Piste ciclabili? E’ tempo di rivoluzione culturale

Tra pedoni indisciplinati, auto che spadroneggiano e ciclisti indecisi, la nuova mobilità alternativa stenta a decollare mentre cresce il disagio tra i cittadini di Bari

Dalla scorsa primavera è operativa, a Bari, la “pista ciclabile light” sui tratti di lungomare Nazario Sauro e Araldo di Crollalanza, prolungamento di quella lungo corso Vittorio Emmanuele II, teatro negli ultimi giorni dell’ennesimo incidente: un ciclista investito da un’automobile in fase di parcheggio proprio sulla corsia riservata alle bici.

L’ennesimo episodio che conferma il pericolo a cui sono esposti i fruitori delle piste ciclabili, spuntate in tutta fretta nel post-lockdown, delimitate esclusivamente dalla segnaletica orizzontale e collocate parallelamente ai parcheggi. Un argomento sin da subito terreno di scontro tra parte dell’opinione pubblica e amministrazione comunale, pronta a ribadire la conformità delle piste ai regolamenti europei secondo il progetto Open Space. In realtà, la confusione regna sovrana nella segnaletica per gli automobilisti e in quella per i ciclisti: le corsie si restringono o si accavallano (dipende dai punti di vista) sul tratto di lungomare in questione, in direzione della spiaggia di “pane e pomodoro”, e le linee tratteggiate non lasciano ben comprendere la precedenza di marcia.

Senza dubbio gli interventi, realizzati con i fondi del Pnrr, favoriscono l’evoluzione verso una città più smart, con l’obiettivo di raggiungere gli standard europei. Ma i risultati sono ancora modesti. Bari, oltre a Torino, Firenze e Bologna, è l’unico comune del sud Italia ad essersi aggiudicato un finanziamento di 2,5 milioni di euro per la mobilità sostenibile, da realizzare con investimenti in infrastrutture e mezzi, con la concessione di incentivi ai cittadini per l’acquisto di biciclette o col rimborso chilometrico per gli spostamenti in bici. L’obiettivo è realizzare sistemi integrati di mobilità, legati allo sharing e ai servizi di prenotazione e ricarica di mezzi elettrici. Un bando indetto dal comune ha individuato, inoltre, nove operatori che andranno a coprire il territorio urbano con altri 1500 mezzi destinati allo sharing. Un’altra misura che incentiva la svolta green. Ma a questo punto è diventato necessario, se non urgente, sollecitare e informare utenti e cittadini sulla sicurezza, formandoli alla nuova mobilità sostenibile.

L’invasione dei monopattini è un fatto ormai acclarato: oltre a percorrere le strade sfrecciano sui marciapiedi e sono parcheggiati senza alcun criterio accanto ai portoni o in posti impensabili. Basta buttare un occhio ai report della polizia locale che ha registrato circa 300 multe, tra luglio e agosto, a conducenti di monopattino, di cui 158 guidati da minori (in due sullo stesso mezzo, fuori carreggiata o contromano, senza casco protettivo) per comprendere che oltre ai servizi e ai mezzi serve disciplina e rinnovato senso civico.

Un’auto parcheggiata sulla pista ciclabile

E’ recente, tra l’altro, la scoperta di monopattini (oltre le biciclette elettriche) modificati illegalmente, in grado di marciare a velocità sostenute, creando ulteriori pericoli alla circolazione. La Motorizzazione Civile è a lavoro per strutturare sistemi di controllo sui mezzi. Per una città che solo da qualche tempo sta metabolizzando il concetto della “doppia fila”, è davvero deprimente osservare che spesso la pista ciclabile realizzata sul lungomare è occupata da auto in sosta, soprattutto nei pressi dei bar e delle zone della movida. E non solo nelle ore serali…

Tra segnaletica confusa, restringimenti di carreggiata, dubbi sui diritti di precedenza, auto in sosta irregolare (che, in realtà, non dovrebbero proprio sostare in alcuni tratti del lungomare) e inciviltà di alcuni cittadini, può avere un senso la proposta di Danilo Cancellaro, presidente di Sos Città, già intervistato da Primo piano sul tema della pedonalizzazione di via Manzoni. “Certamente fa tendenza la pista ciclabile light ma occorre insistere su un percorso di educazione stradale degli stessi ciclisti, oltre che di cittadini e automobilisti, che pur disponendo di corsie riservate continuano a transitare in quelle per gli autoveicoli”. Il rappresentante dell’associazione che tutela e migliora la qualità della vita in città, sollecitando interventi contro il degrado o i disservizi, riceve numerose critiche riguardo la pista ciclabile sul lungomare; peggiori rispetto a quelle sulla corsia per ciclisti realizzata sull’altro versante cittadino, nel quartiere di San Cataldo.

Uno scolo dell’acqua, lungo la pista ciclabile di corso Vittorio Emanuele

Quest’ultima, infatti, ha causato variazioni nel percorso di marcia degli automobilisti con disagi al traffico che, in alcuni momenti della giornata, diviene ingestibile, oltre ad aver eliminato molti posti auto. La pista è caratterizzata da curve che in alcuni tratti conducono a centro strada; i repentini cambi di direzione di marcia per le bici obbligano i ciclisti in passaggio, a scansare i rami degli alberi penzolanti ai bordi delle strade. Rispetto alla pista ciclabile sul lungomare, però, quella di San Cataldo è separata e ben segnalata con la presenza di new jersey.

Appare chiaro, dunque, che per migliorare la mobilità urbana occorre una maggior conoscenza del codice stradale, con riferimento alle piste ciclabili, e non può bastare un nuovo manto di asfalto o una linea di vernice per favorire la convivenza tra auto e biciclette. Serve, insomma, un grande slancio comunicativo per formare i cittadini alla nuova dimensione della circolazione urbana.

Lo stesso tasto su cui batte Nico Capogna, ideatore di Pin Bike, il progetto che rimborsa in euro i ciclisti in base ai chilometri percorsi verso il posto di lavoro, di cui Primo piano si è già occupato in passato. “Occorre insistere sul cambio culturale delle abitudini per garantire un vero switch modale. Viviamo in una società ‘autocentrica’: in tv ogni 3 spot 2 promuovono l’acquisto di un auto”, afferma Capogna. E prosegue: “Le piste ciclabili light sono utili e aumentano il senso di sicurezza di chi utilizza la bici. Un fattore decisivo nella scelta di far salire in sella i cittadini; più importante di quanto non siano la paura dei furti e la stanchezza fisica. Un report dell’Isfort dice che dal 2008 al 2016 le piste ciclabili urbane sono aumentate del 50% nei comuni italiani ma l’utilizzo della bici è diminuito del 3%”.

“L’implementazione delle piste sono un ottima soluzione per decongestionare il traffico. Ma non può essere considerata la misura definitiva”, afferma Capogna, appoggiando le scelte dell’amministrazione comunale. Il comune è consapevole di questo aspetto e infatti, considerando gli importanti risultati e l’ottimo rapporto costi/benefici, ha deciso dall’anno scorso di rendere la misura Pin Bike stabile, allargandola, senza limiti a tutti i cittadini, compresi i fuori sede che dimostrino di lavorare o studiare a Bari”, aggiunge.

La Bit Mobility, azienda concessionaria del servizio di micromobilità elettrica in sharing, ha intanto promosso per i prossimi week end un’iniziativa dedicata interamente al tema della sicurezza. In pieno centro sarà allestito uno stand in cui i cittadini potranno testare il proprio grado di competenza, rispondendo a una serie di quiz sulla guida in sicurezza, e svolgendo test di guida sicura sui monopattini col fine di ricevere un “patentino” simbolico, che attesti di aver superato un esame di teoria e di pratica per l’utilizzo del monopattino. A piedi, in bici, sul monopattino o in auto: riusciremo ad avviare l’education revolution?

Nell’immagine in alto, la pista ciclabile sul lungomare di Bari occupata da un autobus. Le foto di questo articolo sono di Luigi Laguaragnella