Che il Salento non sia solo mare, anche e tanto più d’estate, appare una verità da ribadire. Per carità. Una ‘notizia’ che notizia non è, perdonateci l’inguaribile ottimismo. E però vale raccontarlo, questo Salento non marino, più interno. Lo facciamo parlandovi di due paesi vicini ma diversi. Uno forse meno noto, l’altro magari conosciuto un’anticchia di più. Ed ecco un paese dal nome… ‘rinominato’, addirittura in onore di Camillo Benso conte di Cavour. Ecco, appunto, Sogliano Cavour. Siamo esattamente a metà del Salento (o giù di lì, suvvia!). A metà anche tra i due bellissimi mari, lo Ionio e l’Adriatico che bagnano la Puglia ed il Salento stesso. Da sempre terra legata all’antica civiltà della cosiddetta Grecìa Salentina, anche se ormai l’idioma grecanico è qui praticamente sparito da tempo.
Sogliano l’antico nome del paese ma da solo non bastava, bisognava aggiungergli qualcosa, specie all’indomani dell’Unità d’Italia, quando ci si accorse che un’altra Sogliano c’era già, precisamente in Romagna, quella che sarà poi denominata Sogliano al Rubicone. Unità d’Italia, si è detto. E perché non aggiungere, allora, nel nome l’omaggio a chi più di tutti l’Italia l’aveva pensata unita (lasciamo perdere per un attimo tutto quel che di critico si può dire sul Risorgimento)? E fu così che il paese decise di unire Cavour a Sogliano, come tributo allo statista piemontese. Collocata nell’area dell’entroterra votato soprattutto all’agricoltura, la cittadina ha una storia per forza di cose legata alla vicina e influente Soleto ma ha saputo costruirsi, grazie anche ai suoi illustri feudatari (su tutti i del Balzo Orsini), una costante voglia di autonomia che dice indubbiamente lo spirito forte di questa comunità.
Del tutto non trascurabili, tornando al nostro giro, i beni storico-artistici della graziosa Sogliano Cavour. Appare insieme barocca e neoclassica la Chiesa Madre, consacrata a San Lorenzo (siamo nel XV secolo), fascinosa e principale ‘meta’ religiosa del paese. Risale poi al ‘600 il Monastero degli Agostiniani, piena epoca della cosiddetta Controriforma. Un importante monastero agostiniano c’è anche nella vicina Melpignano, la ormai celebre città della Notte della Taranta (ma alcuni eventi spesso hanno luogo anche proprio nella nostra Sogliano). E gli agostiniani in queste zone ebbero fortuna: si pensi anche al loro bel presidio in quel di Scorrano. Importante e antico, poi, il Palazzo Baronale di Sogliano, risalente già al 1100. Ecco ancora la Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio, edificio che sorge su vecchie grotte basiliane dedicate a San Trifone, un santo dal nome curioso e venerato anche nella più meridionale Alessano (la città di don Tonino Bello) e nella barese Adelfia, dove si svolge una famosa festa religiosa.
I basiliani sono molto probabilmente più che passati dai territori dell’odierna Sogliano, in fuga dall’Oriente per la lotta anti-iconoclasta, lasciando di sicuro tracce ancora oggi interessanti. Un qualcosa che si ripete per molti centri del Sud, specie delle Puglie, ma cui la più recente critica storiografica sta attribuendo il giusto e più filologico ruolo. Sogliano, 4000 abitanti circa, è insomma uno dei tanti centri tranquilli del Sud, della Puglia, del Salento. Con una storia anche più antica di quel che abbiamo raccontato sinora. Il Salento, come noto, è anche terra di strutture megalitiche, testimonianze di civiltà alle origini della cultura, genti ancestrali la cui testimonianza e permanenza segnano profondamente questo territorio. Si pensi al Parco di Giurdignano, già da qualche tempo meta apprezzata per studiosi, appassionati e turisti.
A Sogliano Cavour resiste il Menhir Pilamuzza, lascito di queste civiltà e dei loro riti. Una comunità attiva, un paese entusiasta e volitivo. Sogliano c’è e aspetta visitatori anche perché il Salento non offre solo il suo pur meraviglioso mare ma anche aree interne, borghi, centri che tanto hanno da dire e raccontare. Nella semplicità, senza particolari clamori. Proprio come Sogliano. Il Salento è poi brulicante di storie, di cammini antropologici, di tradizioni che vengono da lontano, non solo per sopravvivere ma per immaginare anche il futuro. E questa è la tradizione, del resto. Il futuro, con il respiro del passato accanto. Lo sanno a Novoli, fascinosa e magica in quanto terra della Focara, straordinaria manifestazione di popolo e culturale (ma diremmo anche cultuale) che anima da sempre questo territorio, richiamando in zona tantissima gente. Qui una storia antica di legami ancestrali coi segni della terra stessa, del fuoco e del relativo anelito spirituale che da questi aspetti traspare.
Ma Novoli non è solo Focara. Ci arrivi dopo diversi comuni piccoli e piccolissimi, tipici di quest’area interna di Sud e di Puglia. Carmiano è uno di questi. Novoli non è certo grande ma di sicuro si differenzia rispetto ai minuti paesi confinanti. È il Salento dei 90 e passa comuni, paesi spessissimo simili nella conformazione urbanistica, di solito pianeggiante, con piccolissimi centri storici e con cittadine poi abbastanza cresciute oltre le mura antiche. A Novoli cogli queste dimensioni appena appena più ‘larghe’. Il tutto nei pianeggianti scenari di queste aree, spazi in cui al massimo (le famose Serre salentine) si può toccare la quota di poche centinaia di metri di altitudine. Ed eccoci dunque in uno dei centri più identitari del Tacco, vicino al mare ma dalla consapevolezza storica e popolare più legata al tracciato, come si accennava, afferente alla terra, ai tempi della tradizione agricola, ai segni anche di questa particolare civiltà agreste. Espressione, quest’ultima, per tacere della “civiltà rupestre” (ravvisabile in altre aree della Puglia o della Lucania), a volte anche discussa dagli storici e dagli antropologi perché in sé quasi un ossimoro, eppure è esistita una tradizione umana che, nonostante la mancata urbanizzazione, ha poi costruito e conservato i tratti di una vera e propria civiltà.
A Novoli siamo nella Valle della Cupa, depressione carsica famosa anche per la produzione dell’inebriante Negroamaro, delizia del luogo, tipicità enogastronomica ormai pienamente italiana. Novoli ha ottomila abitanti, occupa un territorio vissuto già in età preistorica, dotato dunque anch’esso di menhir e altre strutture megalitiche. Notevoli anche le grotte, soprattutto quelle di Cardamone e Pietragrossa, nomi di alcune delle contrade di Novoli. Nel territorio anche i resti di una necropoli ma pure di un vero e proprio villaggio, già normanno, Santa Maria de Novis, antico toponimo dell’attuale Novoli. I palazzi baronali, numerosi ed eleganti, dicono la ricchezza della Novoli dei secoli immediatamente successivi al medioevo. Ecco la famiglia Mattei, importante ed influente casato della zona.
Il paese cresce e nascono così chiese su chiese, monasteri, edifici imponenti. Un museo racconta il grande patrimonio culturale del territorio, appunto tutto quel che riguarda la festa di Sant’Antonio Abate e la relativa altissima piramide di fascine e rami che viene data alle fiamme al culmine dei giorni della ricorrenza, ogni anno a gennaio. Ed è questa la Focara. Novoli è dunque la storia del Salento profondo. Qui la Puglia che ti aspetta salvaguardando le sue tradizioni. Importante aspetto, questo. Esiste un Salento quasi nascosto, noto però agli studiosi e agli esperti. Arte sopraffina, ingente patrimonio geologico, paesaggi da salvare, i resti di una tradizione spirituale e culturale. Tanto, tantissimo, non sempre noto in chiave turistica. Un bene, un male? Chissà. Di certo, la bellezza, nei suoi molteplici aspetti, qui è di casa. Non resta che andare a scoprirla.
Nella foto in alto, il chiostro del Monastero egli Agostiniani a Sogliano Cavour