centro antiviolenza Pandora, presentando Artemisia Gentileschi, pittrice del Seicento di scuola caravaggesca. Il vero e proprio esordio però risale a questi giorni di dicembre, quando Prometeo si è presentata alla cittadinanza nel corso di un incontro organizzato all’auditorium Don Tonino Bello. L’evento si è incentrato sul dibattito sui bisogni culturali e su temi di grande attualità, come la sessualità/identità di genere e la violenza. Ilaria in particolare, ha analizzato la figura della poetessa Saffo attraverso un’interpretazione non scolastica, e in realtà accattivante e a tratti persino divertente, evitando di ricadere in luoghi comuni e in discorsi banali. “So perché mi guardate in questo modo – afferma mentre introduce il personaggio -: Saffo era lesbica ed infatti veniva da Lesbo. Adesso racconterò un aneddoto per tutti i maschietti, che probabilmente prenderanno un volo per Lesbo. Anacreonte ci racconta che le donne di Lesbo erano particolarmente abili nella pratica del sesso orale. Prendiamo per vera questa notizia, parlandone senza pudore e sdoganando anche temi di questo tipo”.
Ilaria prosegue con la motivazione che l’ha portata a scegliere l’argomento: “Quelli di Saffo sono i primi versi scritti realmente da una donna che possiamo leggere”. Il momento di riflessione si chiude con la lettura di alcuni frammenti in cui, spiega, “emerge la voce di una donna che sottolinea come il valore supremo sia quello dell’amore e non più quello della forza, della guerra e delle armi”. Il pubblico, seppur non molto numeroso, appare interessato ed abbastanza coinvolto. La “scatola fabbrica idee” messa a disposizione dei presenti, si riempie rapidamente di una serie di biglietti con la descrizione di svariati progetti, dalla conoscenza e rivalutazione del territorio, a cineforum, laboratori e mostre.
Le quattro amiche regalano, infine, a tutti i partecipanti alcuni segnalibri di augurio con il nome dell’iniziativa ed invitano i presenti a lasciare il proprio numero di telefono e il contatto, affinché si possano realizzare altre attività. La serata si conclude con una performance live degli Hollow Echos, una band che non ama definire in maniera standardizzata il proprio genere musicale.
“Noi ce la stiamo mettendo tutta. E certo portare avanti il nostro progetto non sarà così facile: sappiamo bene quanto Giovinazzo sia immobile da questo punto di vista. Confidiamo tuttavia – dichiarano Ilaria, Samuela, Luigia ed Alice- in una maggiore apertura e riteniamo che, a piccoli passi, qualcosa si riuscirà a costruire”. Ancora una volta una prova di come spesso siano proprio i giovani, seppur faticando ad essere sostenuti e creduti, a costituire il futuro di un paese. D’altronde già Platone, con il mito della caverna, insegnava come l’impegno del filosofo verso i suoi simili è accolto il più delle volte con diffidenza da chi decide di rimanere nell’antro, nel buio dell’ignoranza.