Il teatro-cinema Radar, con la caratteristica insegna che da oltre ottant’anni troneggia in cima ad una delle vie principali di Monopoli, è a pieno titolo un riferimento visivo urbano, parte integrante dell’immagine stessa della città. Un “simbolo” a cui i cittadini, giovani e meno giovani, non saprebbero rinunciare. Eppure quell’insegna, da sempre al suo posto, ben visibile in prospettiva addirittura dalla piazza centrale, ad un certo punto si è spenta e così è rimasta per trentatrè lunghi anni. La storica sala è parte di un grande edificio, in via Magenta, che ha letteralmente attraversato il ‘900 e che racconta, ancora oggi, un pezzo di storia della città. La costruzione risale al 1938/1939 e fu commissionata da Anselmo Camicia all’ing. Giambattista Giannoccaro, il quale lo realizzerà ispirandosi allo stile Bauhaus, molto in voga negli anni ’30.
La struttura si presenta, dunque, con un design e un’architettura fortemente orientate al razionalismo e al funzionalismo. Con questi presupposti il risultato non poteva che essere un grande complesso con due funzioni distinte: una sala utilizzata per le rappresentazioni teatrali e cinematografiche e un albergo, data la vicinanza alla stazione ferroviaria. L’Hotel Savoia, della famiglia Camicia, funzionò per diversi decenni e fu un importante riferimento per i cittadini, che lo ricordano con affetto per aver ospitato nelle sue grandi sale centinaia di banchetti nuziali. L’hotel fu attivo fino agli anni Settanta quando, terminata la sua attività come struttura ricettiva, venne utilizzato dall’amministrazione comunale, in accordo con il proprietario, come sede dell’assessorato alla Pubblica Istruzione e alla Cultura. Il Radar, invece, con circa 800 posti a sedere, debuttò, come sala cinematografica, il 2 febbraio del 1947 con la proiezione di Io e l’uovo, una commedia romantica di Chester Erskine.
Lo storico cinema, impresso nella memoria di un’intera generazione, rimane in funzione sino ai primi anni ‘80 quando, a pochi anni dell’avvento della TV a colori, si registra una notevole flessione dell’affluenza di pubblico che causa la chiusura di numerose sale in tutto il paese. Tra queste anche Il Radar, che calò definitivamente le saracinesche e spense la sua caratteristica insegna. Nel 1987 l’amministrazione comunale, dopo la perizia redatta dall’ing. Vito Andrea Fiume, acquista l’immobile al prezzo di 1 miliardo e 300 milioni e lancia contestualmente un concorso di idee, finalizzato alla riqualificazione e riapertura dello storico edificio. Il complesso cammino verso la rinascita inizierà, tuttavia, solo nel 2008 quando verrà effettivamente avviato un percorso concreto e strutturato, che partendo dell’esame dei progetti giunti al Comune, porterà al completo recupero di tutto l’edificio.
La porzione della struttura, originariamente adibita ad albergo, oggi è affidata ad una importante realtà culturale di Monopoli, il Conservatorio “Nino Rota” , che ne utilizza gli spazi a scopo didattico e concertistico. Dopo 33 anni di saracinesche abbassate, Il Radar ha invece, qualche anno fa, finalmente riacceso la sua insegna, rinascendo come teatro-cinema – con la prima funzione nettamente prioritaria – con l’inaugurazione celebrata nel 2018. Una storia complessa ma a lieto fine che ha riportato nelle disponibilità della cittadinanza un riferimento storico e culturale importante e molto amato.
Il Radar oggi è una struttura vitale e pienamente funzionante che da ormai quattro anni offre a cittadini e non, importanti eventi culturali e una rassegna di spettacoli teatrali che copre i diversi mesi dell’anno. Per la quinta stagione sono in programma undici spettacoli, con importanti produzioni nazionali che accompagneranno il pubblico da novembre ad aprile. Si intitola Sconfinamenti la stagione teatrale, curata per il quinto anno da Teresa Ludovico per Teatri di Bari. Grandi interpreti come Michele Placido, Chiara Francini, Alessandro Federico, Andrea Renzi e Amanda Sandrelli connotano un programma capace di interessare un pubblico sempre più variegato, che include anche i più giovani con i matinée per le scuole sul territorio e il cartellone Famiglie a teatro.
L’offerta di spettacoli si amplia poi con la prima stagione di cabaret, a cura dell’associazione Naturalestatocaotico di Brindisi: cinque gli appuntamenti della rassegna Radar Plus, che vedranno salire sul palco comici, attori e giornalisti di fama nazionale come Max Giusti, Riccardo Rossi e Federico Buffa. Gli eventi sono sostenuti dalla Regione Puglia e dal Comune di Monopoli.
Entrando nel dettaglio della rassegna teatrale è Lisistrata, della Compagnia Arca Azzurra, ad inaugurare gli appuntamenti della stagione serale il 19 e 20 novembre. Ugo Chiti, vincitore di cinque David di Donatello, firma l’adattamento con Amanda Sandrelli di una delle commedie di Aristofane che meglio ha saputo raccontare la stupidità, l’arroganza, la vanità, la superficialità degli uomini, e lo fa interpretando la classicità con occhio contemporaneo e insieme rispettoso dell’originale.
Il 3 e 4 dicembre si passa a un racconto di formazione: in La neve del Vesuvio, prodotta da Casa del Contemporaneo dall’omonimo romanzo di Raffaele La Capria, il regista Andrea Renzi ci trasporta nella Napoli degli anni ’30, dove il protagonista Tonino gradualmente si stacca dal suo mondo infantile e acquisisce la consapevolezza della perdita dell’infanzia e della sua totalità di visione. Le contraddizioni e i paradossi delle relazioni famigliari e sociali fanno da sfondo a Il dio del massacro, una commedia di Yasmine Reza con Michele Cipriani, Arianna Gambaccini, Saba Salvemini e Annika Strøhm, che firmano anche la regia dello spettacolo in scena il 14 e 15 gennaio. Il gioco come vertigine, non soltanto legato al danaro ma a un vero sistema di vita è la filosofia che ispira Carlo Goldoni nel mettere in scena Il giocatore, di cui il Radar ospiterà il 28 e 29 gennaio il riadattamento diretto da Marinella Anaclerio per la Compagnia del Sole.
Il 4 e 5 febbraio dalla Venezia del ‘700 ci si sposta alla Francia del ‘600 per una delle più iconiche commedie di Molière, che proprio quest’anno ha festeggiato il 500° anniversario della nascita: Il Malato Immaginario. La riscrittura curata da Teresa Ludovico (produzione Teatri di Bari con Augusto Masiello, Marco Manchisi, Sara Bevilacqua, Michele Cipriani, Christian Di Filippo, Lucia Raffaella Mariani e Paolo Summaria) sposta l’ambientazione in una casa del Sud Italia, in un bianco e nero da pellicola neorealista, tra fedeltà al testo originale, invenzioni registiche, ironia e sarcasmo.
Sono le assolate terre siciliane, invece, a fare da sfondo ad Addio fantasmi, trasposizione teatrale dell’omonimo romanzo di Nadia Terranova. Il 18 e 19 febbraio in scena Anna Bonaiuto e Valentina Cervi per un feroce confronto familiare tra una madre e una figlia, con i loro muro di silenzio innalzato per la mancanza di una figura paterna. Il 28 febbraio e il primo marzo ritroviamo al Radar un altro classico di Carlo Goldoni, La bottega del caffè. Nell’edizione della commedia firmata da Paolo Valerio, è Michele Placido a interpretare Don Marzio, nobile napoletano che sorseggiando il caffè osserva questo piccolo mondo e si diverte a manipolare i destini dell’umanità che si muove nella piazzetta veneziana luogo della storia.
Chiara Francini e Alessandro Federico portano in scena un testo di Dario Fo e Franca Rame sul ruolo della donna nei rapporti sentimentali, facendo emergere la “relativa” sofferenza al concetto di monogamia in Coppia Aperta Quasi Spalancata, in programma il 25 e 26 marzo. Aprile si apre con Il colloquio con la regia di Marco Grossi. Un contesto professionale, quello del cosiddetto ‘assessment’, il colloquio di gruppo, che si trasforma presto in una sorta di gioco al massacro, in cui i colleghi di lavoro diventano nemici da abbattere, svelandone le fragilità davanti all’occhio attento dell’esaminatore. Chiude la stagione serale un classico di William Shakespeare: La bisbetica domata nel riadattamento diretto da Tonio De Nitto, insiste ancora una volta su una lettura corale e visionaria dove la musica e la rima concorrono a restituirci una sorta di opera buffa, caustica e comicamente nera, in cui protagonista è Caterina, inadeguata, non allineata, e quindi – sebbene sia il personaggio più ‘vero’ dell’opera – etichettata come la pazza del villaggio.
Cinque gli spettacoli dedicati al giovane pubblico, inseriti nella Stagione Famiglie a teatro. Si parte il 13 novembre con Giovannin senza parole: in un Paese dove a fare le regole è sempre il Grande Capo, proprietario della Fabbrica delle parole, l’arrivo di un bambino sovvertirà tutti gli equilibri. L’11 dicembre è la volta di una favola sul valore della vita, con protagonista una giovane anima che proprio non vuole saperne di nascere: l’appuntamento pomeridiano e con Ahia!. Segue il 6 gennaio un’altra amatissima fiaba: Il gatto e gli stivali con Monica Contini, per scoprire le avventure dell’eroe a quattro zampe. Il 12 febbraio il giovane pubblico si confronta con il re della giungla, Tarzan Ragazzo Selvaggio, di cui Luigi D’Elia firma la regia con Francesco Niccolini. Dopo il debutto al Teatro Kismet, arriva anche al Radar la nuova produzione Teatri di Bari in collaborazione con I bambini di Truffaut, E la felicità, prof?, tratta dall’omonimo libro pubblicato da Einaudi a firma di Giancarlo Visitilli, che cura la regia dello spettacolo con Riccardo Spagnulo. Il 19 marzo chiude così la Stagione Famiglie a teatro una carrellata tra le storie dei ragazzi di una classe simbolica: adolescenti, cresciuti, troppo in fretta, buffi, ironici, che mostrano un senso di realtà sorprendente quando sono messi di fronte a problemi più grandi di loro.
Radar plus è la prima rassegna teatrale di cabaret, ideata e realizzata dalla “Naturalestatocaotico” di Brindisi. Si parte il 5 novembre con il recital di Antonio Giuliani. Il 16 dicembre, Max Giusti, porta in scena “Va tutto bene”. San Valentino si festeggia con lo spettacolo di Riccardo Rossi, “W le donne. Il 28 aprile sarà la volta della comicità di Gene Gnocchi che porta in scena lo spettacolo Se non ci pensa Dio ci penso io. Infine, il 13 maggio la rassegna si conclude con lo spettacolo di Federico Buffa, “Due pugni guantati di nero”.